LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. 6711/2014 proposto da:
Agenzia delle Entrate rappresentato e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in via dei Portoghesi n. 12 Roma;
– ricorrente –
Fallimento ***** srl;
– intimato –
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche n. 1/4/13 depositata il 22 gennaio 2013.
Udita la relazione del Consigliere Dott. Pandolfi Catello nella camera di consiglio del 4/11/2020.
RILEVATO
Che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Marche del 22.1.2013, nella parte a lei sfavorevole.
La vicenda trae origine dalla notifica, alla società ***** s.r.l, poi dichiarata fallita, in data 12/09/2008, dell’avviso di accertamento per il recupero a tassazione di maggiori imposte per l’anno 2004. In particolare, l’Ufficio deduceva che la sopravvenienza attiva per la cessione di contratti di leasing finanziario, relativi al secondo blocco di un complesso immobiliare ripartito in tre lotti, fosse stata superiore a quella dichiarata e che la somma di 2.000.000 fatturata per l’operazione/fosse stata erroneamente imputata all’anno 2003 e non al 2004.
L’avviso di accertamento in questione aveva, invero, riguardato nella fasi di merito anche altre contestazioni di minor rilievo economico, ma ha poi assunto i contorni suindicati.
L’avviso era stato opposto e la CTP di Ascoli Piceno accoglieva il ricorso della contribuente. Non sortiva esito diverso l’appello dell’Ufficio che impugnava la decisione del giudice regionale, deducendo due motivi.
Non ha resistito la Curatela del fallimento ***** s.r.l. rimasta intimata.
CONSIDERATO
Che:
Giova riassumere i termini, e lo sviluppo in fase di merito, della vicenda come segue: – In primo luogo si deve stabilire il valore della sopravvenienza attiva conseguente alla cessione da ***** srl (ora Fallimento *****) alla società Esselog srl, del contratto di leasing immobiliare, originariamente intercorso tra la società di leasing “Fineco” e la “*****”, riguardante un edificio industriale in Ascoli Piceno (in particolare il II blocco di un complesso, articolato in tre lotti). Sopravvenienza attiva pari alla differenza tra il valore “normale” del bene oggetto dei contratti di leasing e il valore attuale dei canoni che sarebbero andati a maturare alle scadenze.
E’ quindi controverso il valore del II blocco e l’anno di competenza in cui iscrivere la sopravvenienza, se, cioè il 2003 o il 2004.
-La CTR marchigiana aveva confermato la decisione del primo giudice, nel senso di individuare il valore della sopravvenienza in quello di Euro 1.585.000,00 indicato nella scrittura privata di cessione del contratto di leasing, in data 31.12.2003, tra le società ***** e Esselog, da cui detrarre i canoni a scadere, e di ritenere corretto che l’anno di competenza, a cui imputare il ricavato dalla cessione, fosse il 2003.
La CTR aveva, cioè, affermato che il valore di mercato della cessione da assumere come base ai fini impositivi, fosse la suindicata cifra, mentre l’Ufficio ha ritenuto che l’entità della sopravvenienza attiva, percepita dalla *****, fosse di entità superiore, in quanto l’operazione, alla data del 31.12.2003, era ancora in fieri perchè subordinato al verificarsi di due condizioni sospensive, che, sole, avrebbero consentito di determinarne il valore normale, cioè il valore di mercato.
L’Ufficio sostiene, cioè, che la cessione ha potuto avere una definitiva valutazione economica solo dopo: a) che la Fineco aveva acconsentito alla cessione dei contratti di leasing alla Esselog; b) che la Piceno Consid (Consorzio che coordinava le iniziative per la industrializzazione della valle del Tronto) aveva dato parere favorevole al subentro di Esselog nei contratti di leasing in questione. Circostanze sopravvenute solo nel maggio 2004.
A tali circostanze, incidenti sulla valutazione dell’operazione accrescendola, l’Ufficio sostiene che andasse considerato il maggior valore acquistato dal II blocco dell’immobile in leasing, anche a seguito dei lavori di ristrutturazione incrementative e migliorative.
Evidenzia, inoltre, l’Ufficio, che il consenso di Fineco e del Consorzio Piceno Consid, erano essenziali per il perfezionamento dell’operazione ed erano ancora incerti all’atto della sottoscrizione della scrittura privata.
Il loro maturare, intervenuto successivamente, consente ragionevolmente di giustificare – secondo l’Ufficio – il maggior prezzo di Euro 2.461.000,00, indicato dalla ***** in un preliminare di vendita del II blocco alla Stipa s.r.l., poi da questa non ulteriormente coltivato. Tuttavia, il prezzo in esso indicato può ritenersi effetto, appunto, di quanto accaduto dopo il 31.12.2003 ed essere, quindi, considerata realistica indicazione del “valore di mercato”, che la cessione del contratto di leasing aveva assunto, per il sopravvenuto verificarsi delle circostanze che ne condizionavano la concreta praticabilità.
E dunque, per dare, riassuntivamente, un ordine temporale ai citati eventi, succedutisi dopo la scrittura privata del 31.12. 2003 (pag. 18 e 19 del ricorso), alcuni dei quali suscettibili di conferire un incremento di valore del II blocco, l’Ufficio deduce:
-che, in data 31.3.2004, era stato stipulato tra la ***** e Fineco un contratto, relativo alla ristrutturazione migliorativa dell’immobile in questione;
– che la *****, in data 30.3.2004, quale promittente venditrice, aveva stipulato un preliminare per la vendita dello stesso immobile a Stipa s.r.l. per la somma di Euro 2.461.000,00, non seguito dal definitivo;
– che in data 8.5.2004, la Fineco aveva autorizzata la cessione dei contratti di leasing da ***** a Esselog;
– che il 7 maggio 2004 il Consorzio Piceno Consid aveva espresso parere favorevole al subentro di Esselog;
– che con contratto, sempre dell’8.5.2004, la cessionaria dei contratto di leasing, Esselog, aveva riscattato l’immobile, corrispondendo a Fineco Euro 808.630,00 ed aveva venduto, in pari data, l’immobile riscattato alla *****, con riferimento a quanto pattuito con la scrittura privata del 31.12.2003, al prezzo di 1.585.000,00 in essa indicato, Tanto premesso, l’Ufficio, come primo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 88 TUIR e dell’art. 109TUIR, comma 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il motivo appare fondato.
La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che il prezzo fissato per l’acquisto del secondo blocco non potesse che essere individuato in quello fissato nell’atto di cessione del contratto di leasing del 31.12. 2003, di Euro 1.585.000,00. In tal modo il giudice regionale non ha considerato che, ai sensi dell’art. 88 TUIR, l’entità della sopravvenienza attiva, conseguente alla cessione del contratto di leasing è data dal “valore normale” del bene e non dal prezzo pattuito per la cessione.
Lo stessa locuzione valore normale, usata nel richiamata articolo, esclude che, ai fini fiscali, la sua accezione possa discendere da una valutazione meramente soggettiva delle parti dell’atto di cessione. Queste possono essere animate, nel fissarlo, da valutazioni di opportunità, appunto, soggettive, di natura non esclusivamente economicistiche o non collegate direttamente al singolo negozio, ma a considerazioni di altra natura, specialmente nel caso di rapporti tra società a ristretta base, facenti capo allo stesso soggetto o allo stesso gruppo familiare, come nella specie. Viceversa, la determinazione del valore “normale”, a fini fiscali, deve discendere da parametri il più possibile oggettivi, esterni al rapporto e ad esso preesistenti. Lo stesso aggettivo incorpora la radice di “norma” che, in un’accezione atecnica, implica qualcosa di prestabilito a cui rivolgersi. Tal che laddove l’art. 88 TUIR indica il valore normale, come base per determinare l’entità della sopravvenienza attiva, è da ritenere intenda riferirsi al valore di mercato quale fonte da cui attingere, fatti salvi margini di trattativa che non possono però giungere ad ignorarlo.
Non è perciò condivisibile che il giudice regionale abbia utilizzato come parametro il solo prezzo indicato dalle parti nella scrittura del 31.12.2004, omettendo di esaminare i dati fattuali che l’Ufficio aveva dedotto per spiegare perchè quella cifra non poteva raffigurare il valore di mercato. Sottolineando, a tal fine, che l’operazione era ancorata a condizioni non ancora verificatesi ed i cui contenuti economici, a quella data, non erano ancora quantificabili.
Ora, la CTR sul valore del bene ha affermato: “Quanto al prezzo fissato per l’acquisto del secondo blocco dell’immobile, questo era stato già fissato tra la ***** srl e la Esselog srl, nella scrittura di cessione del contratto di leasing del 31.12.2003 in Euro 1.585.000,00. Tale somma era dunque il valore di mercato per il secondo blocco e non quello indicato dall’Agenzia delle Entrate…”. In tal modo identificando, appunto, il valore normale con il prezzo pattuito, che, invece, per le considerazioni esposte, non può, ai fini fiscali, essere con esso identificato, senza che il giudice di merito verifichi se gli altri parametri dedotti non palesino essere quel prezzo inferiore al valore di mercato.
In tal senso è fondato il primo motivo di ricorso per violazione dell’art. 88 TUIR, comma 5, la cui corretta applicazione implica che il valore normale sia quello di mercato.
Ha poi ritenuto, il giudice regionale, priva di significato la circostanza che la “*****” avesse stipulato un preliminare di vendita dell’immobile alla società Stipa per Euro 2.461.000,00, in quanto ad esso non aveva fatto seguito il definitivo. Desumendo da ciò, il giudice regionale, che il promissario acquirente aveva receduto dal prosieguo ritenendo il prezzo eccessivo, tanto da preferire il versamento di una caparra penitenziale di Euro 51.600,00.
Al riguardo, l’Ufficio ha obiettato essere tale valutazione, della CTR, una mera congettura, nel senso che il mancato perfezionamento del contratto definitivo poteva essere dipeso da altre ragioni che non quella ipotizzata. Ed in effetti è ragionevole ritenere che, in via generale, in occasione della trattativa per la cessione di un bene o di un servizio, il prezzo proposto sia il dato fondamentale, in primo luogo valutato, e, se ritenuto eccessivo, immediatamente contestato. Singolare è invece che si giunga ad un preliminare e poi non coltivarlo, a rischio penale, se non per motivi sopravvenuti a quelli prima facie valutabili.
Quanto poi all’anno in cui iscrivere correttamente il ricavato dalla cessione del contratto di leasing è da sottolineare che siffatta cessione è riconducibile al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1 del configurandosi come prestazione di un servizio.
Pertanto, quanto percepito dal cedente va iscritto non nell’anno in cui è sottoscritto il contratto, ma in quello in cui si sono realizzate le circostanze che rendono la prestazione perfezionatasi ed il servizio ceduto concretamente fruibile da parte del cessionario. E si sono inverati i fattori che hanno consentito il determinarsi del valore della sopravvenienza attiva, Venendo al secondo motivo di ricorso, il Collegio rileva che la decisione impugnata ha del tutto omesso di esaminare, senza neanche menzionarli nella parte narrativa della sentenza, i surricordati “fatti” (intesi in senso storico e quindi riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 dopo la riformulazione di cui al D.L. n. 83 n. 212, art. 54, comma 1, lett. b)), successivi alla scrittura del 31.12.2003. Fatti tali da accrescere il valore del bene, quali: a) le opere di ristrutturazione migliorativa del secondo blocco; b) la necessaria autorizzazione della “Fineco” alla cessione del contratto dalla “*****” alla “Esselog”; c) il parere favorevole del Consorzio Piceno al subentro di quest’ultima alla prima, nelle attività di sviluppo in quell’area. Fattori, quelli dedotti, potenzialmente decisivi ai fini del decidere in merito al valore normale/valore di mercato.
Pertanto, risulta fondato anche tale motivo, che pur se paragrafato come motivazione insufficiente, è prospettato anche in termini compatibili con la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett.b), applicabile ratione tempiris, cioè come doglianza per l’omesso esame dei suindicati fatti.
Il ricorso, pertanto, va accolto. Va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione, per il riesame nei termini indicati in motivazione e per la definizione delle spese.
PQM
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR delle Marche in diversa composizione per il riesame e per la definizione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2021