Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.17832 del 22/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1382/2013 R.G. proposto da:

D.M.A., rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Patti, con studio in Roma, alla via Tacito, n. 41, presso il quale è

elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 190/9/12 della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, pronunciata in data 18 aprile 2012, depositata in data 17 maggio 2012 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2 dicembre 2020 dal consigliere Andreina Giudicepietro;

RILEVATO

CHE:

Il sig. D.M.A. ricorre con quattro motivi avverso l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 190/9/12 della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 18 aprile 2012, depositata in data 17 maggio 2012, che, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento n. *****, relativo ad Irpef per l’anno di imposta 2005, ha rigettato l’appello del ricorrente, avverso la sentenza della C.t.p. di Salerno favorevole all’Ufficio;

con la sentenza impugnata, la C.t.r riteneva che le attività poste in essere dal ricorrente fossero solo fittiziamente ascrivibili alla società C.G. Costruzioni s.r.l., di cui il D.M. era unico socio ed amministratore;

essendo la società una società di capitali a ristretta base sociale, alla quale partecipava il socio occulto P.A., i soci (che tra di loro avevano una società di fatto) distraevano dalla C.G. Costruzioni s.r.l. e distribuivano tra loro le somme derivanti dalla vendita di numerosi cespiti immobiliari, sottraendole ad ogni imposizione;

la C.t.r. riteneva, quindi, che non fosse possibile in alcun modo operare una distinzione tra il sig. D.M. e la società, in quanto lo stesso aveva posto materialmente in atto le attività solo fittiziamente ascrivibili alla società ed utilizzava lo schermo sociale per scopi puramente elusivi;

secondo la C.t.r., tale ricostruzione in fatto trovava riscontro in una serie di elementi (quali, la trasformazione ed i continui cambiamenti di sede e di amministrazione della società, senza che vi fosse alcuna comunicazione all’anagrafe tributaria, inoltre ogni invito e/o richiesta di chiarimenti restava priva di riscontro), che denotavano la volontà di sottrarre le somme incassate a qualsivoglia imposizione;

a seguito di rituale notifica del ricorso, l’Ufficio resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 2 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo, il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 63, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

il ricorrente deduce la nullità dell’accertamento presupposto, effettuato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società, dalla quale scaturirebbe la nullità dell’accertamento emesso nei confronti del socio, oggetto del giudizio de quo;

secondo il ricorrente, l’avviso di accertamento nei confronti della società era stato emesso da ufficio territorialmente incompetente (quello di *****), in quanto la società stessa aveva indicato la sede legale in *****, nella dichiarazione fiscale presentata per gli anni precedenti;

il motivo è inammissibile;

in linea di principio, se un Ufficio distrettuale dell’Agenzia delle Entrate, territorialmente incompetente, notifica un atto impositivo al contribuente, persona fisica o giuridica che sia (i.e. società di persone o di capitali), tale atto può essere legittimamente contestato e sanzionato con declaratoria di nullità;

per quanto riguarda il potere di accertamento, questa Corte ha affermato che “ogni atto impositivo deve essere emesso dall’organo territorialmente competente” (Cass. sent. n. 8049/2017);

la competenza territoriale degli Uffici finanziari è individuata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, con riferimento al domicilio fiscale del contribuente;

nello specifico, l’art. 31 cit., prevede che a livello territoriale “la competenza spetta all’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata”; mentre, ai sensi dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, “il contribuente è tenuto a comunicare ogni variazione del domicilio fiscale, permanendo in caso contrario la competenza territoriale dell’Ufficio individuato in riferimento al precedente domicilio” (così Cass. n. 8049/2017; Cass. ord. n. 12190/2015);

dunque, la competenza territoriale per gli accertamenti e i controlli tributari spetta all’ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata (cfr. Cass., sent. n. 4412 del 20 febbraio 2020, dove si specifica che la variazione di detto domicilio, comunicata con la dichiarazione annuale, è atto idoneo a radicare la competenza in capo all’ufficio del luogo indicato dal contribuente);

nel caso di specie, però, il ricorrente denunzia la nullità dell’avviso di accertamento nei confronti della società, per essere stato emesso da un ufficio territorialmente incompetente, senza in alcun modo contestare la competenza territoriale dell’ufficio che ha emesso l’avviso nei suoi confronti;

la doglianza, relativa ad una pretesa invalidità derivata dell’avviso emesso nei confronti del socio, implica un giudizio sulla validità dell’accertamento nei confronti della società, divenuto definitivo a seguito del rigetto del ricorso in cassazione nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società G.D. Costruzioni s.r.l. e del D.M., quale autore delle violazioni fiscali (Cass. ord. n. 12335/2019);

con il secondo motivo, il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

il ricorrente invoca il D.L. 30settembre 2003, n. 269, art. 7, secondo cui “le sanzioni amministrative relative a rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”;

sostiene, quindi, che le sanzioni amministrative possono essere esclusivamente a carico della società e non dei singoli soci;

deduce, inoltre, che la prova dell’esistenza di una società di fatto tra il ricorrente ed il sig. P. grava in capo all’Ufficio, che non avrebbe in alcun modo dimostrato la concreta esistenza di una società di fatto, essendosi limitato a denunciare la mera apparenza di un vincolo sociale in realtà inesistente;

in ultimo, il ricorrente rileva che l’Ufficio avrebbe erroneamente presunto la distribuzione degli utili ai soci nello stesso anno del conseguimento del maggior reddito accertato e dichiarato a carico della società, avendo considerato il conseguimento di detti redditi già in capo ai singoli soci, sig. D.M.A. e P.A.;

il motivo è inammissibile, in quanto, pur avanzato come violazione di legge, tende ad una rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità;

invero, il ricorrente contesta sostanzialmente la ricostruzione di fatto del giudice di appello, deducendo che l’Ufficio non avrebbe dimostrato l’esistenza della società di fatto con il sig. P.A., la distrazione di parte delle somme direttamente in favore dei soci e la mancata distribuzione di utili ai soci;

per quanto riguarda l’illegittimità delle sanzioni a carico del socio, quale autore materiale delle violazioni imputate alla società a r.l., esse non sono oggetto dell’avviso di accertamento impugnato, secondo quanto riportato in sentenza e precisato dall’Agenzia delle entrate;

la medesima doglianza risulta definitivamente rigettata con l’ordinanza n. 12335/2019 di questa Corte nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società G.D. Costruzioni s.r.l. e del D.M., quale autore delle violazioni fiscali;

con il terzo motivo, il ricorrente censura l’omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorrente lamenta che l’impugnato provvedimento nulla ha stabilito in merito alle contestazioni relative alla mancata applicazione del principio di cassa, necessario, secondo il ricorrente, a calcolare, per l’anno 2005, l’ammontare del maggior reddito imponibile derivante dalle vendite immobiliari;

secondo il ricorrente, l’Ufficio, nel corso dell’accertamento, avrebbe fatto confluire in un unico coacervo gli assegni rilasciati e riscossi, non solo nel 2005, ma anche in anni precedenti, contravvenendo al principio di cassa;

i giudici di appello, a fronte della contestazione del contribuente relativa alla violazione dell’art. 47 T.u.i.r., data l’alternatività tra il principio di cassa e quello di competenza, avrebbero completamente tralasciato tale motivo di doglianza;

il motivo, formulato come censura motivazionale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in realtà deduce una violazione di legge, in quanto, secondo il ricorrente, l’impugnata sentenza nulla avrebbe stabilito in ordine alla mancata applicazione del criterio di cassa per i redditi di capitale;

la fattispecie in esame, però, pacificamente riguarda l’imputazione al socio degli utili extracontabili della società per i maggiori corrispettivi, non dichiarati, relativi alle vendite di 17 immobili, tutte avvenute nel 2005;

ai sensi dell’art. 109 t.u.i.r., comma 2, lett. a): “2. ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza:

a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà”;

pertanto, è del tutto irrilevante che parte del corrispettivo pattuito per la vendita sia stato eventualmente versato in anticipo, dovendosi intendere come esercizio di competenza quello in cui l’atto viene stipulato o si verifica l’effetto traslativo della proprietà, se diverso e successivo, che nel caso di specie è l’anno 2005, come pacificamente ammesso dalle parti;

il motivo è, dunque, infondato e va rigettato;

con il quarto motivo di ricorso il ricorrente censura l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

il ricorrente contesta l’acritica applicazione del principio della traslazione automatica degli utili extracontabili maturati dalla società a ristretta base in capo ai soci;

in virtù della ristretta base sociale, l’Ufficio avrebbe presunto la distribuzione degli utili in favore dei sigg.ri D.M.A. e P.A., in mancanza assoluta di elementi di prova concreti, che attestassero, non solo l’avvenuta distribuzione ai soci degli utili prodotti dalla società, ma anche di quegli elementi idonei a comprovare l’effettiva esistenza di un reddito superiore a quello dichiarato;

a parte ogni considerazione sull’ammissibilità del motivo, formulato sotto il profilo del vizio motivazionale, costituisce ius receptum il principio secondo cui, in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti;

come è stato detto, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria; tale presunzione – fondata sul disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d) – induce inversione dell’onere della prova a carico del contribuente” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18032 del 24/07/2013; vedi anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25468 del 18/12/2015; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 386 del 13/01/2016);

la presunzione si basa sulla ristrettezza dell’assetto societario, la quale implica, normalmente, un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, nonchè un elevato grado, da parte loro, di compartecipazione e di conoscenza degli affari sociali, indipendentemente dall’eventuale opzione per il regime di trasparenza, restando, comunque, salva la facoltà del socio di fornire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società o da essa reinvestiti (tra molte, Cass. n. 6780 del 2003, n. 18640 del 2008, n. 5076 del 2011, n. 18032 del 2013, n. 24572 del 2014);

per quanto fin qui detto, il ricorso va rigettato;

il ricorrente va condannato al pagamento delle spese in favore della controricorrente, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2021

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