Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.19847 del 12/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1601-2020 proposto da:

B.I., alias I.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORANO 95, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FAPAON, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA FARAoN;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della protezione Internazionale di Vicenza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 4776/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/11/2019 R.G.N. 2407/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/202: dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 5 novembre 2019, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello di B.I. (alias I.B.), cittadino senegalese, avverso l’ordinanza di primo grado di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. essa riteneva, come già il Tribunale, la scarsa credibilità del richiedente, che aveva raccontato di aver lasciato la regione di ***** del ***** dopo aver ricevuto (il 23 aprile 2014) una convocazione della gendarmeria, intervenuta negli ultimi anni a sedare gli attacchi dei ribelli indipendentisti, temendo di esserne arrestato come altri giovani, in quanto accusati o sospettati di essere tali o di collaborare con loro: benché, in realtà, dopo una prima incursione nel 2007 nel suo villaggio (nella quale il fratello era ucciso e i ribelli avevano distrutto il negozio da questi gestito con il padre), egli avesse cercato di mettersi in salvo da loro, insieme con il padre e la madre in altro villaggio della regione, dove peraltro nel 2012 avevano subito un altro attacco, nel quale il padre era ferito ai piedi, ma egli riusciva (mentre i ribelli prelevavano a forza tutti i giovani per deportarli al confine con la *****) a riparare altrove (a *****) fino al 2014;

3. il racconto appariva poco credibile, perché generico e contraddittorio, oltre che incoerente e non documentato e la Corte territoriale negava pertanto, anche avendo escluso una situazione di violenza indiscriminata nella regione del ***** gravemente rischiosa in caso di rimpatrio, sulla base di fonti informative specificamente indicate, la ricorrenza dei presupposti delle misure di protezione rìchieste, neppure avendo lo straniero allegato, in riferimento alla protezione umanitaria, condizioni di concreta vulnerabilità;

4. con atto notificato il 7 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, per mancato approfondimento della situazione socio-politica del Paese di provenienza, di cui evidenziate le criticità con censure non esaminate, in relazione al movimento indipendentista del *****, non essendo ancora sopito il conflitto tra ribelli e forze governative e rischiando personalmente di essere accusato di tradimento da entrambe il parti, pur nella vigenza di una tregua, richiamando fonti relative alle condizioni delle carceri in *****, quindi lamentando il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria o umanitaria (unico motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il motivo è generico, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa confutazione, tanto meno specifica, delle argomentate ragioni della sentenza impugnata, neppure confrontandosi con l’affermazione, già di per sé risolutiva, di riproduzione pedissequa dall’appellante del”/e ragioni dell’opposizione, senza tuttavia censurare in modo specifico alcuno dei passaggi motivazionali dell’ordinanza appellata; dunque l’impugnazione altresì priva del benché minimo requisito di specificità” (così al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);

3.1. in ogni caso, è noto l’obbligo del giudice di un accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075), secondo un consolidato indirizzo per il quale le fonti di informazioni devono essere attendibili, puntualmente indicate e aggiornate a tale momento (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 maggio 2020, n. 8819): sicché, il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengano tratte le conclusioni assunte (Cass. 20 maggio 2020, n. 9230);

3.2. ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non è peraltro sufficiente una mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, occorrendo che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo essa contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla Corte di Cassazione l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769);

3.3. nel caso di specie, la Corte territoriale ha compiuto una disamina puntuale ed argomentata della più recente evoluzione della situazione di conflittualità interna del *****, regione di provenienza del richiedente, sulla base di fonti informative specificamente indicate e aggiornate fino ad alcuni mesi prima della decisione, criticamente valutate (in particolare ai p.ti 13 e 14 di pgg. 6 e 7 della sentenza), cui il ricorrente ha meramente contrapposto fonti alternative, neppure più recenti, relative a “Condizioni delle carceri, *****” (in *****, sito non riconducibile ad alcuna fonte ufficiale e pertanto priva di attendibilità: Cass. 16 ottobre 2020, n. 22527), di cui ha trascritto un estratto (recante alla fine come fonti: “amnesty.it/rapporti-annuali/”, senza una più specifica indicazione di riferimento), riguardante una questione non trattata dalla sentenza, né risultante specificamente prospettata dal richiedente, con evidente profilo di novità;

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021

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