LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5384-2018 proposto da:
P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 46, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA SCOPELLITI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSARIO INFANTINO;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del Presidente pro tempore, MINISTERO dell’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, tutti in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati s difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrenti – ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 1504/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/08/2017 R.G.N. 122/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/02/2021 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
il P.M. in persona del Scsttuto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1504 del 2017, nel decidere sull’impugnazione proposta da P.V. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero della salute e del Ministero del lavoro, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Catanzaro, ha confermato la sentenza di primo grado che non aveva accolto nè la domanda di parametrazione della borsa di studio al D.P.C.M. 7 marzo 2007, nè la domanda di rideterminazione triennale dei compensi, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 257 del 1991.
2. La Corte d’Appello, in particolare, pur affermando l’applicabilità della disciplina sulla rideterminazione triennale, ha statuito che la norma di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1, non prevedeva come e in che misura dovesse procedersi alla rideterminazione medesima della borsa, lasciando ampi margini di discrezionalità all’amministrazione, di talchè non era possibile individuare non solo il quantum, ma neanche l’an della pretesa azionata, con conseguente rigetto della domanda.
3. Esponeva il giudice di appello che la P. aveva agito in giudizio deducendo di aver frequentato dall’anno accademico 2002/2003 all’anno accademico 2005/2006, la scuola di specializzazione in oftalmologia presso l’Università degli Studi della Magna Grecia, conseguendo il diploma di specialista.
Aveva ricevuto una borsa di studio dell’importo di Euro 960,00 mensile.
Nell’agosto 1999 era stato emanato il D.Lgs. n. 368 che recepiva la direttiva 93/16/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, tuttavia, nel dicembre dello stesso anno 1999, il D.Lgs. n. 517 aveva bloccato l’applicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. 39,40 e 41 e tale situazione si era sbloccata solo per gli anni successivi al 2007, per effetto del D.P.C.M. 7 marzo 2007, sicchè da quella data le borse di studio erano aumentate.
La ricorrente deduceva, quindi, che ciò dava luogo a disparità di trattamento e chiedeva l’applicazione retroattiva del trattamento di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999, con disapplicazione della decorrenza fissata a far data dal 2007. Deduceva altresì che l’importo doveva essere rideterminato ogni tre anni.
4. Il Tribunale, dichiarato il difetto di legittimazione dei Ministeri convenuti, rigettava la domanda.
5. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado. Ha ritenuto che non poteva farsi applicazione retroattiva del D.P.C.M. del 2007, e ha inoltre affermato che la ricorrente non aveva specificato l’inadeguatezza, rispetto alla normativa comunitaria, del compenso mensile attribuito ex D.Lgs. n. 257 del 1991.
Nè era rilevabile la violazione dell’art. 36 Cost.
Il giudice di appello ha inoltre confermato il rigetto della richiesta di rideterminazione triennale dei compensi ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991 (art. 6, comma 1).
6. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre P.V., prospettando un unico motivo di ricorso.
7. Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato la Presidenza del Consiglio dei ministri.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con particolare riferimento: 1) alle direttive 93/16/CEE, nella parte in cui abroga e sostituisce le direttive 362/75/CEE, detta direttiva “riconoscimento”, 363/75/CEE detta direttiva IL “coordinamento”, e 82/76/CEE, alle quali il legislatore avrebbe dovuto uniformarsi entro il termine, lasciato inalterato dalla direttiva 93/16/CEE; 2) al D.Lgs. n. 257 del 1991; 3) al D.Lgs. n. 368 del 1999; 4) ai principi di cui alla sentenza Cass., n. 10813 del 2011; 5) al D.P.C.M. 7 marzo 2007, nonchè ai principi di cui alle sentenze della CGUE Carbonari, causa C-131/97, Gozza, causa C-371/97; 6) ai principi enunciati da Cass., S.U., n. 9147 del 2009; 7) all’art. 21 della Carta di Nizza e all’art. 14 della CEDU; 8) al D.L. n. 384 del 1992, art. 7, commi 1 e 5, e ai principi enunciati da Cass., n. 18562 del 2012.
1.2. La ricorrente premette di aver frequentato e portato a termine il corso di specializzazione medica in Oftalmologia presso l’Università degli Studi di Catanzaro “Magna Grecia”, negli anni accademici dal 2002 al 2007 e di avere conseguito il 24 gennaio 2007 il relativo diploma di specializzazione.
Deduce, in particolare, che, in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie, così come verificatosi nella specie, sorge il diritto al risarcimento dei danno in ragione dell’inadempimento dell’obbligazione gravante ex lege sullo Stato, come peraltro affermato dalla giurisprudenza Eurounitaria.
La direttiva n. 93/16/CEE non aveva solo carattere compilativo rispetto alle precedenti direttive.
Il D.Lgs. n. 368 del 1999, quindi, aveva dato attuazione alla direttiva 93/16 CEE definendo un nuovo quadro normativo dei rapporti fra le strutture universitarie ed i medici in formazione specialistica, più favorevole per questi ultimi. Tuttavia, tale decreto legislativo avrebbe illegittimamente differito nel tempo l’efficacia delle norme relative al contratto di formazione specialistica, per cui a tutti coloro che avevano frequentato le scuole di specializzazione dell’area medica nel periodo ricompreso fra l’entrata vigore del D.Lgs. n. 368 del 1999 fino all’anno accademico 2006-2007 era stato illegittimamente applicato il trattamento di minor favore previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991.
La complessa modalità attuativa della direttiva 93/16/CEE, violava i principi generali del diritto comunitario enucleati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, nonchè quelli affermati dalla giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità dello Stato per inadempimento ex lege per la tardiva trasposizione della direttiva.
La ricorrente ha censurata anche la statuizione relativa alla mancata attribuzione della rideterminazione triennale, sia per la contraddittorietà della motivazione, sia in quanto il diritto a beneficiare della suddetta rideterminazione costituiva principio riconosciuto dalla giurisprudenza.
2. Il motivo è in parte non fondato e in parte inammissibile.
2.1. La prima censura esposta nel motivo, relativa alla tardiva trasposizione della direttiva, nei diversi profili esposti nel motivo, non è fondata.
Analoga questione ha già costituito oggetto di esame da parte di questa Corte (ex aliis, Cass., n. 6355 del 2018, n. 8380 del 2020, n. 1677 del 2021), ai cui principi si intende dare continuità.
Si è in particolare osservato (citate Cass., ord. n. 6355 del 14 marzo 2018, Cass., ord. n. 1677 del 26 gennaio 2021) che il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto una adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la L. 29 dicembre 1990, n. 428 e con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (che ha riconosciuto agli specializzandi una borsa di studio pari ad Euro 11.603,52 annui), e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368.
Quest’ultimo decreto, nel recepire la direttiva CEE n. 93/16 (che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive CEE n. 75/362 e n. 75/363, con le relative successive modificazioni), ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato “contratto di formazione lavoro” e successivamente “contratti formazione specialistica”) da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali.
Tale contratto, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, nè è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost., ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto.
Ai sensi della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 300, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono divenuti applicabili solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007; il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato, quindi, in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007.
Per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006/2007 si è espressamente disposto che continuasse ad operare la precedente disciplina di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (sia sotto il profilo ordinamentale che sotto il profilo economico).
2.2. Questa Corte ha quindi ribadito che la Direttiva CEE n. 93/16 non ha d’altra parte carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione.
La previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre), e i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.
L’importo della predetta borsa di studio è, dunque, da ritenersi di per sè sufficiente e idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunzie di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso D.Lgs. n. 257 del 1991 e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che “nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, nè sono posti i criteri per la determinazione della stessa” (l’indirizzo trova indiretta conferma nella stessa sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria).
Il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in base alla L. n. 266 del 2005), e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono pertanto ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi.
2.3. Quanto al secondo profilo di censura esposto nel motivo, relativo alla rideterminazione triennale della borsa, va osservato che lo stesso è carente quanto ai requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che rispondono ad un’esigenza che non è di mero formalismo, perchè solo l’esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure.
Nella specie, la Corte d’Appello, dopo avere dedotto, con un affermazione di carattere generale, che la rideterminazione triennale della borsa non era compresa nel blocco, ha rigettato l’appello della ricorrente, affermando che la disciplina invocata “non consente di individuare non solo il quantum, ma nemmeno l’an della pretesa azionata”, così ravvisando una carenza di allegazione nella prospettazione della ricorrente, quanto al petitum e alla causa petendi.
In ordine a tale statuizione la ricorrente non svolge censure adeguate nell’osservanza dei suddetti oneri, incentrando la doglianza in modo generico sulla applicabilità della rideterminazione e sulla contraddittorietà della motivazione.
Tale carenza risulta ancor più rilevante laddove si consideri che la giurisprudenza consolidata di questa Corte (ex aliis, Cass., n. 24407 del 2020, n. 4449 del 2018) ha affermato che l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1.
3. Il ricorso deve essere rigettato.
4. Al rigetto del ricorso principale segue l’assorbimento del ricorso incidentale, articolato in un motivo e condizionato all’accoglimento del secondo profilo di censura prospettato nel motivo del ricorso principale.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale. Assorbito il ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021