Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.17967 del 23/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6880-2019 proposto da:

INAIL ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, *****, elettivamente, domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA;

– ricorrenti –

e contro

VERTI ASSICURAZIONI SPA, A.P.M., M.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2227/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/09/2018.

FATTI DI CAUSA

A.M. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Bologna, M.S. e la Direct Line Insurance S.p.A. (a seguito di modifica della denominazione sociale, divenuta Verti Ass.ni S.p.A.), per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro verificatosi il *****, mentre si A. trovava alla guida della propria motocicletta che era entrato in collisione con l’autovettura condotta dal M. il quale si era immesso nel traffico accedendo da un parcheggio, senza concedere la precedenza. Trattandosi di infortunio in itinere, Inail ammetteva il caso alla tutela indennitaria e, successivamente, interveniva volontariamente nel giudizio promosso dal lavoratore, al fine di esercitare l’azione di surrogazione ai sensi dell’art. 1916 c.c. e D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142, chiedendo la condanna dei convenuti, in solido tra loro, al rimborso delle prestazioni assicurative erogate in favore dell’infortunato, quantificate in Euro 84.352,77.

Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 20920 del 2013, accertava una responsabilità concorrente del danneggiato e del responsabile civile, ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2 e, conseguentemente, rigettava la domanda dell’attore in quanto il pregiudizio liquidabile in ambito civilistico risultava inferiore all’indennizzo percepito da Inail e condannava i convenuti in solido al rimborso, in favore dell’ente previdenziale, della somma di Euro 35.162,50, oltre rivalutazione e interessi, determinata a titolo di risarcimento del danno biologico permanente nella misura di Euro 30.000 e per danno biologico temporaneo, per la restante parte, escludendo la sussistenza di un danno patrimoniale in ambito civilistico.

Secondo il Tribunale, per il principio di omogeneità dei titoli di danno civilistico riconosciuti al danneggiato, costituiva posta surrogabile solo la componente del danno biologico, escludendo quella patrimoniale, ritenuta pari ad Euro 43.897,91. La restante parte (determinata in Euro 40.454,51) era suscettibile di surrogazione sino alla concorrenza del corrispondente danno civilistico risarcito al danneggiato e quindi, sino all’importo di Euro 35.162,50.

Avverso tale decisione proponeva appello A.M., censurando il concorso di responsabilità affermato in sentenza, lamentando un’inadeguata personalizzazione del danno biologico e la mancata liquidazione di quello patrimoniale. Infine, secondo l’appellante, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato per intero la rivalsa di Inail, senza differenziare la quota di rendita erogata per il danno biologico e quella riferita alle conseguenze patrimoniali dell’infortunio.

Si costituiva Inail contestando il gravame e proponendo appello incidentale, anche con riferimento al calcolo del danno differenzia/e. Trattandosi di invalidità superiore al 16% la rendita era riferita, per una quota, al danno biologico, e per altra quota, alle conseguenze patrimoniali dell’inabilità permanente. Conseguentemente, secondo l’appellante incidentale, il danno differenziato avrebbe dovuto essere determinato “avuto riguardo all’ammontare complessivo dei rispettivi indennizzi” e non operato posta per posta. Si costituiva la compagnia di assicurazione contestando la fondatezza dell’appello principale e di quello incidentale.

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 3 settembre 2018, in riforma della decisione impugnata, dichiarava la responsabilità di A.M.P. nella misura del 20% e di M.S., per la restante misura. Condannava i convenuti in solido a corrispondere la somma complessiva di Euro 39.653,63, oltre interessi e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, condannava la compagnia al pagamento, in favore dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, alla complessiva somma di Euro 9.267,09, oltre rivalutazione e interessi, provvedendo sulle spese.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, affidandosi a tre motivi illustrati da memoria. Gli intimati non svolgono attività processuale in questa sede.

La trattazione del ricorso è stata fissata in udienza pubblica, ma il Collegio ha proceduto in camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 – bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale, con adozione della presente decisione in forma di sentenza in ragione della modalità di trattazione già fissata. Il Procuratore generale ha formulato le sue conclusioni motivate ritualmente comunicate alle parti insistendo per l’accoglimento del ricorso quanto al solo secondo motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, e dell’art. 1916 c.c. e dell’art. 142cod. ass. priv., per ciò che concerne la liquidazione del danno per poste omogenee, con distinzione delle diverse componenti, effettuata dalla Corte di appello di Bologna, in quanto superata dalle modifiche apportate dal L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1126, al predetto D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10 (e all’art. 11). La decisione impugnata avrebbe fatto applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ma oggi superati dalle modifiche introdotte dalla L. n. 145 del 2018. Il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, aveva subito modifiche rilevanti ai commi 6, 7 ed 8. Nel comma 6, si esclude il risarcimento nell’ipotesi in cui il giudice riconosca che, in considerazione dei pregiudizi oggetto di indennizzo, sulla base di una valutazione “a qualsiasi titolo e indistintamente”, quegli importi risultino superiori al pregiudizio sofferto dal danneggiato. Il comma 7, precisa che il risarcimento è dovuto solo “per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti per le somme liquidate complessivamente a qualunque titolo, a norma del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, comma 2, lett. A e B”. Infine, il comma 8, prevede che, con riferimento ai precedenti commi, l’indennità di infortunio è rappresentata dal valore capitale della rendita complessivamente liquidata, calcolato in base alle tabelle di cui all’art. 39, “nonchè da ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo”.

Sulla base di tali elementi, la Corte territoriale avrebbe dovuto detrarre, dal risarcimento complessivo per i pregiudizi oggetto di indennizzo, quanto erogato dall’Inail, senza alcuna distinzione collegata alle poste di danno in precedenza indennizzate. In considerazione anche della nuova formulazione del comma 1 del successivo art. 11, l’azione di regresso dell’Istituto consentirebbe di recuperare tutte le somme, a qualsiasi titolo erogate, in favore degli aventi diritto, con l’unico limite del danno risarcibile in ambito civile.

Anche al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142 sono state apportate delle modifiche che si riferiscono al “complessivo risarcimento dovuto… da erogare a qualsiasi titolo”.

Secondo il ricorrente, pur avendo agito ai sensi dell’art. 142, sulla base di un costante orientamento di legittimità, al fine della liquidazione di quanto dovuto dal terzo responsabile dell’infortunio, sarebbe applicabile la disciplina prevista dal D.P.R. n. 1124 del 1965 dettata in favore del lavoratore infortunato.

Orbene, poichè la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126 e l’art. 19 sono entrati in vigore il 1 gennaio 2019, sarebbero applicabili ai giudizi ancora pendenti trattandosi di norme implicitamente interpretative e ciò in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui la nuova legge diretta a disciplinare gli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico è immediatamente applicabile, indipendentemente dalla correlazione con il fatto giuridico generatore (sinistro stradale, nel caso di specie).

Sotto altro profilo, il favore per la determinazione del danno differenziale riferibile ad un mero criterio quantitativo, avrebbe trovato un implicito riconoscimento nelle decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione in tema di compensatio lucri cum damno (Cass. 22 maggio 2018 nn. 12564-5-6 e 7) atteso il valore meramente descrittivo della partizione in plurime voci di danno del pregiudizio subito dalla persona, considerata come valore unitario.

Infine, la distinzione tra danni differenziali (indennizzati) e danni complementari (non ammessi alla tutela Inail) sarebbe incerta, come pure la rigida differenziazione tra danno patrimoniale e non patrimoniale, in ambito previdenziale.

Il motivo è infondato.

La censura si basa sulla natura di legge interpretativa, e quindi retroattiva, attribuita alla modifica dell’art. 10, citato.

Ma a tale proposito, va preliminarmente rilevato che -come riconosciuto anche dal ricorrente in memoria- il D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 3-sexies, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58 ha abrogato la lett. b) dell’art. 10, comma 7, del testo unico di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che aveva inserito, dopo le parole: ” a norma degli artt. 66 e seguenti”, le seguenti: “e per le somme liquidate complessivamente ed a qualunque titolo a norma del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, comma 2, lett. a) e b)”.

Conseguentemente, poichè dopo sei mesi dall’entrata in vigore, sono state abrogate, in virtù di un emendamento introdotto alla Camera durante la discussione della legge di conversione del D.L. n. 34 del 2019, le disposizioni che erano intervenute a modificare il D.P.R. 31 giugno 1965, n. 1124, art. 10, (commi 6, 7 ed 8) ed art. 11 (commi 1 e 3), nonchè il comma 2 dell’art. 142 cod. ass, le tematiche dell’ambito della rivalsa, della surroga e del danno differenziale in ambito INAIL, vanno risolte sulla base dell’orientamento di legittimità precedente al 30 dicembre 2018. Rimangono, quindi, intangibili i diritti del danneggiato – assicurato INAIL, al risarcimento di quei danni che non prevedono copertura da parte dell’Istituto.

Va data continuità ai principi richiamati dalla decisione impugnata e da ultimo ribaditi da questa Corte secondo cui: in tema di danno cd. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l’erogazione Inail D.Lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall’istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l’indennizzo erogato dall’Inali secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest’ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall’importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente (da ultimo, Cass. Sez. L. n. 9112 del 02/04/2019 – Rv. 653452 – 01).

Quanto alla possibilità di applicare al caso di specie la disciplina come novellata anche all’ipotesi, ricorrente nella fattispecie in oggetto, di fatto illecito precedente all’entrata in vigore della L. n. 145 del 2018, tale eventualità, come rilevato anche dal ricorrente in memoria, è stata esclusa dalla giurisprudenza (successiva al deposito del ricorso) di questa Corte che ha affermato che le modifiche del citato D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, introdotte dalla L. n. 145 del 2018, sono di natura innovativa e non meramente interpretativa, con la conseguenza che non si applicano agli infortuni sul lavoro verificatisi ed alle malattie professionali denunciate prima del primo gennaio 2019 (Cass. Sez. L -, Sentenza n. 8580 del 27/03/2019, Rv. 653211 – 01).

In considerazione della omogeneità della disciplina applicabile per il rimborso di una rendita erogata, sia per il caso di infortunio da sinistro stradale, che per l’indennizzo relativo a malattie professionali come pure a quello per infortuni sul lavoro (Cass., 5 marzo 2008, n. 5935; Cass. 5 novembre 2002, n. 16563 e altre) il principio affermato da questa Corte riguarda, oltre che il dato temporale dell’infortunio sul lavoro o della malattia professionale denunziata, anche quello della data di verificazione del sinistro in itinere rilevante nel caso di specie. Non vi sono ragioni per discostarsi da tale orientamento.

Le considerazioni contenute nella memoria depositata da INAIL ex art. 378 c.p.c. non consentono di superare le argomentazioni sopra espresse, atteso che questa Corte, nelle decisioni successive alla citata sentenza a Sezioni Unite in tema di compensatio lucri cum damno, ha consapevolmente ribadito i principi sopra indicati, affermando che “l’importo della rendita per l’inabilità permanente corrisposta dall’INAIL per l’infortunio “in itinere” occorso al lavoratore va detratto dalle somme in concreto dovute a quest’ultimo, allo stesso titolo, dal terzo responsabile del fatto illecito” (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 2550 del 30/01/2019). Il danneggiato, pertanto, ha “diritto ad ottenere l’importo residuo, nel caso in cui il danno liquidato sia stato soltanto in parte coperto dalla predetta prestazione assicurativa, e non somme ulteriori” (Cass. Sez. 3, n. 14362 del 27/05/2019 e negli stessi termini: Cass. Sez. 3, n. 18050 del 05/07/2019; Cass.Sez. 6 3, n. 26647 del 18/10/2019; Cass. Sez. 6 L, n. 17655 del 25/08/2020; – Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24474 del 04/11/2020).

Con il secondo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, dell’art. 1916 c.c. e dell’art. 142cod. ass. priv, avendo la Corte di appello erroneamente omesso di ritenere i responsabili civili tenuti al rimborso degli acconti erogati da I.N.A.I.L. per l’indennizzo del danno biologico, con acconti pari ad Euro 11.521; somma che sarebbe andata a decurtazione dell’importo riconosciuto al danneggiato. In particolare, il giudice di merito aveva determinato il danno differenziale sulla base del risarcimento del danno civilistico riferito alla nuova percentuale di responsabilità del conducente del veicolo antagonista (80%), cui corrispondeva l’importo di Euro 54.372,78 e aveva detratto da tale importo, quanto erogato da INAIL in quota capitale della rendita per l’indennizzo del danno biologico (Euro 28.871,58).

Pertanto il danno biologico differenziale spettante alla vittima, oltre a quanto liquidato da Inail, sarebbe stato pari ad Euro 25.501,2. L’importo non considerato ammonterebbe ad Euro 11.512,25 che avrebbe dovuto essere destinato all’Inail, a titolo di surroga, perchè riferito agli acconti già erogati.

Il motivo è fondato, in quanto anche la suddetta erogazione periodica costituisce un credito surrogabile a favore di I.N.A.I.L. Il conteggio operato dal giudice di appello è errato, attesa l’omessa considerazione degli acconti e dei ratei comunque erogati per l’indennizzo del danno biologico, risultanti dall’attestato di costo, aggiornato al 9 gennaio 2018, preso in esame dalla Corte d’Appello e depositato all’udienza di precisazione delle conclusioni.

In definitiva, l’errore risiede nel fatto di avere limitato il diritto di surrogazione alle sole somme erogate a titolo di valore capitale della rendita per l’indennizzo del danno biologico e non anche ai ratei e agli acconti già pagati, sempre a titolo di danno biologico, trattandosi di invalidità permanente superiore al 16%.

In questi termini occorre dare continuità a quanto affermato da questa Corte in fattispecie analoghe a quelle in esame, ribadendo che, nei casi in cui la rendita sia stata erogata, in parte, prima dei provvedimenti di competenza del giudice civile in tema di risarcimento del danno, il giudice di merito dovrà prendere in esame, al momento della proposizione della domanda di surrogazione, anche i ratei della rendita già erogati e che Inail continuerà a versare in corso di causa. Pertanto, il calcolo del credito surrogatoria di Inail deve avvenire considerando, da un lato, i ratei già corrisposti (da rivalutare, trattandosi di debito di valore) e, dall’altro, capitalizzando (e quindi trasformando il capitale) la rendita ancora da erogare, riferita alla speranza di vita del beneficiario (Cass., 15 ottobre 2018, n. 25618). A tali criteri dovrà attenersi il giudice del rinvio.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione del giudicato interno, essendo stata interamente attribuita al danneggiato la voce di Euro 8.920,80, dovuta a titolo di inabilità temporanea, in quanto non erogata a suo favore da I.N.A.I.L. e quindi da riconoscersi interamente a favore del predetto danneggiato, il quale, peraltro, non avrebbe espresso alcuna doglianza specifica, riferita a tale voce. In particolare, la Corte territoriale avrebbe affermato un principio astrattamente corretto e cioè quello secondo cui la quota relativa al danno biologico temporaneo non compariva nel prospetto Inail. Facendo discendere da ciò il diritto del danneggiato al riconoscimento dell’intero importo, senza alcuna decurtazione per effetto dell’intervento dell’assicuratore sociale. Nel caso di specie, però, il Tribunale aveva liquidato in favore del danneggiato A. il danno biologico permanente e quello temporaneo, attribuendolo integralmente all’Inail, poichè tale ente aveva erogato un importo di gran lunga superiore all’ammontare complessivo della voce del danno biologico.

In sede di appello, il danneggiato nulla avrebbe dedotto riguardo all’attribuzione in favore di Inail dell’importo relativo al danno biologico temporaneo che, effettivamente, non viene indennizzato dall’Istituto. Pertanto, l’appellante aveva aderito alla decisione del Tribunale, accettando che il danno biologico temporaneo rimanesse assoggettato alla rivalsa dell’Inail.

La censura è inammissibile perchè dedotta in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Il motivo si fonda sul presupposto che l’appellante non avrebbe impugnato espressamente il capo della sentenza di primo grado con cui l’importo liquidato per il danno biologico temporaneo sarebbe stato (interamente e, per tale motivo, erroneamente) attribuito all’Inali in accoglimento dell’azione di surroga.

Tale profilo non è dedotto compiutamente, poichè l’Istituto ricorrente alle pagine 4 e 5 del ricorso, dedicate all’illustrazione sommaria dei fatti e, a pagina 18, riferita alla deduzione del terzo motivo, non trascrive compiutamente il contenuto dell’atto di appello, limitandosi a precisare (pagina 4) che, secondo l’appellante il Tribunale aveva “erroneamente valutato la rivalsa di Inail per intero, nei limiti del quantum civilisticamente liquidato a titolo non patrimoniale e patrimoniale, senza differenziare la somma e/o quota di rendita erogata per danno biologico e la quota di rendita erogata per le conseguenze patrimoniali dell’infortunio”.

Parte ricorrente desume da ciò che l’appellante avrebbe richiesto un danno differenziale pari ad Euro 63.877, ottenuto dalla differenza tra quanto liquidato in ambito civilistico per danno biologico, sia permanente che temporaneo, rispetto a quanto erogato dall’Inail per valore capitale della rendita riferita al danno biologico. In sostanza, secondo l’istituto, l’appellante non avrebbe inteso escludere dalla rivalsa il danno biologico temporaneo.

Ma tale circostanza non può essere valutata sulla base degli elementi addotti e neppure dal breve passaggio riportato a pagina 18 del ricorso, nel quale – nell’effettuare il conteggio- l’appellante si sarebbe limitato a menzionare tutte le voci di danno non patrimoniale, detraendo quanto determinato da Inail per valore capitale. Infine, oltre alla mancata indicazione dello specifico contenuto dell’atto, difetta anche la localizzazione della sentenza di primo grado e tale profilo risulta dirimente.

Ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto con riferimento al secondo motivo, mentre gli altri motivi sono destituiti di fondamento; la sentenza va cassata con rinvio, demandandosi alla Corte territoriale il calcolo del credito surrogatorio di Inail da operare considerando, da un lato, i ratei già corrisposti (da rivalutare, trattandosi di debito di valore) e, dall’altro, capitalizzando (e quindi trasformando il capitale) la rendita ancora da erogare, riferita alla speranza di vita del beneficiario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2021

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