LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35673/2019 proposto da:
S.U.H., elettivamente domiciliato presso la Corte di Cassazione e difeso dall’avv. MARCELLO CANTONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2735/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
Che:
Il ricorrente S.U.H. viene dal Pakistan, regione del Punjab, da cui ha raccontato di essere fuggito per evitare rappresaglia dei talebani che lo avevano inizialmente rapito e portato in un campo di addestramento, dove gli era stato imposto di partecipare ad un attentato terroristico a cui invece lui voleva sottrarsi, ed il rifiuto ha generato la reazione violenza dei talebani che lo avrebbero ucciso se non fosse fuggito.
Il Tribunale ha ritenuto poco credibile il racconto e così la corte di appello, che ha peraltro escluso una situazione di conflitto armato generalizzato in Pakistan, e comunque ha ritenuto non allegata nè documentata una qualche situazione di vulnerabilità.
Il ricorrente propone due motivi. V’è costituzione del Ministero.
CONSIDERATO
Che:
Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 25 del 2008.
La censura è specifica, in quanto il ricorrente ritiene che la corte di merito, allo scopo di indagare l’esistenza di un conflitto armato generalizzato in Pakistan ha fatto ricorso ad una COI non attuale ed aggiornata, ossia quella del 2017, pur essendo la decisione resa nel 2019.
Il motivo è inammissibile, in quanto prospetta una questione priva di decisività. In effetti, ove si sostenga che siano state usate COI non aggiornate il motivo è monco in iure se non si indica quali COI più aggiornate sarebbero state rilevanti.
Tra l’altro, emerge che per il Pakistan quelle del 2017, usate dalla corte territoriale, erano le ultime esistenti al momento della decisione.
p..- Con il secondo motivo si denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.
Il ricorrente si duole della circostanza che le sue allegazioni circa l’avvenuto inserimento lavorativo e sociale in Italia sono state del tutto trascurate, ed indica a dimostrazione dell’assunto i documenti che egli aveva proposto e che anzi allega al ricorso incorporandoli nel testo.
Il motivo è infondato: lo stesso ricorrente deduce di avere prodotto la documentazione solo con la conclusionale e, dunque, tardivamente. A ragione la corte l’ha ignorata. Quanto al raffronto con la situazione del paese lo stesso ricorrente lamenta anche qui, dando rilievo egli stesso a ciò che è stato considerato, che sia stata considerata la situazione sulla base delle COI del 2017. Comunque, l’assunto della sentenza circa l’assenza di condizioni di vulnerabilità “per cui possa dirsi che (il ricorrente), in caso di rimpatrio si troverebbe ad affrontare condizioni di vita inadeguate” una volta collegato con i riferimenti alla persistenza dei legami familiari costituisce una motivazione che esprime, congiunta a quella desunta dalle COI, una valutazione anche sulle condizioni del paese in relazione alla situazione del ricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2021