LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26856-2016 proposto da:
ISCHIAMARETERME ALBERGHI SNC, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato DARIO MANNA, rappresentata e difesa dagli avvocati SILVIO TRANI e SALVATORE TRANI;
– ricorrente –
contro
COMUNE CASAMICCIOLA TERME, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 177, presso lo studio dell’avvocato NICOLA BULTRINI, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE MARCIANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3673/2016 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, depositata il 14/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 26/04/2021 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.
RILEVATO
che:
p. 1.1 La Ischiamareterme Alberghi snc propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 3673/48/16 del 14.4.2016, non notificata, con la quale la commissione tributaria regionale della Campania – dopo aver riformato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo della società – ha confermato, nel merito, la fondatezza degli avvisi di accertamento a quest’ultima notificati dal Comune di Casamicciola Terme per Ici 2006-2007-2008.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:
– contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellante circa la mancata idonea motivazione degli avvisi opposti, questi ultimi contenevano l’indicazione di tutti gli elementi fondamentali dell’imposizione;
– in particolare, doveva ritenersi che fossero stati ad essi allegati (come richiamati in ciascuna pagina dei singoli avvisi) i prospetti di identificazione degli immobili e di quantificazione dell’imposta dovuta;
– inaccoglibile era poi l’eccezione di prescrizione opposta dalla società contribuente, in quanto formulata in maniera assolutamente generica.
p. 1.2 Resiste con controricorso il Comune di Casamicciola Terme il quale eccepisce preliminarmente la nullità della notificazione del ricorso per cassazione, perchè eseguita presso il professionista, dottor M.S., che aveva difeso l’amministrazione comunale in grado di appello, ma presso il quale il Comune non aveva mai eletto domicilio.
La ricorrente ha depositato memoria.
p. 1.3 A seguito della regolare costituzione in giudizio del Comune nel presente procedimento, questa eccezione – concernente un’ipotesi di nullità e non di inesistenza insanabile della notificazione del ricorso – non è in grado di produrre effetto alcuno.
E’ infatti costante l’indirizzo di legittimità secondo cui “la notifica dell’atto di appello effettuata alla parte personalmente e non al suo procuratore nel domicilio dichiarato o eletto, produce non l’inesistenza ma la nullità della notifica stessa, della quale deve essere disposta “ex officio” la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., salvo che la parte intimata non si sia costituita in giudizio, ipotesi nella quale la nullità deve ritenersi sanata “ex tunc” secondo il principio generale dettato dall’art. 156 c.p.c., comma 2" (Cass. n. 10500/18, 3666/19 ed altre; per l’applicazione dello stesso principio al processo tributario, Cass. n. 2707/14 ed altre).
p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione delle norme sulla motivazione degli atti impositivi (L. n. 241 del 1990, art. 3 e L. n. 212 del 2000, art. 7): per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato l’avvenuta allegazione agli avvisi di accertamento degli indicati prospetti, nonostante che tale allegazione non risultasse nè dalla copia notificata versata in giudizio dalla società contribuente, nè da timbri di congiunzione tra il singolo avviso ed i relativi prospetti asseritamente allegati (da ritenersi essenziali perchè recanti l’ubicazione e la descrizione catastale degli immobili tassati).
p. 2.2 Il motivo è infondato.
Va innanzitutto considerato che esso, pur facendo nominalistico riferimento in rubrica anche all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non contiene poi alcuno sviluppo argomentativo e censorio specificamente rivelatore della effettiva deduzione di un vizio di “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio (unico profilo oggi a tale titolo ammissibilmente deducibile, per giunta nei rigorosi limiti già stabiliti da Cass.SU n. 8053/14).
E ciò non appare casuale, dal momento che l’unico fatto materiale astrattamente qui riferibile ad una doglianza di questo genere (l’allegazione o meno dei prospetti agli avvisi di accertamento), lungi dall’essere stato `omessò dalla CTR, è stato da quest’ultima compiutamente esaminato. E questa disamina ha portato il giudice di merito a motivatamente concludere, in accordo con una determinata valutazione probatoria, nel senso della conformità della copia notificata degli avvisi agli stessi avvisi originali così come prodotti in giudizio dal Comune; dunque debitamente corredati, fin dalla notificazione, dei prospetti della cui allegazione si dava in essi specificamente conto.
E’ quindi evidente come si sia ben lontani dall’ipotesi di “omesso esame” di fatto decisivo, risolvendosi piuttosto il motivo di ricorso in esame – sotto questo profilo – a semplicemente sollecitare una diversa valutazione di un aspetto materiale di causa già adeguatamente vagliato dal giudice di merito e certamente inammissibile in sede di legittimità.
Va poi considerato, sotto ulteriore aspetto, che il richiamo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) cit. sarebbe, una volta di più, inconferente anche considerato che il ricorrente afferma – ma non dimostra – l’effettiva “decisività” ai fini di causa dei prospetti di cui lamenta la mancata allegazione (il cui esatto contenuto non viene dalla ricorrente riportato, così da consentirne la valutazione di incidenza). Dimostrazione che sarebbe stata tanto più necessaria in ragione del fatto che tali prospetti, secondo quanto risulta dagli atti di causa, contenevano unicamente l’ubicazione e la descrizione catastale degli immobili tassati, così da concretare la riproduzione di dati ed informazioni certamente non essenziali perchè già noti alla società che questi immobili possedeva.
Sennonchè, sgombrato il campo da ogni possibile censura in questa sede delle conclusioni fattuali alle quali è sul punto pervenuto il giudice territoriale, non può che conseguentemente disattendersi la stessa doglianza di violazione normativa costituente l’asse portante del motivo in esame.
Una volta acclarato che gli avvisi erano stati notificati in versione completa e quindi con la debita allegazione dei prospetti in questione, la decisione del giudice regionale – secondo cui tali avvisi dovevano conseguentemente ritenersi compiutamente motivati nella individuazione di tutti gli elementi costitutivi dell’imposizione – risulta infatti, non contraria, ma pienamente in linea con il dettato normativo di cui si assume la violazione. Dettato normativo secondo cui (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162,) “Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati; se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”.
p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11: per avere la Commissione Tributaria Regionale disatteso l’eccezione di prescrizione del credito tributario relativo alla annualità 2006, nonostante l’evidente decorso del quinquennio da tale annualità, essendo stati i relativi avvisi di accertamento notificati alla società soltanto nell’agosto 2012.
p. 3.2 Il motivo è destituito di fondamento.
Va innanzitutto premesso che, così come formulata, la doglianza concernente l’inutile spirare del termine quinquennale di accertamento ha ad oggetto non il regime prescrizionale del credito definitivamente accertato, ma proprio la decadenza del Comune dalla potestà accertativa; potestà esercitata per la mancata dichiarazione degli immobili ai fini Ici ed il correlativo mancato versamento dell’imposta dovuta.
Orbene, diversamente da quanto così affermato, l’annualità d’imposta oggetto del presente motivo (2006) rientrava ancora tra quelle suscettibili di accertamento, secondo quanto stabilito dal combinato disposto di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, e al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4.
Secondo la prima disposizione: “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonchè all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17, e successive modificazioni”.
In base alla seconda previsione di legge: “I soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello stato, con esclusione di quelli esenti dall’imposta ai sensi dell’art. 7, su apposito modulo, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio”.
Sotto quest’ultimo profilo va poi osservato che l’obbligo di dichiarazione del possesso dell’immobile ai fini Ici, fino a quando è rimasto in vigore, “non cessa allo scadere del termine stabilito dal legislatore con riferimento all’inizio del possesso (…) ma permane finchè la dichiarazione (o la denuncia di variazione) sia presentata, configurandosi, in caso di inosservanza, un’autonoma violazione per ogni anno d’imposta punibile ai sensi del citato decreto, art. 14, comma 1; infatti, poichè la presentazione della dichiarazione produce effetto (in mancanza di variazioni) anche per gli anni successivi e tale effetto può ovviamente verificarsi solo in presenza e non in assenza di una dichiarazione, la violazione del relativo obbligo non ha natura istantanea e non si esaurisce con la mera violazione del primo termine fissato dal legislatore, sicchè, ove la dichiarazione sia stata omessa in relazione ad un’annualità d’imposta, l’obbligo non viene meno in relazione all’annualità successiva ed ogni annualità deve essere sanzionata ex art. 14, comma 1” (Cass. n. 14399/17).
Tutto ciò premesso, rileva che la dichiarazione ai fini Ici per l’anno 2006 doveva essere presentata dalla società proprietaria entro l’anno 2007 (anno di presentazione della dichiarazione dei redditi per il 2006), con conseguente spirare del termine decadenziale di accertamento al 31 dicembre del quinto anno successivo (v. Cass. 28046/18) e, pertanto, al 31 dicembre 2012.
Sicchè l’avviso di accertamento opposto, notificato nell’agosto 2012, doveva ritenersi tempestivo.
Ne segue che, pur volendo censurarsi l’affermazione della Commissione Tributaria Regionale secondo cui l’eccezione in questione era stata posta in termini del tutto generici (verosimilmente proprio in ragione della sovrapposizione dei diversi piani della prescrizione e della decadenza), resta che tale eccezione, rettamente qualificata, era palesemente infondata in forza di un ragionamento, quello appena svolto, di pura applicazione normativa.
p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1: per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che nella specie andava applicato il beneficio (riduzione Ici) previsto da quest’ultima disposizione per gli immobili in stato di fatiscenza ed inabitabilità o inagibilita; stato nella specie già accertato con l’allegata sentenza CTR Campania n. 68/49/10, ed inoltre comprovato dal fatto che la stessa CTR Campania, con altra sentenza n. 4710/45/14, aveva per tale ragione annullato la rendita ed il classamento catastale già accertati dall’Agenzia delle Entrate e posti a base delle imposizioni in oggetto.
p. 4.2 Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Come precisato nel ricorso per cassazione, la società aveva subordinatamente dedotto fin dall’atto introduttivo del giudizio, reiterando l’eccezione in appello, la sussistenza nella specie dei presupposti di riduzione dell’imposta D.Lgs. n. 504 del 1992 ex art. 8, comma 1; disposizione in base alla quale: “1. L’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. L’aliquota può essere stabilita dai comuni nella misura del 4 per mille, per un periodo comunque non superiore a tre anni, relativamente ai fabbricati realizzati per la vendita e non venduti dalle imprese che hanno per oggetto esclusivo o prevalente dell’attività la costruzione e l’alienazione di immobili”.
La Commissione Tributaria Regionale, nel confermare in toto la legittimità degli avvisi di accertamento, ha implicitamente disatteso questa istanza, ma tale decisione non tiene conto del fatto che:
– il riconoscimento della riduzione per inagibilità ovvero inabilità dell’immobile deve in effetti essere richiesto dal contribuente con l’allegazione dei relativi elementi di prova (così da consentirne l’accertamento peritale da parte dell’ufficio tecnico comunale), ovvero tramite la presentazione di dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. n. 15 del 1968;
– la necessità di richiesta da parte del contribuente rientra nella previsione generale di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 53, il quale “ha fatto salvo l’obbligo di denunciare le variazioni soggettive ed oggettive incidenti sulla determinazione dell’imposta degli immobili già dichiarati e comportanti riduzioni d’imposta, non conoscibili per via officiosa dal Comune, sicchè, in tali casi, l’ente impositore è esonerato dall’onere di accertamento degli eventi che giovino al contribuente, al quale, in assenza della denuncia, non surrogabile da eventuali forme di pubblicità, non può essere riconosciuto alcun beneficio” (Cass.n. 17562/16);
– ciò non di meno, “qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poichè, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune” (Cass.n. 12015/15).
Ora, nel caso di specie la società aveva dedotto che lo stato di inabitabilità o inagibilità dell’immobile alberghiero fosse ben noto al Comune, il che poteva privare di rilevanza la mancata formale denuncia di questo stato; e tale conoscenza era derivata al Comune per via ufficiale: sia perchè posta a base di un provvedimento di revoca delle licenze di esercizio asseritamente basato proprio su questa ragione, sia perchè la pregressa inagibilità permanente era comunque stata accertata tra le parti dal giudice tributario con la citata sentenza CTR Campania n. 68/49/10.
In altri termini, la società contribuente aveva dedotto circostanze asseritamente dimostrative del fatto che il Comune fosse documentalmente ed ufficialmente a conoscenza, già nelle annualità in questione, della condizione oggettiva di permanente inagibilità dell’immobile; conoscenza che poteva legittimare la riduzione dell’imposta, ex art. 8 cit., pur in assenza di una formale denuncia.
Di queste circostanze, implicanti un accertamento prettamente fattuale, la Commissione Tributaria Regionale non si è fatta in alcun modo carico.
Nè la sentenza impugnata – pur essendo stata la questione introdotta fin dal ricorso originario, e poi riproposta in appello – si è fatta carico di verificare la congruità della quantificazione della pretesa impositiva in base al valore catastale dell’immobile D.Lgs. n. 504 del 1992 ex art. 5, comma 2, tenuto conto dell’affermato annullamento (con altra sentenza della CTR Campania n. 4710/45/14, emessa nei confronti dell’agenzia delle entrate) della rendita e del classamento presi (in tutto o in parte) a presupposto dal Comune negli avvisi di accertamento qui dedotti.
Va qui ribadito, ai fini Ici, che la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, nel prevedere che, a decorrere dall’1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati siano efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, cioè ancora suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso (Cass. nn. 10126/19; 14402/17).
E tuttavia, nel caso di specie si trattava proprio di verificare la perdurante validità ed efficacia di tale rendita, di cui la parte assumeva l’avvenuto annullamento giudiziale anche con riguardo alle annualità qui dedotte.
p. 5. Ne segue, in definitiva, il rigetto del primo e del secondo motivo di ricorso con accoglimento del terzo.
La sentenza va cassata in relazione a quest’ultimo motivo, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Campania la quale, in diversa composizione, riesaminerà la fattispecie alla luce di quanto su indicato.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
PQM
La Corte:
– accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti gli altri;
– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 26 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021