Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.18530 del 30/06/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21634 – 2019 R.G. proposto da:

G.O., – c.f. ***** – elettivamente domiciliato, con indicazione degli indirizzi p.e.c., in Roma, alla via Tibullo, n. 10, presso lo studio dell’avvocato Luca Giovarruscio che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Carmela Mazzitelli lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Salerno del 19.2.2019;

udita la relazione nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del consigliere Dott. ABETE Luigi.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. G.O., cittadino del Bangladesh, formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che suo padre aveva militato nel “BNP”, partito politico che nel 2008 aveva perduto le elezioni; che egli ricorrente del pari era iscritto al “BNP”; che gli esponenti del partito avverso, l'”AL”, lo avevano minacciato di morte ed in precedenza avevano minacciato di morte ed usato violenza ai danni di suo padre; che, onde sottrarsi ai pericoli per la sua incolumità, aveva deciso di abbandonare il paese d’origine ed aveva raggiunto l’Italia.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con decreto in data 19.2.2019 il Tribunale di Salerno respingeva il ricorso proposto da G.O. avverso il provvedimento della commissione.

4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso G.O.; ne ha chiesto in base a quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che, in sede di disconoscimento della protezione umanitaria, il tribunale non ha tenuto conto della situazione di pericolo cui, in caso di rimpatrio, risulterebbe esposto in dipendenza delle minacce ricevute.

Deduce che, in sede di disconoscimento della protezione umanitaria, il tribunale non ha tenuto conto dello stato di bisogno e di necessità, in rapporto alle esigenze primarie della vita, cui, in caso di rimpatrio, risulterebbe esposto in dipendenza dell’elevatissima densità di popolazione esistente in Bangladesh, della estrema povertà del suo paese d’origine, tra i più poveri al mondo, colpito, in special modo nel distretto di Dacca, di sua provenienza, da ciclici disastri naturali, da continue inondazioni.

Deduce inoltre che ben avrebbe dovuto il tribunale avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi.

6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

Deduce che, in sede di disconoscimento della protezione internazionale, il tribunale non ha tenuto conto che, in ipotesi di rimpatrio, sarebbe esposto ad un pericolo grave ed attuale a fronte del rischio di calamità naturali, di esondazioni e siccome privo di casa e lavoro.

Deduce che il tribunale avrebbe dovuto vagliare la sua domanda di protezione alla luce di informazioni precise ed aggiornate in ordine alla situazione del suo paese d’origine.

7. Con il terzo motivo (indicato come 2.b) il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 5,6 co., e 19 T.U.I.

Deduce che ha errato il tribunale a negargli la protezione umanitaria.

Deduce che, in sede di disconoscimento della protezione umanitaria, il tribunale non ha tenuto conto che il Bangladesh versa in una situazione di povertà estrema, con una elevatissima densità di popolazione, ove per nulla è garantito il diritto all’acqua potabile, alla alimentazione, alla casa, al vestiario, in quadro sociopolitico altamente precario.

8. Con il quarto motivo (indicato come 1) il ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato.

Deduce che il decreto impugnato è nullo per omessa traduzione nella sua lingua madre.

9. Il quarto motivo (indicato come 1) di ricorso ha innegabilmente valenza preliminare; se ne impone pertanto la delibazione in via anticipata; in ogni caso il mezzo de quo è destituito di fondamento e va respinto.

10. Questa Corte spiega che, in tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale, nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5, al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione; ne consegue che la parte, ove censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un “vulnus” all’esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. (ord.) 11.7.2019, n. 18723; Cass. (ord.) 26.4.2019, n. 11295).

11. Su tale scorta si rimarca che il mezzo in disamina è del tutto generico.

Invero O.G. non ha indicato, in modo specifico e puntuale, così come avrebbe dovuto, quale menomazione al suo diritto di difesa è derivata dall’omessa traduzione dell’impugnato decreto nella sua lingua “madre”.

Nè, evidentemente, può soccorrere la generica prospettazione secondo cui “risulta violato il diritto dell’istante a conoscere l’esatto contenuto di un atto” (cfr. ricorso, pag. 14), siccome, indubitabilmente, il richiedente asilo ha esperito un ampio, articolato ricorso per cassazione.

Tal ultimo rilievo dimostra, univocamente, nonostante si assuma che nessuna sanatoria si è prodotta in dipendenza della avvenuta proposizione del ricorso per cassazione (cfr. ricorso, pag. 13), che il decreto del Tribunale di Salerno per nulla è risultato “oscuro”.

12. I rilievi, che la delibazione del primo, del secondo e del terzo motivo di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei medesimi mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

13. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c); tale apprezzamento “di fatto” è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. Cass. (ord.) 5.2.2019, n. 3340).

14. In questi termini, nel solco dunque della previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si rappresenta quanto segue.

Da un canto, il tribunale ha dato compiutamente conto dell’inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente.

Segnatamente – e tra l’altro – ha specificato che il ricorrente non era stato in grado di fornire alcuna precisazione in ordine alle modalità della sua pretesa militanza partitica ed aveva mostrato di non aver alcuna conoscenza del partito politico cui aveva asserito di essere iscritto (cfr. decreto impugnato, pagg. 5 – 6).

D’altro canto, il ricorrente senza dubbio sollecita questa Corte a far luogo ad una “diversa lettura” delle sue dichiarazioni (cfr. ricorso, pagg. 5 e 9).

15. Si tenga conto che nel giudizio relativo alla protezione internazionale del cittadino straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare – ben vero, al di là dell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento; cosicchè, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo a un approfondimento istruttorio ulteriore, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass. (ord.) 20.12.2018, n. 33096; Cass. 12.6.2019, n. 15794).

16. Su tale scorta del tutto ingiustificata è la censura concernente il mancato esercizio da parte del tribunale, anche ai fini dell’invocata protezione umanitaria, dei poteri istruttori officiosi (cfr. ricorso, pagg. 5 e 10).

Su tale scorta del tutto legittimo è il disconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b).

17. Il ricorrente non ha censurato in modo specifico e puntuale il disconoscimento della protezione sussidiaria ex lett. c) dell’art. 14 cit..

In ogni caso, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), implica un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).

18. In questi termini, analogamente nel solco dell’art. 360 c.p.c., comma 5, n. 1, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si osserva quanto segue.

Per un verso, nessuna “anomalia motivazionale” si scorge in ordine alle motivazioni alla stregua delle quali il Tribunale di Salerno ha negato la protezione sussidiaria ex lett. c) dell’art. 14 cit.

Per altro verso, il ricorrente non adduce fonti di informazione recenti, specifiche e puntuali sulla situazione sociopolitica attualmente esistente nella regione del Bangladesh di sua provenienza, da cui possa desumersi l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitti armati interni o internazionali (cfr. Cass. 18.2.2020, n. 4037, secondo cui, in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate).

19. In tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, questa Corte senza dubbio spiega che la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di “rifugiato” o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (cfr. Cass. 15.5.2019, n. 13079; cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455).

20. Su tale scorta si osserva che il giudice del merito ha puntualizzato che, in considerazione dell’inattendibilità delle dichiarazioni all’uopo rese, non si aveva riscontro di peculiari situazioni di vulnerabilità cui il ricorrente sarebbe stato esposto in ipotesi di rimpatrio.

Sostanzialmente il tribunale ha opinato, con valutazione “in fatto” del tutto congrua, che non era stato acquisito riscontro dello “sradicamento” del richiedente asilo dal suo contesto d’origine.

21. In questi termini le ragioni di censura in punto di “umanitaria” – “disordinatamente” veicolate dai primi tre mezzi di impugnazione – al più sollecitano, indebitamente (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153), questa Corte a riesaminare circostanze rilevanti in rapporto al giudizio “di fatto” inevitabilmente postulato dalla valutazione comparativa, caso per caso, necessaria ai fini del riscontro della condizione di vulnerabilità – e soggettiva e oggettiva – del richiedente.

22. In ogni caso il dictum salernitano anche in punto di “umanitaria” è ineccepibile in diritto.

23. Si rimarca in primo luogo che nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

24. Si rimarca in secondo luogo che, in tema di protezione umanitaria, la condizione di vulnerabilità che legittima il rilascio del permesso di soggiorno di cui alla L. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non comprende quella di svantaggio economico o di povertà estrema del richiedente asilo, perchè non è ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire ai cittadini stranieri parametri di benessere o di impedire, in caso di rimpatrio, l’insorgere di gravi difficoltà economiche e sociali (cfr. Cass. (ord.) 6.11.2020, n. 24904).

25. Si rimarca infine che i disastri naturali che ciclicamente colpiscono il Bangladesh, sono allegati in linea generale, in un quadro che, in dipendenza della ritenuta, argomentata inattendibilità delle dichiarazioni all’uopo rese, non si correla puntualmente alla persona del ricorrente (cfr. Cass. (ord.) 15.5.2019, n. 1308, secondo cui, ai fini del riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, è necessario considerare la specificità della condizione di particolare vulnerabilità del richiedente).

26. Il Ministero dell’Interno di fatto non ha svolto alcuna difesa. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

27. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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