Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.18529 del 30/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23558-2019 proposto da:

O.A.O., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO FERRERO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2020 dal Consigliere GIANNACCARI ROSSANA.

FATTI DI CAUSA

1.Con decreto del 21.6.2019, il Tribunale di Venezia respinse il ricorso proposto da O.A.O., cittadino nigeriano proveniente da Benin City, avverso la decisione della Commissione Territoriale di Venezia, Sezione di Padova, di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio del permesso umanitario.

1.1. Il ricorrente aveva dichiarato innanzi alla Commissione Territoriale di essere stato accusato dell’omicidio di un anziano del villaggio, appartenente ad un gruppo rivale e di avere timore di subire ritorsioni da parte degli aderenti del gruppo contrapposto e di trattamenti inumani da parte della Polizia in caso di rientro.

1.2. Il Tribunale, nel rigettare la domanda, e, per quel che ancora rileva in sede di legittimità, ritenne non credibile la versione narrata dal ricorrente, rilevando delle contraddizioni tra la versione resa in sede di modello C3, nel quale aveva fatto generico riferimento ad un contrasto tra due comunità e le dichiarazioni rese innanzi alla Commissione Territoriale, in cui aveva narrato il fatto specifico della morte dell’anziano, senza riferire del timore di essere perseguitato per il fatto delittuoso; successivamente, in sede di audizione giudiziale, aveva riferito il nome dell’anziano del villaggio ma non aveva ricordato la data della morte. Inoltre, mentre innanzi alla Commissione Territoriale, il ricorrente aveva parlato di due arresti per la morte dell’anziano, innanzi al Tribunale aveva invece dichiarato che solo una persona era stata arrestata. Infine, il giudice di merito riteneva inverosimile che, dopo il fatto delittuoso, avesse potuto vivere a Benin City per oltre un anno senza essere scoperto dalla comunità rivale e dalla Polizia.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso O.A.O. sulla base di due motivi ed ha depositato memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

2.1. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7,11,14 e 17 per avere il giudice di merito omesso l’esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, comma 1, lett. b), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, disciplina il procedimento cui il giudice è tenuto ad attenersi al fine di valutare la credibilità del ricorrente nel caso in cui lo stesso non fornisca adeguato supporto probatorio alle circostanze poste a fondamento della domanda di protezione internazionale.

1.3. La norma, testualmente riproduttiva della corrispondente disposizione contenuta nell’art. 4 della Direttiva 2004/83/CE, costituisce, unitamente al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, relativo al dovere di cooperazione istruttoria incombente sul giudice in ordine all’accertamento delle condizioni aggiornate del paese d’origine del richiedente asilo, il cardine del sistema di attenuazione dell’onere della prova, posto a base dell’esame e dell’accertamento giudiziale delle domande di protezione internazionale.

1.4. Le circostanze e i fatti allegati dal cittadino straniero, qualora non siano suffragati da prova possono essere ritenuti credibili se superano una valutazione di affidabilità fondata sui sopradescritti criteri legali, tutti incentrati sulla verifica della buona fede soggettiva nella proposizione della domanda, valutabile alla luce della sua tempestività, della completezza delle informazioni disponibili, dall’assenza di strumentalità e dalla tendenziale plausibilità logica delle dichiarazioni, valutabile non solo dal punto di vista della coerenza intrinseca ma anche sotto il profilo della corrispondenza della situazione descritta con le condizioni oggettive del paese.

1.5. La valutazione di credibilità o affidabilità del richiedente la protezione non è frutto di soggettivistiche opinioni del giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 dei 2007, art. 3, comma 5. Si tratta, di conseguenza, di uno scrutinio fondato su parametri normativi tipizzati e non sostituibili che impongono una valutazione d’insieme della credibilità del cittadino straniero, fondata su un esame comparativo e complessivo degli elementi di affidabilità e di quelli critici.

1.6. La credibilità delle dichiarazioni del richiedente la protezione non può essere esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti su aspetti secondari o isolati, quando sia mancato un preliminare scrutinio dei menzionati criteri legali previsti per la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni, specie quando il giudice di merito non abbia concluso per l’insussistenza dell’accadimento (Cassazione civile sez. VI, 14/11/2017, n. 26921; Cass. Civ. Cassazione civile sez. VI, 04/04/2013, n. 8282).

1.7.11 giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, che si attenga ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa; spetta al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cassazione civile sez. I, 02/07/2020, n. 13578).

1.8. Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato inattendibile la versione resa dal ricorrente sulla base di una valutazione atomistica del racconto, incentrato, sin dalle prime dichiarazioni contenute nel modello C3, sulla rivalità tra due gruppi e sulla morte dell’anziano del gruppo rivale.

1.9. Orbene, osserva il collegio, in primo luogo, come eventuali lacune riscontrate sia in sede di compilazione del modello C3, possono essere superate in sede giudiziaria, considerando le particolari condizioni in cui vengono assunte dette dichiarazioni, subito dopo lo sbarco e senza particolari forme di assistenza, come avviene invece innanzi alla Commissione Territoriale ed in sede giudiziale (Cass. n. 15782 del 2014).

1.10. Il giudice di merito è poi pervenuto alla valutazione di inattendibilità del racconto, rilevando discrasie relative al nome dell’anziano assassinato ed ai numero delle persone arrestate, senza tenere conto di una serie di documenti che erano decisivi per il giudizio – perchè attinenti al fatto storico per il quale il ricorrente aveva chiesto la protezione – specificamente riportati ed allegati al ricorso, in conformità all’onere di specificità. Si tratta del documento di identità del ricorrente, del suo ruolo assunto all’interno del gruppo rivale a quello dell’anziano ucciso, in relazione al quale aveva dichiarato di temere per la sua incolumità. E’ stato omesso l’esame del verbale di polizia contenente le dichiarazioni rese dal fratello in ordine al proposito dei familiari dell’ucciso di vendetta nei suoi confronti, oltre ad un articolo di giornale, che riportava tale fatto delittuoso.

1.11. Tali documenti non sono stati presi in considerazione dal giudice di merito, nonostante il loro rilievo sul “fatto storico” e benchè fossero indice dello sforzo del ricorrente di circostanziare la domanda, di provare la rivalità tra gruppi, la sua posizione di vertice e l’omicidio dell’anziano del villaggio del gruppo rivale.

1.12. Tali elementi, che hanno carattere decisivo, sono stati del tutto obliterati dal Tribunale e dovranno essere valutati dal giudice di rinvio, secondo i criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.13. Il ricorso va, pertanto accolto; il decreto impugnato va cassato e rinviato, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Venezia in persona di altro magistrato.

2. Vanno dichiarati assorbiti i restanti motivi, con i quali si censura la decisione del Tribunale in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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