LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10895/2016 proposto da:
S.C., S.P., elettivamente domiciliati in Roma, via Giuseppe Ferrari n. 11, presso lo studio dell’avvocato Tirone Massimo, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
UniCredit s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Leonida Bissolati n. 76, presso lo studio dell’avvocato Spinelli Giordano Tommaso, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 99/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 29/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/02/2021 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- Nel luglio 2007, S.C. e S.P., nella veste di eredi di A.B.I., hanno convenuto avanti al Tribunale di Isernia la s.p.a. Capitalia. Hanno chiesto l’accertamento della nullità di talune clausole contenute nel contratto di conto corrente, che la defunta aveva intrattenuto con la Banca, e la conseguente condanna di questa alla restituzione delle somme indebitamente percepite.
2.- Con sentenza depositata nel febbraio 2009, il Tribunale ha parzialmente accolto le pretese così articolate.
3.- S.C. e P. hanno proposto appello avanti alla Corte di Campobasso. Con sentenza depositata il 29 aprile 2015, questa ha ritenuto “non istaurato il rapporto processuale con la Soc. Unicredit Banca di Roma e per l’effetto dichiarato l’improcedibilità dell’appello con riferimento alla posizione di tale società”; “dichiarato, quanto al resto, l’inammissibilità dell’appello” e, “per l’effetto, confermato l’impugnata decisione”.
4.- La Corte territoriale ha riscontrato, in proposito, che la “vocatio in ius contenuta nell’atto di citazione in appello riguarda “Unicredit s.p.a.” (ex Capitalia s.p.a.)…, nonché Unicredit Banca di Roma s.p.a.”.
Ha poi rilevato che la notificazione nei confronti di Capitalia, essendo stata effettuata presso lo studio del difensore, non risulta idonea a costituire il rapporto processuale, “essendo di tutta evidenza che gli appellanti hanno inteso citare soltanto Unicredit s.p.a. e Unicredit Banca di Roma s.p.a.”.
Rispetto alla posizione di quest’ultima, inoltre, la Corte molisana ha constatato la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della notifica e la conseguente assenza della prova della instaurazione del rapporto processuale. Con conseguente improcedibilità, per il relativo profilo soggettivo, del proposto appello.
“Per la verità, detto avviso” – ha proseguito la sentenza – “non risulta in atti nemmeno per Unicredit s.p.a., la quale però si è costituita in giudizio”. Pure nei confronti di questa società – ha rilevato la pronuncia – l’appello deve comunque ritenersi inammissibile.
5.- “Gli appellanti non hanno tempestivamente allegato le ragioni della dedotta successione nel rapporto controverso di detta società” (ovvero di Unicredit s.p.a.). Tali ragioni – si è precisato – non sono evincibili “da quanto dedotto in ordine alla “legittimazione passiva”, stante l’evidente genericità e fumosità delle affermazioni fatte al riguardo”: “gli appellanti non hanno né allegato, né spiegato le ragioni per cui si sarebbe passato da Unicredito italiano s.p.a. a Unicredit s.p.a.”. E neppure risultano evincibili dalle “parole “ex Capitalia s.p.a.” riportate in calce alle parole “citano: 1) Unicredit s.p.a.””: in quanto tali parole “possono essere indicative di diverse situazioni presupposte”;
incorporante di Capitalia, sia perché la legittimazione va vagliata alla stregua dell’atto di citazione, sia perché si tratta di questione rilevabile d’ufficio”, attenendo appunto alla legittimazione, “sia perché da detto comportamento processuale potrebbero, al più, trarsi argomenti di prova”. Del resto – si aggiunge ancora -, “il certificato notarile di avvenuta fusione, inserito in copia nel fascicolo di Unicredit, non è utilizzabile, non risultando offerto in comunicazione, né indicato nell’indice degli atti di parte, né menzionato nei verbali di causa”.
6.- Avverso questo provvedimento, S.C. e P. hanno proposto ricorso, svolgendo un motivo di cassazione.
Ha resistito, con controricorso, Unicredit. s.p.a..
RAGIONI DELLA DECISIONE
7.- Il ricorso assume la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 101,110 e 156 c.p.c., nonché degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c..
Sostengono i ricorrenti che la Corte molisana ha errato, prima di tutto, nel ritenere che l’atto di citazione in appello non abbia allegato che Unicredit s.p.a. è succeduta a Capitalia s.p.a. nel rapporto controverso. A tale proposito, riportano uno stralcio di questo atto l'”appello viene notificato anche alla Unicredit Banca di Roma, poiché a seguito di varie fusioni per incorporazione tra Capitalia s.p.a. e Unicredito Italiano s.p.a., essendo i rapporti di conto corrente per cui è causa intrattenuti con l’allora Banca di Roma s.p.a., sembra che Unicredit s.p.a. abbia conferito il ramo di azienda dei contratti ex Banca di Roma proprio a quest’ultima”), per rilevare di avere in tal modo ricondotto la “successione di Unicredit s.p.a. a Capitalia s.p.a. a una fusione per incorporazione”.
“successione di Unicredit s.p.a. a Capitalia s.p.a. a una fusione per incorporazione”.
I ricorrenti rilevano, inoltre, che la Corte molisana ha errato pure nel ritenere che della fusione in questione non sia stata acquisita la prova. Ricordano, al riguardo, che Unicredit s.p.a. si è costituita nel giudizio di appello dichiarando espressamente di essere “incorporante per fusione Capitalia s.p.a., con effetto dal 1 ottobre 2007, in virtù di atto per notaio M.P….”. E sostengono, in particolare, che la mancata valutazione del certificato notarile di avvenuta fusione da parte della Corte territoriale non risulta in nessun modo giustificabile, se non altro perché le “regole attinenti alla produzione di documento sono stabilite nell’esclusivo interesse delle parti diverse da quella che effettua il deposito” (per l’appunto compiuto, nella specie, dalla stessa Unicredit s.p.a.).
8.- Il ricorso è fondato.
Secondo quanto riportato dalla sentenza impugnata, nel costituirsi nel giudizio di appello la s.p.a. Unicredit ha dichiarato in modo espresso di farlo “nella qualità di incorporante per fusione di Capitalia” e ha senz’altro chiesto il “rigetto dell’appello con il favore delle spese”.
Ora, stante il vigente testo dall’art. 2504 bis c.c., nel caso di fusione per incorporazione l’incorporante “assume i diritti e gli obblighi” della società incorporata. Col che si viene propriamente a delineare un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso per atto tra vivi ex art. 111 c.p.c. (cfr., per tutte, Cass., 27 aprile 2015, n. 8477).
Fermati questi dati, occorre adesso ricordare che, nella giurisprudenza di questa Corte, il fenomeno della successione per atto tra vivi a titolo particolare nel diritto controverso, di cui all’art. 111 c.p.c., risulta “concernere la titolarità attiva e passiva” del rapporto sostanziale e dell’azione; e non già il tema della legittimazione a stare in giudizio (cfr. Cass., 23 ottobre 2014, n. 22503).
Ne segue in via diretta che la questione oggetto di esame non ha tratto processuale, come per contro ritenuto dalla sentenza della Corte molisana. Attiene, per contro, al merito della lite; e in questi termini, dunque, va correttamente impostata.
9.- La sentenza di Cass., Sezioni Unite, 16 febbraio 2016, n. 2951 ha rilevato che, in principio, la “titolarità, costituendo un elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio può essere negata dal convenuto con una mera difesa e cioè con una presa di posizione negativa”; come pure ha riscontrato che la relativa questione “può anche essere sollevata d’ufficio dal giudice”.
“Tuttavia” – hanno nel contempo puntualizzato le Sezioni Unite -, la “presa di posizione assunta dal convenuto con la comparsa può avere rilievo, perché può servire a rendere superflua la prova dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarità del diritto”.
Il che avviene, in modo particolare, nell’eventualità “in cui il convenuto riconosca il fatto posto dall’attore a fondamento della domanda oppure articoli una difesa incompatibile con la negazione della sussistenza del fatto costitutivo”.
10.- Ciò posto, va adesso osservato, in termini conclusivi, che nel caso in esame il comportamento in concreto tenuto dalla convenuta in appello Unicredit s.p.a. non è si limitato a non contestare l’attuale riferibilità a sé del rapporto controverso (sì da potere magari anche porre, se tale fosse stato il comportamento tenuto, un dubbio sulla lettura da dare al comportamento in concreto dal convenuto; e su questo tema v. ancora cfr. la citata pronuncia delle Sezioni Unite, nonché la più recente decisione di Cass., 27 giugno 2018, n. 16904).
Ha positivamente affermato, invece, la propria titolarità nel rapporto controverso in giudizio, pure fornendo, in via diretta e spontanea, la prova della pertinente vicenda “successoria”.
11.- All’accoglimento di ricorso segue che va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Campobasso che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese dl giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Campobasso che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese dl giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021
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