Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.18350 del 25/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5206 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

FHL s.r.l., in liquidazione (già Fergia s.p.a., incorporante di Fenice s.r.l.) in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Mario Calgaro e Paolo Panariti, presso il cui studio in Roma, via Celimontana, n. 38, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, 1144/24/14, depositata in data 2 luglio 2014;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giancarlo Triscari nella Camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2021 e, a seguito di riconvocazione, del giorno 16 marzo 2021.

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a Fenice s.r.l. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2006, aveva recuperato il credito Iva indebitamente utilizzato in compensazione quale partecipante del gruppo consolidato Fergia s.p.a., avendo partecipato per il suddetto anno alla liquidazione Iva di gruppo senza, tuttavia, prestare la necessaria garanzia, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, per l’intero importo del credito posto in compensazione ma solo per una parte; avverso l’atto impositivo aveva proposto ricorso la società capogruppo Fergia s.p.a., quale incorporante di Fenice s.r.l., deducendo, fra l’altro, che, poichè il credito Iva non era stato oggetto di contestazione entro i termini di decadenza di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, lo stesso si era cristallizzato, sicchè non era necessaria la prestazione della garanzia; la Commissione tributaria provinciale di Vicenza aveva accolto il ricorso; avverso la decisione del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che, secondo l’orientamento della Suprema Corte, poichè la prestazione della garanzia ha la funzione di evitare l’eventuale sottrazione di materiale imponibile in caso di successivo accertamento dell’inesistenza totale o parziale del credito dichiarato e dell’esistenza di un maggior debito, il suddetto onere viene meno nel caso in cui sia certo, per controlli effettuati o per decadenza del termine del potere di controllo, che nessuna infedeltà della dichiarazione è stata commessa;

l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura, cuì resiste la società depositando controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, come integrato dal D.M. 13 dicembre 1979, art. 6, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57;

in particolare, si censura la sentenza per avere ritenuto che la prestazione di garanzia, cui è tenuta la società che trasferisce un proprio credito Iva in favore del gruppo societario per la compensazione con il debito Iva di gruppo, ha funzione meramente cautelare, sicchè la necessità della prestazione di garanzia verrebbe meno quando sia certo, per i controlli effettuati o per decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di controllo, che nessuna infedeltà sia riscontrabile nella dichiarazione;

ritiene, invero, parte ricorrente che la prestazione di garanzia costituisce un elemento costitutivo della fattispecie con la conseguenza che, in mancanza, non può dirsi sorto il diritto al rimborso dell’eccedenza di imposta, sicchè l’amministrazione finanziaria può legittimamente recuperare l’importo del credito non legittimamente compensato, in quanto si è verificata l’estinzione del debito tributario pur in mancanza di un valido credito di imposta;

1.1. il motivo è fondato;

la questione di fondo prospettata con il presente motivo di ricorso richiede necessariamente di definire la natura della prestazione di garanzia prevista in materia di disciplina nazionale dell’Iva di gruppo dal D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065, che ha dato attuazione alla previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, secondo cui, nel testo vigente con riferimento all’epoca dei fatti, “Il Ministro delle finanze può disporre con propri decreti, stabilendo le relative modalità, che le dichiarazioni delle società controllate siano presentate dall’ente o società controllante all’ufficio del proprio domicilio fiscale e che i versamenti di cui agli artt. 27, 30 e 33, siano fatti all’ufficio stesso per l’ammontare complessivamente dovuto dall’ente o società controllante e dalle società controllate, al netto delle eccedenze detraibili. Le dichiarazioni, sottoscritte anche dall’ente o società controllante, devono essere presentate anche agli uffici del domicilio fiscale delle società controllate, fermi restando gli altri obblighi e le responsabilità delle società stesse. Si considera controllata la società le cui azioni o quote sono possedute dall’altra per oltre la metà fin dall’inizio dell’anno solare precedente”;

in particolare, nel dare attuazione alla sopra riportata disposizione, il suddetto D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065, nell’art. 6, prescrive che le eccedenze di crediti d’imposta, risultanti dalle dichiarazioni di alcune società del gruppo, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre società del gruppo medesimo, devono essere garantite secondo “le disposizioni del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis”, vale a dire mediante cauzione o fideiussione, prestata dalla società il cui credito sia stato estinto, la quale, in assenza di garanzia, è tenuta a versare l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate nel termine di presentazione della dichiarazione annuale;

1.2. va quindi osservato che la liquidazione dell’Iva di gruppo costituisce una speciale modalità di compensazione, ed eventualmente di rimborso, dell’obbligazione tributaria espressamente disciplinata;

in particolare, l’utilizzo dell’indicato strumento, che realizza un consolidamento dei crediti e dei debiti di imposta delle partecipanti al gruppo, comporta il vantaggio, di natura eminentemente finanziaria, negli effetti, non dissimile da quello che assicura la cd. “procedura di rimborso accelerato” di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38-bis, comma 2, (Cass. civ., 18 maggio 2016, n. 10207) consistente nella possibilità di ottenere un sollecito rimborso dei crediti Iva vantati da una (o da alcune) delle società del gruppo, mediante compensazione con l’eventuale Iva a debito di altra (o altre) società del gruppo medesimo, in quanto, mediante liquidazione unitaria, si evita che, all’interno dello stesso gruppo, le società “a debito” debbano immediatamente versare l’imposta e le società “a credito”, siano, invece, costrette ad attendere i tempi, non celeri, del rimborso ordinario;

in sostanza, in forza della disciplina normativa in esame, con il trasferimento del credito alla “cessionaria”, la società “cedente” estingue il proprio credito di rimborso vantato nei confronti dell’Erario realizzando un risultato analogo al conseguimento del rimborso “anticipato” infrannuale consentito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 2, a prescindere dalla previa verifica dell’ufficio della esistenza e dell’ammontare del rimborso (Cass. civ., 23 dicembre 2005, n. 28689);

1.3. è proprio tenendo presente la disciplina della liquidazione dell’Iva di gruppo come sopra delineata e, in particolare, da un lato, il vantaggio fiscale che viene riconosciuto nell’ambito della disciplina dell’Iva di gruppo, basato sulla estinzione del credito di rimborso vantato dalla società controllata mediante la compensazione con il debito del gruppo societario e, dall’altro, la assenza di una previa verifica dell’ufficio dell’esistenza e dell’ammontare del rimborso, che può essere, conseguentemente, esaminata la questione della natura della garanzia che deve essere prestata all’atto della presentazione della dichiarazione annuale dalla società “il cui credito sia stato estinto, per l’ammontare relativo”;

invero, la concreta applicazione della disciplina normativa in esame presuppone necessariamente, proprio nell’autorizzare un sistema di compensazione speciale infragruppo, che sia prestata la suddetta garanzia, costituendo la stessa un adempimento sostanziale in quanto presupposto costitutivo della effettiva operatività della medesima disciplina;

ciò, tenuto conto, come osservato, del fatto che la disciplina normativa in esame prevista nel caso di liquidazione Iva di gruppo costituisce una deroga al principio generale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, che consente “di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione dell’anno successivo”;

la suddetta deroga prevista nel caso della liquidazione IVA di gruppo si basa, dunque, sulla necessità di rispettare gli obblighi specificamente previsti dalle previsioni normative sopra citate, in particolare la prestazione di garanzia, la cui ratio è quella di garantire l’amministrazione finanziaria in ordine alla corretta definizione finale del rapporto tributario;

1.4. la natura costitutiva della prestazione di garanzia è stata affermata da questa Corte già con la pronuncia 11 aprile 2014, n. 8534, che ha precisato che “Il complesso normativo in questione, dopo l’intervento riformatore introdotto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 24, comma 22 – che ha richiesto la contestualità tra presentazione della istanza di rimborso e rilascio della garanzia – ha conformato decisamente la fattispecie tributaria dei rimborsi del credito d’imposta, venendo a configurare la prestazione della garanzia quale elemento costitutivo dello stesso diritto al rimborso del credito d’imposta e dunque, nel caso della disciplina dei gruppi di società, quale elemento costitutivo del diritto alla compensazione infragruppo, risultando in conseguenza del tutto coerente la previsione del D.M. n. 11065 del 1979, art. 6, comma 3, per cui “in caso di mancata prestazione delle garanzie l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate deve essere versato all’ufficio entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale””;

la medesima pronuncia ha evidenziato, inoltre, che l’obbligazione di pagamento gravante sul soggetto contribuente in caso di omessa prestazione della garanzia, “costituisce la mera conseguenza dell’accertata insussistenza degli elementi costitutivi (per difetto della garanzia) del diritto al rimborso della società “cedente”, e si atteggia pertanto in modo del tutto analogo al disconoscimento del credito d’imposta, intervenuto successivamente alla esecuzione del rimborso (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, comma 6)”;

ancora, questa Corte (Cass. civ., 11 marzo 2015, n. 4843) ha ribadito “il carattere obbligatorio di detta garanzia, senza la quale non si realizza la fattispecie compensativa”;

più di recente, questa Corte (Cass. civ., 20 luglio 2020, n. 15363) ha confermato il suddetto orientamento, precisando che: “La prestazione di una garanzia cauzionale resa a termini del D.M. n. 13 dicembre 1979, art. 6, comma 3, pari all’importo dei crediti utilizzati in compensazione da parte della società controllante costituisce, pertanto, condizione per l’adesione al regime agevolato di liquidazione dell’IVA di gruppo e per l’esercizio della compensazione interna al gruppo di imprese; garanzia che deve essere allegata secondo la disciplina pro tempore applicabile – al modello IVA 26 da parte della controllante al momento della presentazione della dichiarazione annuale IVA, occorrendo, altrimenti, versare all’Ufficio finanziario, entro il termine di presentazione della dichiarazione, l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate (Cass., Sez. V, 11 marzo 2015, n. 4843)”;

più in particolare, con la suddetta pronuncia si è precisato che: “L’estinzione dell’obbligazione originaria di versamento dell’IVA a debito, conseguente alla opzione della controllante per la liquidazione dell’IVA di gruppo, funzionale alla opposizione in compensazione di crediti IVA infragruppo (estinzione dell’obbligazione avente natura non satisfattiva: Cass., Sez. III, 7 marzo 2017, n. 5630; Cass., Sez. I, 3 luglio 2009, n. 15677), costituisce un posterius rispetto all’esatto adempimento della prestazione delle garanzie. La mancata o inesatta esecuzione della prestazione comporta il venir meno ex tunc degli effetti della compensazione, la quale si regge sull’osservanza dei presupposti formali imposti al contribuente per beneficiare della liquidazione dell’IVA di gruppo, in coerenza con il principio secondo cui la compensazione, in materia tributaria, è ammessa nei soli casi previsti dalla legge (Cass., Sez. V, 1 febbraio 2019, n. 3096), non diversamente dal caso dell’errato utilizzo di un credito di imposta in compensazione (Cass., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 19185; Cass., Sez. V, 17 aprile 2019, n. 10708);

la medesima pronuncia, ha, altresì, evidenziato che: “la scansione cronologica del procedimento di liquidazione impone all’Ufficio il mero controllo formale della presentazione, unitamente al deposito del prospetto di liquidazione e delle garanzie, della dichiarazione IVA della controllante e delle controllate, delle quali la controllante fa propri i contenuti tramite la sottoscrizione del proprio legale rappresentante. L’Ufficio è, da un lato, ugualmente soddisfatto (al pari che nel caso del versamento dell’imposta) dalla prestazione delle garanzie cauzionali, per cui non ha interesse al controllo preventivo dell’esistenza del credito al momento della liquidazione dell’imposta”;

sotto tale profilo, “l’Ufficio fa affidamento sulle garanzie cauzionali prestate dal contribuente all’atto dell’opzione della liquidazione dell’IVA di gruppo, le quali surrogano l’interesse del suddetto creditore al versamento dell’IVA dovuta a debito; ne consegue che l’Ufficio non ha interesse, all’atto del deposito delle garanzie, a un immediato accertamento dell’esistenza del credito opposto in compensazione, se non al momento in cui, accertata l’inesistenza del credito, si vedrà costretto ad escutere le garanzie”;

in sostanza, dal complesso dei principi espressi da questa Corte, come sopra richiamati, si evince che, poichè la disciplina dell’Iva di gruppo costituisce mera agevolazione rispetto all’esercizio degli obblighi di dichiarazione e dei diritti conseguenti delle società controllate, la prestazione della garanzia non ha funzione meramente cautelare dell’esistenza del credito, ma costituisce un presupposto costitutivo ai fini della effettiva operatività della medesima, essendo, quindi, necessario che sussistano i presupposti formali imposti al fine di beneficiare del particolare regime in esame, in coerenza con il principio secondo cui la compensazione, in materia tributaria, è ammessa nei soli casi previsti dalla legge;

sotto tale prospettiva, non correttamente la pronuncia censurata ha ritenuto che non sia necessaria la prestazione di garanzia nel caso in cui il credito non potrebbe essere contestato per essere l’amministrazione finanziaria decaduta dal potere di controllo;

la suddetta linea interpretativa (sebbene seguita incidentalmente da questa Corte con la sentenza 20 ottobre 2010, n. 21515), invero, non è corretta, in quanto si fonda sulla errata considerazione che la prestazione della garanzia ha una mera finalità cautelare mentre, come detto, costituisce un presupposto necessario per la corretta applicazione della disciplina in esame, da attuarsi obbligatoriamente quando la società che ha ceduto il proprio credito ha optato per la scelta di avvalersi della liquidazione dell’Iva di gruppo cedendo il proprio credito in favore del gruppo societario, piuttosto che procedere, normalmente, alla detrazione del credito Iva con un proprio debito ovvero a richiedere il rimborso, come previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30;

la natura meramente facoltativa di questa scelta impone alla società cedente di seguire necessariamente gli obblighi, anche formali, richiesti dalla normativa di riferimento, in particolare di prestare la garanzia, sicchè, il mancato adempimento della prestazione richiesta per l’adesione all’Iva di gruppo comporta l’obbligo di versare l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate;

2. con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in relazione all’art. 73, comma 3, D.P.R. n. 633 del 1972, come integrato dal D.M. 13 dicembre 1979, art. 6, per avere escluso l’applicabilità della sanzione a seguito della mancata prestazione della garanzia;

2.1. preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo proposta dalla controricorrente in base alla considerazione che la domanda di applicazione della sanzione in via autonoma rispetto alla legittimità del recupero del credito, pari all’importo della fideiussione non versata, sarebbe stata proposta per la prima volta dinanzi a questa Corte;

va osservato, invero, che parte ricorrente ha evidenziato che il motivo in esame avrebbe potuto essere esaminato anche in caso di mancato accoglimento del primo motivo di ricorso, sottolineando, sotto tale profilo, la possibile autonoma applicabilità della sanzione a prescindere dal recupero del credito, per il solo fatto che non si sia provveduto a prestare la garanzia;

tale considerazione non esclude, tuttavia, che la ragione di censura sia stata, altresì, prospettata ponendo una stretta relazione tra la mancata prestazione della garanzia ed il conseguente recupero del credito, e tale correlazione è stata già esaminata, in senso favorevole all’amministrazione finanziaria, in sede di esame del primo motivo di ricorso;

va, peraltro, evidenziato che il giudice del gravame, nell’annullare in toto l’atto di recupero, si è pronunciato implicitamente anche sulle sanzioni, sicchè parte ricorrente ha censurato, in questa sede, anche la statuizione implicita di rigetto dell’atto di appello proposto dall’Agenzia delle entrate;

va precisato, poi, per completezza, che nella stessa sentenza si dà atto del fatto che con l’atto di recupero era stato richiesto, fra l’altro, il pagamento, a titolo di sanzioni, del trenta per cento dell’importo recuperato per omesso versamento del credito compensato non oggetto di garanzia, e della circostanza che, in sede di appello, l’Agenzia delle entrate aveva contestato, altresì, la statuizione della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva statuito sulla non applicabilità delle sanzioni;

2.2. ciò precisato, il motivo è fondato;

questa Corte (Cass. civ., 20 luglio 2020, n. 15363) ha affermato che, proprio in quanto la prestazione della garanzia costituisce presupposto per la liquidazione dell’Iva di gruppo da parte della controllante, la mancata prestazione comporta il mancato verificarsi dei presupposti in base ai quali la liquidazione è stata operata e, pertanto, il venir meno, con efficacia ex tunc della compensazione dichiarata, con conseguente riemersione del debito Iva (nei limiti in cui è stata operata la compensazione) e sussistenza dei presupposti sostanziali dell’omesso versamento di imposta;

la suddetta pronuncia, cui si intende dare continuità, ha confermato la giurisprudenza di questa Corte, laddove ha ritenuto che la prestazione della garanzia da parte della società controllante, la quale opti per il regime di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, ha carattere obbligatorio, con conseguente irrogazione della sanzione stabilita per il mancato versamento d’imposta, senza che ciò comporti una violazione dei principi Eurounitari di proporzionalità e neutralità dell’IVA, non potendo considerarsi adempiuti i relativi obblighi sostanziali, poichè, secondo il combinato disposto di cui al D.P.R. n., n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, e al D.M. 13 dicembre 1979, art. 6, comma 3, che rinvia al D.P.R. citato, art. 38-bis, solo a seguito della prestazione della cauzione si realizza la fattispecie compensativa ed il contribuente può ottenere i rimborsi indicati (Cass. civ., 29 agosto 2018, n. 21299; Cass. civ., 16 dicembre 2015, n. 25328);

sotto tale profilo, non può seguirsi la linea difensiva della controricorrente secondo cui non sarebbe applicabile il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in quanto sarebbe stata omessa solo la prestazione della garanzia e non anche il pagamento dell’imposta; pertanto, non è conforme ai suddetti principi la sentenza del giudice del gravame che, avendo ritenuto non necessaria la prestazione di garanzia in esame, ha ritenuto, implicitamente, non sussistenti i presupposti per l’irrogazione della sanzione;

inammissibili, inoltre, sono le ulteriori prospettazioni di parte ricorrente in ordine alla applicabilità al caso di specie: dell’esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, in quanto la presentazione di una parziale garanzia non avrebbe recato alcun pregiudizio all’azione di controllo e non avrebbe inciso sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo; della buona fede e del legittimo affidamento;

invero, si tratta di questioni che non risulta essere state prospettate nei precedenti gradi di giudizio e dunque sono inammissibili in questa sede;

in conclusione, i motivi sono fondati, con conseguente accoglimento del ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rigetto dell’originario ricorso;

vanno compensate le spese di lite dei giudizi di merito nonchè del presente giudizio, atteso il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale sulla questione della natura giuridica della prestazione di garanzia in data successiva alla presentazione del ricorso.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza censurata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso;

compensa le spese di lite dei giudizi di merito nonchè del presente giudizio.

Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2021

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