Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.18268 del 24/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALSAMO Milena – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel procedimento n. 11293/2017:

COMUNE DI SAN MARCO IN LAMIS (Foggia)in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via Sesto Calvino 33 presso lo studio dell’avv. Luciana Cannas che lo rappresenta e difende unitamente disgiuntamente all’avv. Sergio Alvaro Trovato del Foro di Velletri;

– ricorrente –

contro

SAN MARCO SOLAR s.r.l. con sede in Roma, in persona del suo legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in Roma via Crescenzio 103 presso lo studio dell’avv. Romano Pomarici rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Porzio, Laura Bove e Domenico Ardolino;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA depositata il 20 ottobre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 19.05.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO RITA.

RILEVATO

che:

La società San Marco, proprietaria di un parco fotovoltaico ubicato nel Comune di San Marco, ha presentato ricorso avverso due distinti avvisi di accertamento per ICI degli anni 2010 e 2011. I ricorsi sono stati riuniti ed è stata dichiarata in primo grado la nullità della notifica degli avvisi di accertamento, in quanto spediti per mezzo di corriere postale privato.

Ha proposto appello il Comune che è stato respinto dalla CTR della Puglia. Il giudice di secondo grado, nella contumacia di parte appellata, ha respinto l’eccezione relativa alla mancanza di procura, richiamando il principio per cui la mancata sottoscrizione della copia del ricorso è una mera irregolarità se l’originale risulta sottoscritto dal legale; ha inoltre ritenuto inesistente (“mai avvenuta”) e non nulla la notifica degli avvisi di accertamento a mezzo a mezzo di agente postale privato.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune affidandosi a tre motivi. Ha resistito la società con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 19 maggio 2021.

RITENUTO

che:

1.Con il primo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, artt. 1, 4 e 5, nonchè del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11. Il Comune deduce che la sentenza impugnata non ha tenuto conto che l’art. 11 cit. è una norma speciale rispetto alla legge generale. L’avviso di accertamento non dovrebbe essere necessariamente inviato con raccomandata delle poste italiane e può essere affidato anche ad una agenzia privata. Deduce che dopo la liberalizzazione del mercato ad opera del D.Lgs. n. 58 del 2011, l’esclusiva è limitata solo alle notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari.

2. Il motivo è fondato.

La CTR, nel ritenere la inesistenza della notifica dell’atto impositivo a mezzo agente postale privato, fonda la propria decisione su un orientamento giurisprudenziale ormai superato.

Questa Corte ha infatti affermato che “In tema di notificazioni a mezzo posta di atti impositivi, per effetto del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 e succ. modif., è valida la notifica compiuta – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata col D.Lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a pieno compimento dalla L. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui al D.Lgs. n. 261 cit., art. 5, comma 1, configurandosi l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali” (Cass. 20/07/2020, n. 15360; v. anche Cass. 12/11/ 2020 n. 25521) Il tenore letterale del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, consente infatti di affermare che, dalla data del 30 aprile 2011, della sua entrata in vigore, gli invii raccomandati riguardanti atti tributari diversi da quelli stricto sensu giudiziari possono essere notificati anche tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 5, comma 1.

Pertanto ben poteva il Comune avvalersi di agente postale privato in possesso della licenza per la notificazione dell’atto impositivo.

3. Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3, e art. 18, commi 3 e 4. Il Comune deduce che il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore a pena di inammissibilità e la sottoscrizione deve essere apposta sia sull’originale sia sulle copie del ricorso destinati alle altre parti. Invece la CTR ha ritenuto sufficiente la sottoscrizione sull’originale.

Il ricorrente assume inoltre che, nella copia del ricorso notificata, mancava la procura ad litem e che questa carenza non può ritenersi sanata dal deposito in cancelleria della procura, in un foglio separato dal ricorso.

4. Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato il principio, cui il Collegio intende dare continuità, secondo il quale in tema di contenzioso tributario, la notifica del ricorso introduttivo in copia, mancante della pagina finale e della sottoscrizione, non ne cagiona l’automatica inammissibilità ma una mera irregolarità formale qualora l’originale, depositato nella segreteria della commissione tributaria, risulti sottoscritto ed il giudice accerti in concreto che l’incompletezza materiale della copia notificata non abbia impedito al destinatario la completa comprensione del contenuto dell’atto e, quindi, non abbia leso il suo diritto di difesa (Cass. 8213/2017; Cass. n. 13058/2017, v. anche Cass. v. 8976/2002). Il giudice d’appello ha fatto corretta applicazione di questi principi.

5.Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per la condanna alle spese subita in secondo grado, in quanto l’appellato vittorioso era contumace il che non ne giustificava la condanna alle spese.

6. Il motivo è fondato, poichè se nel grado di appello, se l’appellato non si costituisce non possono essere rifuse le spese giudiziali in suo favore.

In ogni caso la valutazione definitiva sulle spese deve essere operata considerando l’esito complessivo della lite (Cass. n. 11423/2016).

Ne consegue in accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto può decidersi nel merito rigettando l’originario ricorso del contribuente.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, compensando le spese dei gradi di merito, in ragione del successivo consolidarsi della giurisprudenza.

PQM

Accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per spese non documentabili oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V sez. della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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