LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
S.A., S.G., S.L., S.R. e S.S., rappresentati e difesi, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi, del Foro di Firenze, che hanno indicato recapito PEC, nonchè dall’Avv.to Paolo Puri, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei difensori, alla via XXIV maggio n. 43, in Roma;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12, in Roma;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 358, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Bologna il 7.2.2014, e pubblicata il 25.2.2014;
ascoltata, in Camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio;
la Corte osserva.
FATTI DI CAUSA
i cinque ricorrenti, i fratelli: S.A., S.G., S.L., S.R. e S.S., subivano la rettifica, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del valore di cessione in relazione a due terreni edificabili siti nel Comune di *****, di cui erano comproprietari in quote uguali, venduti alla POLIS Srl negli anni 2000 e 2002, al prezzo dichiarato di Lire 1.400.000.000 ed Euro 232.406,00. I ricorrenti avevano dichiarato una plusvalenza di Lire 18.233.000 per la prima compravendita e nulla in relazione alla vendita del secondo terreno. L’Agenzia accertava in rettifica il prezzo di vendita rispettivamente come pari a Lire 1.882.336,00 ed Euro 387.415,00, con rideterminazione dei tributi di registro, catastali ed ipotecari. La pretesa era poi ridotta dall’Amministrazione finanziaria a Lire 1.794.528.000 ed Euro 316.800,00 a seguito di procedimento con adesione svoltosi nei confronti della sola società acquirente POLIS Srl. Venivano in conseguenza ricalcolate le plusvalenze conseguite dai ricorrenti, che non avevano partecipato alla procedura di accertamento con adesione, in ragione dei valori indicati, ed erano notificati ai venditori gli avvisi di accertamento.
I contribuenti impugnavano gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma, che riuniva i ricorsi e quindi rigettava tutti i gravami.
Avverso la decisione sfavorevole conseguita i contribuenti spiegavano appello, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, contestando, tra l’altro, l’omessa pronuncia della CTP circa le proposte eccezioni preliminari di nullità degli atti impositivi, e riproponendo le proprie censure. Evidenziavano, innanzitutto, di non aver mai ricevuto la notifica degli avvisi di rettifica e di non essere stati messi in condizione di partecipare alla procedura di accertamento con adesione, di cui non era stato loro comunicato neppure il verbale conclusivo. Opponevano, quindi, il mancato riconoscimento di costi sostenuti per le opere di urbanizzazione e lottizzazione, intestati al loro procuratore e ritenute “non inerenti”. S.S., inoltre, contestava che, ai fini della determinazione del suo reddito imponibile, l’Agenzia le aveva attribuito l’intero reddito asseritamente conseguito, senza detrarre la somma che aveva già dichiarato, e sulla quale aveva già versato il tributo proporzionalmente dovuto, di cui veniva quindi chiesto nuovamente il pagamento.
La CTR riteneva che l’accertamento con adesione stipulato nei confronti di uno dei coobbligati, avendo ad oggetto il valore dell’immobile, estende i propri effetti anche nei confronti degli altri. Confermava poi il disconoscimento dei costi invocati come sostenuti dai ricorrenti, perchè i documenti di spesa risultano intestati al preteso rappresentante Costa, e non ai contribuenti. Neppure accoglieva le censure circa la liquidazione dell’imposta introdotte da S.S.. In conseguenza la CTR confermava il rigetto di tutti i ricorsi riuniti.
Avverso la decisione assunta dalla CTR dell’Emilia-Romagna hanno proposto impugnazione per cassazione i cinque contribuenti, affidandosi a dieci motivi di ricorso. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. I ricorrenti hanno pure depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Mediante il primo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti contestano la violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 1, commi 2 e 3, e art. 12, comma 2, in cui è incorsa la CTR per aver ritenuto loro applicabili gli esiti di una procedura di accertamento con adesione svoltasi nei confronti di un coobbligato, a cui erano rimasti incolpevolmente estranei e della quale erano ignari.
1.2. – Con il loro secondo strumento di gravame, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti censurano il vizio di motivazione in cui è incorsa l’impugnata CTR in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la mancata notifica agli impugnanti degli avvisi di rettifica presupposti, e relativi alla definizione del valore dei terreni compravenduti ai fini dell’imposta di registro.
1.3. – Mediante il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e della L. n. 2412 del 1990, art. 3, comma 3, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, avendo la CTR erroneamente ritenuto loro applicabili gli esiti di una procedura di accertamento con adesione svoltasi nei confronti di un coobbligato cui erano rimasti incolpevolmente estranei e di cui erano ignari, registrandosi comunque l’insanabile vizio della motivazione dell’atto impositivo in materia di mancata allegazione dell’atto di adesione sottoscritto dall’acquirente del terreno.
1.4. – Con il loro quarto motivo di gravame, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, gli impugnanti criticano la violazione del D.P.R. n. 917 del 1987, art. 82, comma 1 (poi art. 68, comma 1), e del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 3, comma 1, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, e dell’art. 2729 c.c., perchè la CTR non ha esaminato la questione che, in sede di accertamento induttivo del reddito da plusvalenza patrimoniale conseguente alla vendita di un bene immobile, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto di poter utilizzar quale parametro il valore venale dei terreni, assumendo invece rilievo, a tal fine, solo il corrispettivo effettivamente percepito dai ricorrenti.
1.5. – Mediante il loro quinto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i ricorrenti contestano il vizio di motivazione in cui è incorsa l’impugnata CTR in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la coincidenza tra il corrispettivo dichiarato nei due atti di cessione dei terreni e quello effettivamente percepito dai cedenti, pur desumibile da elementi non considerati dal giudice dell’appello.
1.6. – Con il sesto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, gli impugnanti censurano il vizio di motivazione in cui è incorsa l’impugnata CTR in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la diretta riferibilità a loro dei costi sostenuti per la lottizzazione.
1.7. – Mediante il loro settimo mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti lamentano la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 82, comma 1 (poi art. 68 TUIR, comma 1), per avere la CTR disconosciuto l’inerenza delle spese sostenute per la lottizzazione.
1.8. – Con l’ottavo strumento di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, gli impugnanti criticano il vizio di motivazione in cui è incorsa l’impugnata CTR in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’errore commesso dall’Agenzia delle Entrate nel calcolo della plusvalenza realizzata da S.S. nell’anno 2000.
1.9. – Mediante il loro nono motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti contestano la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 82, comma 1 (poi art. 68 TUIR, comma 1), per non avere la CTR calcolato la plusvalenza attribuita a S.S. nei modi di legge, pertanto conteggiandola quale differenza tra il corrispettivo percepito ed il prezzo di originario acquisto del terreno, maggiorato dei costi inerenti.
1.10. – Con il decimo mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, gli impugnanti censurano la nullità della decisione assunta dal giudice dell’appello, per avere la CTR omesso di pronunciare in materia di inapplicabilità delle sanzioni per la sussistenza di una obiettiva condizione di incertezza.
2.1. – 2.2. – 2.4. – 2.5. – I primi cinque motivi di ricorso proposti dai fratelli Saglia hanno ad oggetto, in primo luogo, l’an della pretesa tributaria, mentre i successivi cinque attengono al quantum. Ragioni di chiarezza suggeriscono di trattare in un medesimo paragrafo le questioni prevalentemente relative all’an della pretesa impositiva, che sono per tale ragione connesse. Merita di essere preliminarmente rilevato che le contestazioni proposte dai ricorrenti risultano formalmente corrette, avendo essi provveduto ad indicare in quali atti e con quali formule le avevano introdotte nei gradi di merito del giudizio.
Mediante il primo ed il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti contestano l’inapplicabilità nei loro confronti, che hanno assunto la veste di venditori, degli esiti di un accertamento con adesione stipulato dall’Ente impositore con la società acquirente dei terreni edificabili, in relazione al valore dei beni compravenduti, ai fini dell’imposta di registro. Risulta incontestato che i ricorrenti non abbiano partecipato alla procedura di accertamento con adesione svoltasi tra l’Ente impositore e l’acquirente dei terreni.
Tanto premesso, scrive la CTR che “il valore dei terreni alienati è stato accertato definitivamente a seguito del procedimento “per adesione” attivato dalla società acquirente… da ciò… l’Ufficio fiscale ha utilizzato detti valori come dati presuntivi ai fini dell’accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata, in conseguenza delle predette alienazioni, restando poi a carico dei contribuenti l’onere di provare un diverso valore eventualmente realizzato…” (sent. CTR, p. 3). In proposito, in linea con il condivisibile orientamento già espresso in materia da questa Corte, può indicarsi il seguente principio di diritto: “l’accertamento con adesione, avendo natura di concordato tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, ed essendo pertanto caratterizzato dal carattere volontario dell’adesione, non può che avere efficacia nei confronti del solo soggetto che tale adesione ha prestato, dovendo escludersi che possa acquisire valore, anche indiretto, nei confronti di chi abbia impugnato l’atto impositivo fondato sul valore accertato con adesione in relazione ad un diverso soggetto. Stante il carattere volontario dell’adesione, l’estensione degli effetti dell’accertamento con adesione relativo ad altri coobbligati può ammettersi solo in bonam partem ed in assenza di una espressa volontà contraria del contribuente” (cfr. Cass. sez. V, 8.2.2011, n. 3148, non massimata per il Ced Cass.). Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, rimanendo assorbito il terzo.
Mediante il secondo strumento di impugnazione i fratelli S. contestano il vizio di motivazione in cui è incorsa la CTR, per non aver pronunciato in materia di mancata notifica agli impugnanti degli avvisi di rettifica presupposti, e relativi alla definizione del valore dei terreni compravenduti ai fini dell’imposta di registro, e comunque per non aver pronunciato circa il vizio di motivazione dipendente dalla mancata allegazione del verbale del procedimento di adesione stipulato dalla POLIS Srl. I contribuenti affermano di aver contestato la loro mancata conoscenza degli atti di rettifica fin dal proprio ricorso introduttivo (ric., p. 17). La CTP aveva comunque richiesto la produzione degli atti di rettifica emessi nei confronti dei contribuenti, completi di ricevuta di notifica. Nel suo controricorso l’Agenzia delle Entrate ricorda che, a proposito della notifica degli avvisi di rettifica ai cinque contribuenti odierni ricorrenti, pur emergendo dalle rilevazioni telematiche l’intervenuta notifica degli avvisi, “non stato però possibile reperirne la prova cartolare” (controric., p. 3). Lamenta, peraltro, l’Amministrazione finanziaria che la contestazione relativa alla mancata comunicazione/conoscenza degli avvisi di rettifica sarebbe stata proposta per la prima volta dai contribuenti in sede di appello, affermazione che risulta però, almeno parzialmente inesatta (cfr. ric. Se.Lu., p. 4, passaggio riportato in ricorso alla p. 17). La CTR non chiarisce se abbia ritenuto tardiva la contestazione relativa alla mancata prova della notifica degli avvisi di accertamento ai fratelli S.. Se non vi era prova della notificazione degli avvisi di rettifica, comunque, non può ritenersi che i venditori dei terreni avessero prestato agli stessi acquiescenza, come sostiene l’Ente impositore (controric., p. 5), e l’accertamento con adesione stipulato con la società acquirente avrebbe dovuto essere allegato agli avvisi di accertamento notificati ai fratelli S. ed impugnati in questa sede, ma non lo è stato. La CTR, nella sua sintetica motivazione, scrive che “il Collegio… giudica gli avvisi di accertamento sufficientemente motivati” (sent. CTR, p. 3). In materia questa Corte ha, condivisibilmente, di recente confermato il principio secondo cui “in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, lo Statuto del contribuente, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza”, Cass. sez. V, 19/11/2019, n. 29968. Non avendo la CTR chiarito le ragioni che la inducono a ritenere che i ricorrenti abbiano ottenuto legale conoscenza dell’accertamento con adesione stipulato da diverso soggetto con l’Amministrazione finanziaria, le censure proposte dai ricorrenti appaiono fondate, ed anche il secondo motivo di ricorso deve essere accolto.
Mediante il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti contestano la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR non avendo esaminato la questione che, in sede di accertamento induttivo del reddito da plusvalenza patrimoniale del valore del bene ceduto ai fini Irpef, l’Amministrazione finanziaria ha creduto di poter utilizzare quale parametro il valore venale dei terreni ritenuto accertato ai fini dell’imposta di registro, assumendo invece rilievo, a tal fine, solo il corrispettivo effettivamente percepito dai ricorrenti venditori. Con il quinto motivo di ricorso i fratelli S. contestano il vizio di motivazione in cui ritengono essere incorsa l’impugnata CTR in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la coincidenza tra il corrispettivo dichiarato nei due atti di cessione dei terreni e quello effettivamente percepito dai cedenti, pur desumibile da elementi non considerati dal giudice dell’appello.
In materia questa Corte ha espresso il condivisibile orientamento, ormai consolidato, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo)”, Cass. sez. V, 2.8.2017, n. 19227; non mancando la Corte di legittimità, più di recente, di ulteriormente chiarire che “in tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria”, Cass. sez. V, 8.5.2019, n. 12131. Anche il quarto ed il quinto motivo di ricorso devono essere pertanto accolti, fermo restando che competerà al giudice del rinvio, ove ritenuto necessario, verificare se la coincidenza tra il corrispettivo dichiarato nei due atti di cessione dei terreni, e quello effettivamente percepito dai cedenti, sia effettivamente desumibile da elementi non considerati nella decisione impugnata, come affermano i ricorrenti.
Il primo, il secondo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso devono essere pertanto accolti, rimanendo assorbiti gli ulteriori. In particolare, i motivi dal sesto al decimo attengono al quantum della pretesa impositiva ed alla irrogazione delle sanzioni, ed assumono quindi rilievo quando sia stata accertata la fondatezza della pretesa fiscale nell’an. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
La Corte.
P.Q.M.
accoglie il primo, il secondo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso proposti da S.A., S.G., S.L., S.R. e S.S., assorbiti gli ulteriori, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provvederà anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2021