LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14390-2017 proposto da:
SOES SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA, 81, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MONTI, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO FONTANAROSA, CHRISTIAN LOMBARDI;
– ricorrente –
contro
COMUNE GAETA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 66, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO CAPOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA PICCOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7923/2016 della COMM. TRIB. REG. LAZIO SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 02/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2021 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO.
RILEVATO
che:
1. – con sentenza n. 7923/18/16, depositata il 2 dicembre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da Soes S.p.a., così integralmente confermando la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Gaeta relativamente alla Tarsu dovuta per il periodo di imposta 2007;
– il giudice del gravame, nel condividere le conclusioni cui era pervenuto il giudice di prime cure, ha ritenuto che, come statuito dalla Corte di legittimità, “l’area stradale destinata a parcheggio con appositi stalli dipinti, in cui il gestore percepisce il compenso per la sosta dei veicoli, non è sottoposta all’uso indiscriminato della generalità dei cittadini, ma anzi è sottratta all’uso normale e collettivo proprio del suolo pubblico, attesa la sua funzione esclusiva oggetto della concessione. Il mero fatto che i pedoni possano attraversare l’area quando gli stalli non sono occupati, è fatto irrilevante rispetto all’uso specifico e limitato dell’area stessa, a cui nessuno è autorizzato a porre ostacolo o impedimento con una utilizzazione diversa.”;
2. – Soes S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque articolati motivi, illustrati con memoria;
– il Comune di Gaeta resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. – il primo motivo reca la denuncia di violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, ed al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 7, sull’assunto che, – venendo in considerazione la gestione del servizio correlato alla sosta a pagamento degli autoveicoli, in aree comunali, e senz’alcuna attribuzione dell’area in disponibilità del concessionario di detto servizio, – malamente evocato rimaneva il precedente utilizzato dal giudice del gravame a fronte di una fattispecie concreta che, – importando la permanente disponibilità delle aree in capo agli utenti della strada, – esponeva l’insussistenza del presupposto impositivo della TARSU;
– il secondo motivo reca anch’esso la denuncia di violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, ed al D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 15 e 211, deducendo la ricorrente che, – potendosi già presumere, per comune conoscenza e logica, che negli spazi destinati a sosta degli autoveicoli non si producono ex se rifiuti, – la gravata sentenza aveva omesso di considerare che la presunzione di produzione di rifiuti, posta dall’art. 62, comma 1, cit., rimaneva, nella fattispecie, resistita dai divieti (di getto e deposito di rifiuti) di cui alla disposizione del C.d.S. (art. 15, cit.), divieti questi dalla cui violazione consegue la sanzione del ripristino dello stato dei luoghi in capo al trasgressore;
– col terzo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame delle difese svolte in punto di genericità dell’avviso di accertamento, avuto riguardo all’erronea identificazione degli stalli considerati ai fini della tassazione, – qual desunti da una planimetria prodotta nella procedura della gara di appalto, – all’indeterminatezza della tariffa applicata (in violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 e ss., e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, art. 71 ss.), all’erroneità del conteggio operato dal Comune quando a periodi di occupazione, nel cui computo erano stati inclusi periodi in cui il servizio non era attivo, anche in ragione di temporanee occupazioni delle aree concesse a terzi soggetti;
– col quarto motivo la ricorrente denuncia omesso esame della eccepita prescrizione (quinquennale) che, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70, – in quanto il servizio iniziato prima dell’anno 2007, avrebbe dovuto ritenersi perfezionata al 31 dicembre 2012 a fronte di avviso di accertamento notificato il 23 dicembre 2013; dovendosi, poi, ritenere assolto l’obbligo di denuncia in relazione alla planimetria prodotta nella gara di appalto sulla cui base era stato eseguito lo stesso computo della tassa dovuta;
– anche il quinto motivo espone la censura di omesso esame delle deduzioni difensive svolte in appello dalla ricorrente con riferimento all’omessa indicazione, in avviso di accertamento, dei criteri di determinazione delle sanzioni applicate, del provvedimento costitutivo delle tariffe e del suo contenuto, secondo il criterio del pareggio tra tariffe e spese del servizio;
2. – il quarto motivo di ricorso, – dal cui esame consegue l’assorbimento dei residui motivi, – è fondato e va accolto;
3. – in relazione al termine di decadenza previsto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, – alla cui stregua “Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.”, – la disposizione che, in tema di TARSU, disciplina l’obbligo di denuncia, – secondo la quale la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune “entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione” (D.Lgs. n. 503 del 1997, art. 70, comma 1), – impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso il termine di decadenza decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., 21 giugno 2016, n. 12795);
– la Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo che fa riferimento al “20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione”, – e non anche al 20 gennaio “dell’anno” successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, – ed ha rimarcato che laddove il legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo “all’anno successivo” l’avrebbe espressamente previsto, così come avvenuto, ad esempio, col D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, che, in tema di ICI, dispone che “i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato,… entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio”, cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione.”;
3.1 – nel caso che ne occupa la detenzione era già in corso tra il 1 ed il 20 gennaio 2007 sicchè, trattandosi di omessa denuncia, il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare al 31 dicembre 2012, a fronte di avviso di accertamento notificato il 23 dicembre 2013;
4. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente;
– le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, avuto riguardo all’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte controricorrente.
PQM
La Corte:
accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i residui, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente;
compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna il Comune di Gaeta al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 7.200,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 22 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2021