LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALSAMO Milena – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C.L.A., C.L., CU.LI., tutti nella qualità di eredi di CO.GI. nata ad Agrigento il ***** e deceduta in Agrigento il ***** elettivamente domiciliati in Roma piazza Cavour, cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avv. Dall’avv. Alberto Cutaia;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI AGRIGENTO in persona del Sindaco pro tempore;
– intimato –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA depositata il 6 settembre 2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 19.05.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO RITA.
RILEVATO
che:
Gli eredi Co. hanno impugnato l’avviso di accertamento per VICI 2006 notificato dal Comune di Agrigento contestando il valore attribuito ai tre appezzamenti di terreno oggetto di imposizione.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado. I contribuenti hanno proposto appello che la CTR della Sicilia ha respinto, rilevando che i terreni erano classificati fin dal 2004 come edificabili e come da PRG approvato con delibera consiliare, rilevando come la contribuente originaria aveva omesso, per l’anno 2006, di dichiarare il possesso di questi terreni.
Avverso la predetta sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidandosi a tre motivi. Non si è costituito l’intimato Comune.
In data 6 maggio 2021 il difensore dei ricorrenti ha depositato una memoria con la quale deduce che nelle more del procedimento, in data 10 luglio 2019, il Comune di Agrigento ha applicato per i terreni oggetto di causa il valore di Euro 14,00 al metro quadro dell’area, riderminando l’ICI per l’anno 2006, in luogo dell’originario valore di Euro 34,65 al metro quadro, così accogliendo in via di autotutela stragiudiziale le richieste dei ricorrenti. Pertanto la difesa deduce che l’odierno giudizio è caratterizzato da una situazione di sopravvenuta carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio e di conseguenza chiede che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, allegando il provvedimento del Comune di Agrigento e il conseguente atto di rettifica del dell’ufficio tributi del Comune.
Ciò constatato, va ribadito che “In tema di processo tributario, la causa di estinzione del giudizio, prevista dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale sulle cause di inammissibilità del ricorso per cassazione (nel caso di specie, per tardività) e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perchè inidonee a regolare il rapporto fra le parti” (Sez. 5, Sentenza n. 19533 del 23/09/2011; n. 9753/2017; n. 3950/2017). Nel processo tributario il sopravvenuto annullamento, per qualsiasi motivo, dell’atto impugnato determina la cessazione della materia del contendere, in quanto la prosecuzione del giudizio non potrebbe comportare alcun risultato utile per il contribuente, stante l’inammissibilità, in detto processo, di pronunce di mero accertamento dell’illegittimità della pretesa erariale, senza che, peraltro, il diritto di difesa dello stesso contribuente sia violato dall’eventuale riedizione del potere da parte dell’Amministrazione finanziaria, a fronte della quale potrà essere proposta impugnazione contro il nuovo atto impositivo (Cass. n. 33857/2018).
In applicazione di tale principio la sentenza impugnata va cassata senza rinvio per cessazione della materia del contendere.
Ne consegue la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, che comporta anche il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata (Cass. s.u. 8980/2018).
Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimato; alla fattispecie non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228, art. 1, comma 17, poichè il raddoppio del contributo unificato è previsto solo per i casi di rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità (Cass. 24632/2019; Cass. sez. un. 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara cessata la materia del contendere.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V sez. della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021