Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20197 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14251/2020 r.g. proposto da:

D.A., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’avvocato Antonio Gregorace, presso il cui studio in Roma, via della Giuliana n. 31, e’ elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, depositata in data 01.7.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 8/3/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da D.A., cittadino del Mali richiedente asilo, avverso l’ordinanza emessa in data 27.3.2018 dal Tribunale di Venezia, che aveva a sua volta respinto le domande di protezione internazionale ed umanitaria da questi avanzate.

D. aveva riferito di essere stato costretto a fuggire dal suo Paese perché il marito della sua amante aveva scoperto la relazione adulterina, dalla quale era anche nato un figlio, e lo aveva minacciato di morte ed anche perché doveva provvedere al mantenimento del bambino.

La corte territoriale, premesso che non era stata impugnato il capo dell’ordinanza che aveva respinto la domanda di asilo, ha ritenuto: a) che la vicenda narrata, oltre ad essere complessivamente inattendibile, non integrava i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a) e b); b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla regione del Mali (Kayes) di provenienza del richiedente, non interessata, a differenza delle regioni settentrionali, da un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neppure sotto il profilo della protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché la situazione interna del Mali non evidenziava condizioni di potenziale vulnerabilità del richiedente.

2. La sentenza, pubblicata il 30.9.2020, è stata impugnata da D.A. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di (non indicate) norme di diritto, per aver la corte d’appello rigettato la domanda di protezione internazionale, ritenendo che sul punto si fosse formato giudicato e limitandosi ad affermare di non ritenere sussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato – peraltro neppure avanzata – nonostante la gravità della situazione in cui versa il Mali.

2. Con il secondo mezzo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, nonostante le attuali condizioni socio-politiche del Paese di origine.

3. Con il terzo motivo lamenta violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

4. Va preliminarmente rilevato che, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 1, non può tenersi conto della documentazione inammissibilmente allegata dal ricorrente alla memoria difensiva del 25.2.2021.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Già il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità, posto che il ricorrente sembra dapprima lamentare l’omesso esame (o il rigetto immotivato) della domanda di asilo, per poi riconoscere di non averla proposta e che, per il resto, la censura lamenta un difetto di motivazione dell’ordinanza del “giudice di primo grado”, non si confronta con la principale ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata, e cioè con la valutazione di complessiva non credibilità del racconto, e cita fonti (meno recenti di quelle consultate dalla corte d’appello) che non smentiscono l’accertamento del giudice a quo circa l’insussistenza nella regione di Kayes – nonostante anche lì vi sia stato un incremento delle azioni terroristiche – di una situazione di violenza indiscriminata determinata da un conflitto armato generalizzato.

4.2 Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto formulato in via meramente assertiva (“…l’ipotesi sub c) ricorre certamente”…; “…vista la zona di provenienza del ricorrente, in cui è acclarata la sussistenza di un conflitto armato…”), senza che il contrario accertamento della corte del merito sia sottoposto a critiche di sorta.

4.3 Ad analoghe conclusioni conduce l’esame del terzo motivo, che lamenta il rigetto della domanda di protezione umanitaria sulla scorta di considerazioni astratte, senza chiarire perché la motivazione sulla quale si fonda il capo della decisione impugnato sarebbe “erronea e contraddittoria”.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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