Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.17636 del 21/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7163/2017 R.G. proposto da:

AQUILIA TRASPORTI S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Renata Saitta, con domicilio in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

CERVED CREDIT MANAGEMENT S.P.A., in persona del procuratore speciale G.C., in qualità di procuratrice del CREDITO VALTELLINESE S.C., rappresentata e difesa dall’Avv. Armando Finocchiaro, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– controricorrente –

e CREDITO VALTELLINESE S.P.A., in persona del procuratore L.A.A., rappresentata e difesa dagli Avv. Luciana Cipolla, Antonio Ferraguto, e Giuseppe Caputi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Po, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1186/16 depositata il 19 luglio 2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 gennaio 2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. L’Aquilia Trasporti S.r.l., intestataria di un conto corrente presso la filiale di ***** del Credito Siciliano S.p.a., convenne in giudizio la Banca, per sentir dichiarare la nullità delle clausole contrattuali che prevedevano l’addebito d’interessi passivi ad un tasso ultralegale e comunque superiore al tasso soglia previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, la capitalizzazione trimestrale degl’interessi e l’applicazione della commissione di massimo scoperto, e per sentir rideterminare il saldo del conto corrente, con la condanna della Banca alla restituzione degl’importi indebitamente percepiti.

Si costituì il Credito Siciliano, e resistette alla domanda, opponendo un accordo transattivo stipulato mediante scambio di lettere con l’attrice, la validità delle clausole contestate e la prescrizione del credito azionato, e chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 6.058,98, a titolo di saldo debitore del conto corrente.

1.1. Con sentenza del 29 dicembre 2008, il Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Acireale, rigettò la domanda, dando atto dell’intervenuta stipulazione dell’accordo transattivo.

2. L’impugnazione proposta dall’Aquilia Trasporti nei confronti della Finanziaria San Giacomo S.p.a., in qualità di cessionaria del credito derivante dal rapporto di conto corrente, è stata rigettata dalla Corte d’appello di Catania con sentenza del 19 luglio 2016, che ha dichiarato assorbito il gravame incidentale condizionato proposto dall’appellata.

A fondamento della decisione, la Corte ha confermato l’avvenuta stipulazione dell’accordo transattivo, rilevando che a fronte di una lettera del 31 luglio 2002, con cui il Credito Siciliano aveva comunicato la revoca del fido e richiesto l’immediato rientro dalla scopertura, l’Aquilia Trasporti aveva proposto, con lettere del 13 agosto e del 6 settembre 2002, la chiusura la vertenza mediante l’immediato pagamento di metà della somma richiesta ed il versamento del residuo in rate mensili, con adeguato trattamento degl’interessi ed imputazione favorevole delle rimesse; tale proposta era stata accettata con nota del 22 novembre 2002, con cui la Cassa San Giacomo S.p.a., resasi nel frattempo cessionaria del credito, aveva dato atto dell’intervenuto inizio dell’esecuzione da parte dell’attrice, in tal modo determinando il perfezionamento di un accordo negoziale volto a dirimere una possibile lite giudiziaria attraverso reciproche concessioni, costituite per la Banca dalla rinuncia agl’interessi convenzionali sulla metà della sorta capitale e dal riconoscimento dell’inoperatività dell’imputazione delle rimesse.

La Corte ha inoltre escluso l’invalidità della transazione ai sensi dell’art. 1972 c.c., osservando da un lato che la pattuizione di clausole contrastanti con gli artt. 1283 e 1284 c.c. e con la L. n. 108 del 1996, non comportava l’illiceità della causa del contratto di conto corrente bancario nè la configurabilità di un motivo illecito comune ad entrambi i contraenti, e dall’altro che la nullità di singole clausole del contratto base non poteva comportare l’annullabilità della transazione, non risultando dedotta nè provata l’essenzialità delle stesse nell’economia del contratto.

3. Avverso la predetta sentenza l’Aquilia Trasporti ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria, la Cerved Credit Management S.p.a., in qualità di procuratrice speciale del Credito Valtellinese S.c., cessionario dei crediti della Finanziaria San Giacomo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, si rileva che, a seguito della trasformazione del Credito Valtellinese da società cooperativa in società per azioni, quest’ultima è intervenuta direttamente nel giudizio, in sostituzione della Cerved Credit Management, precedentemente costituitasi in qualità di procuratrice speciale della cooperativa.

Tale intervento deve considerarsi ammissibile, non comportando l’ingresso nel giudizio di un nuovo soggetto, diverso da quello già costituito a mezzo del controricorrente, ma soltanto la sostituzione di quest’ultimo da parte del rappresentato, consentita in qualsiasi momento del processo. Com’è noto, infatti, la trasformazione di una società da un tipo ad un altro previsto dalla legge, ancorchè connotato di personalità giuridica, non comporta l’estinzione di un soggetto e la sua sostituzione con uno di nuova creazione, configurandosi invece come una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, consistente in una variazione di assetto e di struttura organizzativa, che non incide sui rapporti processuali e sostanziali facenti capo all’originaria organizzazione societaria (cfr. Cass., Sez. VI, 22/10/2020, n. 23030; Cass., Sez. I, 9/10/2017, n. 23575; 19/05/2016, n. 10332). A sua volta, il conferimento della rappresentanza processuale al procuratore ad negotia non comporta l’acquisto da parte di quest’ultimo di una legittimazione processuale esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale può subentrargli nel processo e sostituirlo in qualsiasi momento, dal momento che il rappresentante non agisce in concorrenza con il rappresentato, ma in sostituzione dello stesso e per suo conto (cfr. Cass., Sez. I, 15/06/2017, n. 14894; 9/07/1994, n. 6524; Cass., Sez. III, 11/01/2002, n. 314).

2. Va inoltre disattesa l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione sollevata dalla difesa del controricorrente in relazione alle modalità di formulazione della procura speciale ad litem e del ricorso, non recanti l’indicazione dei dati identificativi del legale rappresentante della società ricorrente.

La mancata indicazione, nell’intestazione del ricorso, delle generalità e della qualità della persona che ha agito in veste di legale rappresentante di una persona giuridica non comporta infatti la nullità dell’atto, a meno che non sussistano incertezze in ordine alla sua identità o alla fonte del suo potere rappresentativo (cfr. Cass., Sez. Un., 10/06/1998, n. 5764; Cass., Sez. lav., 10/05/2003, n. 7168; Cass., Sez. I, 12/04/2002, n. 5282), nel caso in esame chiaramente desumibili dalla sottoscrizione della procura, apposta in calce al ricorso, e dall’indicazione della qualità di amministratore della società, in cui la stessa è stata rilasciata. La circostanza che il potere rappresentativo trovi la sua fonte nella titolarità di una carica prevista da un atto soggetto a pubblicità legale pone poi a carico della controparte, che abbia eccepito l’invalidità della procura e del ricorso, l’onere di fornire la prova della sua insussistenza, rimasto nella specie inadempiuto (cfr. Cass., Sez. V, 11/03/2020, n. 6799; Cass., Sez. III, 15/05/2020, n. 8987; 18/09/2014, n. 19710).

3. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1230 e 1965 c.c., sostenendo che, anche a voler attribuire natura transattiva all’accordo con cui la Banca aveva consentito la rateizzazione del pagamento con addebito degl’interessi in misura inferiore a quella originaria, lo stesso avrebbe dovuto essere considerato privo di efficacia novativa, essendo stato concordato che, in caso di inadempimento di essa ricorrente, la Banca avrebbe potuto agire esecutivamente in base al titolo originario, e quindi pretendere il pagamento degl’interessi cui aveva rinunciato con l’accordo.

3.1. Il motivo è infondato.

Correttamente, infatti, nell’attribuire efficacia preclusiva all’accordo transattivo concluso tra le parti, la sentenza impugnata ha omesso di verificarne la natura conservativa o novativa, non potendo tale distinzione assumere alcun rilievo ai fini della decisione in ordine alla domanda proposta dall’attrice, la quale, avendo ad oggetto l’accertamento dell’invalidità delle clausole del contratto di conto corrente che disciplinavano la misura e la capitalizzazione degl’interessi e l’addebito delle commissioni, atteneva proprio a quella lite che le parti avevano inteso comporre o prevenire facendosi reciproche concessioni, e non era pertanto ulteriormente proponibile, anche nel caso in cui le parti non avessero inteso estinguere il rapporto preesistente, se non subordinatamente alla risoluzione dell’accordo, nella specie neppure richiesta. Com’è noto, la distinzione tra transazione novativa e transazione conservativa dipende dall’accertamento dell’intento concretamente perseguito dalle parti, consistente nel primo caso nell’addivenire, in sede di composizione dell’originario rapporto litigioso, alla sostituzione di quest’ultimo con un nuovo rapporto, fonte di autonome obbligazioni, oggettivamente diverse da quelle preesistenti, e nel secondo caso nell’apportare modifiche meramente quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo tale da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali (cfr. Cass., Sez. VI, 6/10/2020, n. 21371; Cass., Sez. I, 11/11/2016, n. 23064; Cass., Sez. III, 14/07/2011, n. 15444). Sotto il profilo effettuale, la differenza tra le due ipotesi consiste essenzialmente nel fatto che, mentre nella transazione conservativa il venir meno dell’accordo determina la reviviscenza del rapporto originario, con il conseguente ripristino delle posizioni precedentemente vantate dalle parti, nella transazione novativa ciò non può accadere, dal momento che la situazione sulla quale è venuto ad innestarsi l’accordo è stata ormai rimossa e non può più rivivere, salvo che le parti non ne abbiano previsto la mera quiescenza, anzichè il definitivo accantonamento: ciò che giustifica la disciplina dettata dall’art. 1976 c.c., riferibile esclusivamente alla transazione novativa, secondo cui, ove le parti abbiano inteso estinguere per novazione il rapporto preesistente, non può essere richiesta la risoluzione della transazione per inadempimento, a meno che il diritto alla risoluzione non sia stato espressamente pattuito. La circostanza che il predetto accantonamento si verifichi soltanto a seguito della stipulazione di una transazione novativa non significa peraltro che, in presenza di una transazione conservativa, sia consentito alle parti di far valere le reciproche pretese nascenti dal rapporto preesistente, come se quella transazione non fosse mai stata conclusa: diversamente opinando, verrebbe infatti meno la stessa funzione assegnata al contratto in esame, consistente nell’evitare l’insorgenza della lite o nel porre fine alla stessa proprio mettendo da parte quelle pretese, attraverso la modificazione del precedente assetto d’interessi, in modo tale da pervenire ad un nuovo equilibrio tra le posizioni delle parti (cfr. Cass., Sez. III, 16/11/2006, n. 24377; 26/01/2006, n. 1690). Tale funzione, comune ad entrambi i tipi di transazione, giustifica, tanto in quella novativa quanto in quella conservativa, la preclusione dell’accertamento di diritti ed obblighi derivanti dal rapporto preesistente, nella misura in cui gli stessi abbiano costituito oggetto di modificazione nell’ambito del nuovo regolamento d’interessi concordato tra le parti, in tal senso dovendosi intendere l’effetto delle reciproche concessioni da queste ultime convenute in vista del definitivo superamento della res litigiosa, destinato a venir meno soltanto in caso di caducazione dell’accordo transattivo.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1272,1283,1284 e 1419 c.c., osservando che, nell’escludere l’invalidità dell’accordo transattivo, in virtù del carattere non essenziale delle clausole nulle, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della natura sostanzialmente vincolata del contratto di conto corrente, il cui contenuto viene imposto dalla Banca ai clienti senza possibilità di concordare modifiche.

4.1. Il motivo è inammissibile.

In materia contrattuale, l’affermazione del carattere essenziale delle clausole nulle, ai fini dell’estensione dell’invalidità all’intero contratto, ai sensi dell’art. 1419 c.c., implica infatti l’accertamento della volontà delle parti di stipularlo anche in mancanza delle clausole nulle, e si traduce quindi in un’indagine di fatto, da compiersi sulla base del regolamento d’interessi concretamente concordato, rimessa in via esclusiva al giudice di merito, e censurabile in sede di legittimità soltanto per incongruenza o illogicità della motivazione, nella specie neppure prospettate (cfr. Cass., Sez. III, 16/12/2005, n. 27732; Cass., Sez. II, 5/05/2003, n. 6756; 1/03/1995, n. 2340).

5. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2021

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