LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta Maria Consolata – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26349-2014 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO TOBIA, rappresentata e difesa dagli avvocati RICCARDO STORLESE e ALESSANDRO CAUSA;
– ricorrente –
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore prò tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 367/2014 della COMM. TRIB. REG. LIGURIA, depositata il 25/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.
RILEVATO
che:
R.A. ha chiesto la cassazione della sentenza n. 367/04/2014, depositata il 25.03.2014 dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, con la quale, è stato rigettato il ricorso avverso la cartella di pagamento relativa agli anni d’imposta 2002/2004.
La ricorrente ha riferito di aver ricevuto la notifica di una cartella esattoriale, relativa a tre avvisi di accertamento, che asseriva non aver mai ricevuto e dei quali comunque lamentava l’infondatezza.
Nel contenzioso seguitone nei confronti dell’Agenzia delle entrate la Commissione tributaria provinciale di Genova con la sentenza n. 83/01/2010 aveva rigettato il ricorso, ritenendo fondati gli accertamenti sintetici eseguiti dall’ufficio. La Commissione tributaria regionale della Liguria, con la pronuncia ora al vaglio della Corte, ha rigettato le ragioni della contribuente sebbene con motivazione diversa. Il giudice d’appello, esaminando per prima, quale questione preliminare, l’eccepita intempestività dei ricorsi introduttivi, sollevata dall’Amministrazione finanziaria sull’assunto che gli avvisi d’accertamento fossero stati ritualmente notificati e pertanto divenuti definitivi, così che era da considerarsi tardiva la loro impugnazione, ha rigettato il ricorso introduttivo della contribuente.
La R. ha censurato la sentenza con tre motivi, chiedendo la cassazione della decisione. L’Agenzia delle entrate ha contestato le ragioni avverse con controricorso.
Nell’adunanza camerale del 24 marzo 2021 la causa è stata trattata e decisa.
Sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo la contribuente si duole della “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e/o omesso esame e/o omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia e/o nullità della sentenza e/o del procedimento: per mancata formulazione espressa di appello incidentale condizionato da parte dell’Agenzia delle entrate in merito alla asserita tardività del ricorso introduttivo del giudizio e/o per l’accoglimento – e/o comunque per l’esame preliminare – da parte della Commissione tributaria regionale di tale appello incidentale”;
con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza “e/o del relativo procedimento: per violazione e/o errata applicazione degli artt. 24 e/o 111 Cost. e/o dell’art. 132 c.p.c. e/o del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36, e/o, quindi e comunque, per insufficiente e/o inesistente motivazione della sentenza impugnata”;
con il terzo lamenta la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e/o omesso esame e/o omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia e/o nullità della sentenza e/o del procedimento: per mancata prova e/o dimostrazione de compimento e/o del perfezionamento della notifica dei tre avvisi di accertamentò de quibus, per mancata prova dell’invio delle raccomandate contenenti gli avvisi di deposito degli atti e/o per la mancata produzione dei suindicati avvisi”.
Il primo motivo, nonostante nell’epigrafe sia utilizzata una formula confusa con sovrapposizioni di richieste, è ammissibile perchè nel corpo della sua esplicitazione è chiaro ed inequivocabile che la difesa della ricorrente abbia denunciato un error in procedendo commesso dal giudice regionale, involgente la nullità della decisione (cfr. Cass., 29/11/2016, n. 24247), per aver esaminato preliminarmente l’eccepita tardività del ricorso avverso gli avvisi di accertamento, sollevata in sede d’appello dall’Agenzia delle entrate, che in primo grado era stata vittoriosa. La ricorrente sostiene che, essendo totalmente vittoriosa in primo grado, l’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto formulare solo un appello incidentale condizionato e che la Commissione regionale avrebbe dovuto prima vagliare le ragioni dell’appello principale della contribuente, rivolte alle valutazioni sul merito dell’accertamento, operate dal giudice di primo grado, e, solo se ritenute fondate le critiche della contribuente, avrebbe potuto esaminare l’appello incidentale condizionato della parte totalmente vincitrice in primo grado.
Questa Corte ha chiarito che in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado e la parte comunque vittoriosa per altre ragioni ne abbia devoluto la cognizione al giudice d’appello, erroneamente indicandola come mera riproposizione e non come gravame incidentale condizionato, si può procedere alla sua riqualificazione in applicazione del principio della idoneità dell’atto ai raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3. La circostanza poi che non fosse stata qualificata dall’appellato vittorioso come appello incidentale condizionato, non ne impedisce la qualificazione effettiva come tale (Cass., 3.11.2020, n. 24456, in una fattispecie nella quale la decisione di merito ha precisato che l’eccezione sollevata dalla parte vittoriosa nei giudizio di primo grado, valeva come impugnazione incidentale, poichè era stata articolata nella comparsa di costituzione di appello depositata tempestivamente e ne era stato domandato l’esame prima dell’avverso appello; vedi anche 1/03/2016, n. 4047). E d’altronde la giurisprudenza di legittimità aveva già chiarito che qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, espressamente oppure con un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte dell’appellato rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone altrimenti possibile il rilievo officioso ex art, 345 c.p.c., comma 2, nè sufficiente la mera riproposizione (Cass., Sez. U, 12,05.2017, n. 11799).
Ciò chiarito, e superate le questioni formali relative alla ritualità della formulazione dell’appello incidentale, il motivo è inammissibile per difetto di interesse. Va infatti innanzitutto evidenziato che l’appello incidentale, afferente ad una questione sulla quale il giudice di primo grado si era espressamente pronunciato, rigettandola (inammissibilità del ricorso avverso la cartella di pagamento fondata su atti presupposti ritualmente notificati e non impugnati, conseguentemente divenuti definitivi), riguardava una eccezione che il giudice d’appello poteva affrontare in via preliminare, da essa dipendendo l’ammissibilità o meno del ricorso con cui la contribuente aveva introdotto la controversia. Nell’ordine logico delle decisioni da assumere, spettava anzi alla Commissione regionale valutare se esaminare prioritariamente una questione che, se fondata (come poi è stata ritenuta), precludeva un accertamento nel merito sul rapporto giuridico d’imposta, e cioè sul contenuto e fondamento degli avvisi di accertamento prodromici. Tanto più che, quand’anche fosse stato affrontato prioritariamente il fondamento della pretesa tributaria, ancorchè riconosciute astrattamente le ragioni della contribuente, ciò si sarebbe rivelato dei tutto inutile nel momento in cui, esaminando il motivo del ricorso incidentale, cioè l’eccezione di inammissibilità de ricorso per definitività degli avvisi di accertamento prodromici ritualmente notificati, questo fosse stato ritenuto fondato. Dunque, anche sotto il profilo della carenza d’interesse della contribuente, il primo motivo risulta inammissibile.
Il secondo ed i terzo motivo possono essere invece trattati congiuntamente perchè connessi, essendo diretti, sotto i diversi profili dell’omessa pronuncia, dell’errore di diritto e del vizio di motivazione, a denunciare il mancato compimento della rituale procedura di notificazione degli atti impositivi. Essi sono entrambi infondati.
Non ha fondamento la critica volta a sostenere la nullità della decisione per omessa pronuncia. A differenza di quanto afferma la contribuente, il giudice regionale si è soffermato sulla questione, evidenziando il compimento rituale delle notifiche, avvenute il 27.11.2008 nelle forme dell’art. 140 c.p.c., e l’adempimento delle formalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60. La descrizione della ritualità della notificazione, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, non è inesistente, non rientrando neppure nella motivazione apparente. Se poi la contribuente voleva criticare la decisione perchè fondata su documentazione non allegata al processo, la censura non doveva essere ricondotta nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., ma nella fattispecie regolata dall’art. 395 c.p.c., n. 4, quale errore percettivo da far valere con la domanda di revocazione.
Le ragioni per le quali si ritiene compiuta la motivazione della sentenza in ordine alla ritualità delle notificazioni escludono inoltre l’errore di diritto. Mettere in discussione il controllo sulla ritualità della notifica sottende peraltro una rivalutazione della documentazione allegata al processo. Ma tale rivalutazione insinua la richiesta di riesame della vicenda nel merito, che è attività nella esclusiva disponibilità del giudice di merito, mentre è inibita al giudice di legittimità.
E’ infine inammissibile il terzo motivo, nella parte in cui con esso ci si duole della omessa motivazione, considerando che la sentenza è stata depositata il 25 marzo 2014, e ad essa trova dunque applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Le critiche mosse alla decisione sotto il profilo motivazionale esulano dal campo applicativo del nuovo vizio di motivazione.
Il ricorso in conclusione va rigettato e all’esito del giudizio segue la soccombenza della contribuente nelle spese processuali, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2021