Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.18604 del 30/06/2021

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La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15851/2019 proposto da:

O.M., e S.S.D., rappresentati e difesi dall’Avv. Rosa E. Lo Faro, giusta procura ricorso per cassazione.

– ricorrenti –

e Il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania.

– intimato –

avverso il decreto della Corte di appello di Catania n. 46/2019 dell’8 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19 aprile 2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

Che:

1. Con decreto dell’8 aprile 2019, la Corte di appello di Catania ha rigettato il reclamo proposto da O.M. e S.S.D., avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Catania che aveva respinto l’istanza presentata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, di potere rimanere in Italia, dovendo accudire i figli minorenni O.A.I., nato a *****; O.F., nata a *****; O.K., nata a ***** e O.I., nato a *****.

2. La Corte di appello, dopo avere precisato che la S. era soggetto soggiornante in Italia regolarmente perchè in possesso di carta a durata illimitata e che i quattro figli ne seguivano la condizione, così da doversi ritenere come non emessa nei suoi confronti la statuizione di primo grado che aveva rigettato l’istanza di autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31 (peraltro mai avanzata), quanto al padre dei minori, affermava che non sussisteva il pericolo di sdradicamento dei minori stante il pieno diritto del di lui coniuge a permanere sul territorio italiano; che egli, dopo essere stato denunciato il 7 aprile 2012 per il delitto di furto in abitazione, era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il reato di tentato furto di autovettura commesso in data 7 maggio 2017, così dimostrando l’assenza di remore al rispetto delle regole di convivenza; che, in ogni caso, non era garantita ai minori la bigenitorialità data la possibilità, non remota, di una carcerazione del reclamante.

3. Avverso detto decreto ricorrono O.M. e S.S.D. con atto affidato a due motivi.

4. La Procura intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e); contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo la Corte di appello fondato la motivazione soltanto sui precedenti penali del padre e non valutando i gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale, oppure futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare del minore; che la madre viveva in Italia da sette anni e non conosceva le tradizioni della propria terra di origine, mentre i quattro figli erano nati in Italia, studiavano in Italia e avevano una cultura esclusivamente italiana.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in ordine alla mancata dichiarazione di pericolosità sociale, per avere la Corte d’appello erroneamente valutato la situazione familiare e interpretato contra ius i gravi motivi, non procedendo anche ad una valutazione statica della situazione familiare e tralasciando anche qualsiasi valutazione futura sulla conseguenza dell’allontanamento del padre e ogni giudizio sulla attualità della pericolosità sociale di quest’ultimo, in assenza di sentenze definitive passate in giudicato.

2.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perchè connessi, sono fondati.

2.2 In tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore, la tutela prevista nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, si fonda sul presupposto dell’esistenza del diritto del minore alla permanenza sul nostro territorio senza perdere, ancorchè soltanto a determinate condizioni, la relazione genitoriale con il cittadino straniero che sia sfornito di un titolo di soggiorno.

Il legislatore, nel citato art. 31, comma 3, chiarisce che la valutazione da svolgere ha ad esclusivo oggetto l’accertamento del grave disagio sullo sviluppo psico-fisico del minore derivante dall’allontanamento coattivo dei genitori dal territorio italiano e il diritto alla genitorialità, anche in deroga alle disposizioni che regolano l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini stranieri.

In particolare, la norma prevede che lo speciale permesso di soggiorno ivi previsto possa essere concesso per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore.

2.3 Il consolidato orientamento di questa Corte è nel senso che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto (Cass., Sez. U., 25 ottobre 2010, n. 21799; Cass., 7 settembre 2015, n. 17739; Cass., 12 dicembre 2017, n. 29795).

Le Sezioni Unite richiamate hanno, altresì, evidenziato che deve essere sempre svolta una valutazione prognostica che non richiede l’esistenza di condizioni di emergenza o di circostanze contingenti od eccezionali strettamente collegate alla salute del minore, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave con la precisazione che deve trattarsi di situazioni di non lunga ed indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che si concretino in eventi traumatici e non prevedibili non rientranti nel normale disagio dovuto al rimpatrio di un familiare (Cass., Sez. U., 25 ottobre 2010, n. 21799; Cass., 3 marzo 2020, n. 5938).

Inoltre, è stato precisato che del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, non può essere interpretato in senso restrittivo, tutelando il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, sicchè la norma comprende ogni danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione (Cass., 21 febbraio 2018, n. 4197).

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, poi, precisato che la condanna per uno dei reati considerati ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto (Cass., Sez. U., 12 giugno 2019, n. 15750).

Anche di recente questa Corte ha ribadito che i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psico-fisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa e che la normativa in esame non può essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori (Cass., 16 gennaio 2020, n. 773).

2.4 Alla luce dei principi richiamati va osservato che la configurabilità del predetto pregiudizio non è stata del tutto considerata dalla Corte territoriale, che ha soltanto evidenziato i precedenti penali a carico del padre, così omettendo l’analisi di merito che doveva essere incentrata sui minori, oltre che sul ruolo genitoriale nell’accompagnamento dei minori nel loro percorso di integrazione sul territorio nazionale.

2.5 Questa Corte, in riferimento a casi analoghi a quello in esame, ha posto in risalto la ratio dell’art. 31 richiamato, consistente nell’evitare al minore danni rilevanti che possano pregiudicarne la crescita, precisando che ai fini della sua applicazione deve conferirsi rilievo anche all’età prescolare del minore e al suo eventuale radicamento in un Paese nel quale i genitori stanno cercando di inserirsi acquisendo il diritto di soggiornarvi e prestare regolarmente attività lavorativa ed affermando, in ogni caso, che il rigetto richiede una motivazione rigorosa, fondata su elementi seri ed oggettivi, tali da fare ritenere inevitabile il predetto esito (Cass., 7 settembre 2015, n. 17739, cit; Cass. 12 dicembre 2017, n. 29795, cit.).

2.6 Nel caso in esame, tale esigenza non è stata tenuta in considerazione dal decreto impugnato, che si è limitato a formulare una prognosi negativa su elementi non riguardanti specificamente i minori (quanto i precedenti penali del padre) e sottolineando la circostanza che, in ogni caso, l’altro genitore era presente e che vi era la remota possibilità di una carcerazione del reclamante, mancando, per converso, una prognosi sugli effetti dell’allontanamento del padre sui figli minori.

In tal modo, spostando l’oggetto del giudizio prognostico dalle esigenze esistenziali ed educative dei figli dei ricorrenti alla prospettiva del padre, privilegiando l’analisi di quest’ultimo a scapito di quella dei quattro figli minori, tutti nati in Italia e perfettamente integrati nel mondo scolastico; nè i giudici di secondo grado hanno operato una valutazione concreta sul bilanciamento degli effetti dell’allontanamento del padre sui figli minori e il pericolo di ordine pubblico, soltanto richiamato nel provvedimento impugnato.

La valutazione della pena in espiazione, infatti, è un criterio che non rientra tra quelli elaborati dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 17750 del 2019, richiamata, che invece prevede un giudizio di bilanciamento, del tutto omesso nel caso in esame, tra la gravità del reato commesso e l’interesse dei minori a non essere esposti al grave disagio psicofisico così come indicato nell’art. 31, comma 3, criterio preminente di giudizio ancorchè non assoluto.

In particolare, la Corte di merito non si è posta il problema delle difficoltà di ambientamento che i figli, nati in Italia e quivi vissuti ininterrottamente, potrebbero incontrare a causa dell’allontanamento del padre, figura peraltro quasi sempre presente, unitamente a quella della madre.

3. Il decreto impugnato va, pertanto, cassato, in ossequio al menzionato principio di diritto, con il conseguente rinvio della causa alla Corte di appello di Catania in altra composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in parte motiva, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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