LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36491/2019 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI, 81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****,
– intimato –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di COMO, depositata il 12/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/01/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
RILEVATO
che:
R.A., proveniente dal *****, ha proposto ricorso per la cassazione dell’ordinanza emessa dal Giudice di Pace di Como il 28 ottobre 2019, con cui quest’ultimo ha confermato la legittimità del provvedimento di espulsione adottato dal Prefetto di Como nei confronti del R..
Espone di aver presentato domanda di protezione internazionale, che la stessa era stata rigettata, che in data 24.9.2019 si recava in questura per reiterare la domanda, affinchè la Questura la inoltrasse alla Commissione territoriale, ma che lo stesso giorno la Questura gli comunicava che la reiterazione della domanda era inammissibile ex lege, e provvedeva alla trasmissione degli atti al Prefetto, che in pari data emetteva il decreto di espulsione del R..
Avverso il provvedimento di espulsione il ricorrente proponeva opposizione al giudice di pace, che la rigettava, affermando che l’eventuale illegittimità del provvedimento del Questore non poteva inficiare la legittimità del provvedimento di espulsione. Di qui, la proposizione del ricorso per cassazione.
Il Ministero dell’interno ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si è dichiarato disponibile alla partecipazione alla discussione orale.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si censura – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. Segnatamente il ricorrente lamenta che non si sia tenuto conto del fatto che fosse stata reiterata la domanda di protezione internazionale e che, di conseguenza non si potesse procedere all’espulsione fintanto che su di essa non fosse intervenuta la decisione.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 e della direttiva CE n. 85 del 2005: l’ordinanza impugnata non avrebbe applicato correttamente la normativa in materia di domanda reiterata, anche in relazione alla normativa sul trattenimento e l’espulsione del cittadino straniero. Invero, il ricorrente evidenzia che non competeva alla Questura compiere valutazioni di merito sulla possibilità di accoglimento della domanda di protezione internazionale, neppure se reiterata, essendo compito questo delle Commissioni territoriali. Ha dunque errato nella ricostruzione del ricorrente il Giudice di pace a basare la propria decisione sul fatto che al ricorrente fosse stata negata la protezione internazionale, dal momento che egli non aveva ricevuto alcuna notifica di un provvedimento di diniego della protezione da parte della Commissione territoriale.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, e sono fondati.
Nel caso di specie, come emerge dalla ricostruzione del ricorrente, che non confligge con quanto riportato dall’ordinanza impugnata, il ricorrente aveva presentato una prima volta la domanda di protezione internazionale, ed essa era stata rigettata. L’aveva ripresentata consegnandola alla Questura affinchè questa la inoltrasse alla competente Commissione territoriale. La Questura, anzichè trasmetterla alla Commissione territoriale, come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 26, aveva consegnato un modulo all’interessato nel quale la domanda reiterata veniva indicata come inammissibile, ed aveva trasferito gli atti al Prefetto, che aveva emesso il decreto di espulsione opposto.
In primo luogo, va detto che la competenza a valutare se la domanda di protezione internazionale reiterata in sede amministrativa superi la soglia dell’inammissibilità non appartiene alla Questura, cui compete solo ricevere la domanda, ma alla Commissione territoriale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 3. Il provvedimento impugnato afferma che l’eventuale illegittimità del provvedimento della Questura non inficia la legittimità del provvedimento di espulsione adottato dalla Prefettura. Questa affermazione è errata, avuto riguardo alle considerazioni che seguono.
E’ ben vero che la domanda di protezione può essere efficacemente reiterata solo a condizione che il richiedente adduca nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine, a pena di inammissibilità, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 29. E’ ben possibile, quindi, che la riproposta domanda di protezione avesse scarse possibilità di essere accolta. Tuttavia, non competeva alla questura dichiararne l’inammissibilità, nè il provvedimento di espulsione avrebbe potuto essere legittimamente emesso in pendenza di una domanda, per quanto reiterata, di concessione della protezione internazionale, finchè la Commissione non avesse avuto modo di esaminarla e decidere su di essa. In tema di immigrazione, in applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7 e in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (in particolare, sentenza 30 maggio 2013, causa C-534/11), il cittadino straniero richiedente asilo ha diritto di rimanere nel territorio dello Stato per tutto il tempo durante il quale la sua domanda viene esaminata, anche se è stata presentata dopo l’emissione del decreto di espulsione, ed anche se trattasi di domanda reiterata, le cui condizioni di ammissibilità sono circoscritte alla deduzione di circostanze nuove – fermo restando che, in presenza delle altre condizioni di legge, può comunque essere disposto il suo trattenimento, nel caso in cui la richiesta appaia del tutto strumentale – sicchè, operando il divieto di espulsione, il rigetto dell’opposizione avverso il decreto di espulsione, da lui proposta innanzi al giudice di pace, qualora abbia ritenuto irrilevante questa circostanza, deve ritenersi illegittimo (in questo senso già Cass. n. 19819 del 2018).
Non rileva in senso contrario Cass. n. 5437 del 2020, perchè quest’ultima esamina la questione, in parte diversa, della legittimità del provvedimento di espulsione adottato in un momento in cui la domanda di protezione non era ancora stata presentata: in questo caso, il provvedimento espulsivo è legittimo, ma la sopravvenuta proposizione della domanda di protezione lo priva di efficacia: “In tema di immigrazione, nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento”.
Nè incide sulla illegittimità del provvedimento di espulsione emesso in pendenza dell’esame da parte della Commissione territoriale della domanda reiterata di protezione internazionale la modifica del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, ad opera del c.d. Decreto Sicurezza n. 113 del 2017: anche per i ricorsi ai quali si applichi ratione temporis il testo dell’art. 35 bis, comma 3, lett. b) introdotto a seguito della modifica normativa permane la sospensione automatica degli effetti della decisione amministrativa di espulsione, benchè essa sia circoscritta alla sola fase della decisione amministrativa da parte della Commissione territoriale e non copra più l’intero sviluppo del percorso giurisdizionale. Come già affermato da questa Corte, in sede di opposizione al provvedimento di espulsione, emesso e comunicato contestualmente al provvedimento della Commissione territoriale, non può farsi valere alcuna efficacia sospensiva derivante dalla concomitanza del procedimento di protezione internazionale (Cass. n. 24009 del 2020): ma questo principio non vale qualora, come nel caso di specie, la Commissione territoriale non sia stata messa in grado di decidere sulla domanda.
L’ordinanza impugnata deve essere cassata e, poichè non sono necessari altri accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito avvalendosi dei poteri di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2 e il decreto di espulsione, illegittimamente adottato, è annullato.
Le spese del presente giudizio sono compensate, in ragione della particolarità della fattispecie.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento di espulsione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021