Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20265 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1705-2020 proposto da:

A.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO SANNONER;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA CROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, Sezione di Ancona, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 13867/2019 del TRIBUNALE DI ANCONA, depositato il 18/11/2019 R.G.N. 1186/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Ancona con decreto pubblicato il 18.11.2019, ha respinto il ricorso proposto da A.S., cittadino del *****, avverso il provvedimento con il quale la Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato le istanze volte invia gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

2. il Tribunale ha ritenuto insussistenti i requisiti richiesti per il riconoscimento delle diverse misure di protezione invocate, posto che il richiedente non ha allegato alcun motivo concernente eventuali persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche appartenenza a gruppi sociali (con riguardo allo status di rifugiato),,non ha descritto alcun grave danno conseguente ad un eventuale rimpatrio ma esclusivamente difficoltà economiche, e risultando lo Stato di provenienza una zona non interessata da violenze di gruppi terroristici (con riguardo alla protezione sussidiaria), ne ha descritto situazioni di violazione dei diritti fondamentali o una sufficiente integrazione in Italia (documentando esclusivamente un’assunzione a tempi ridotti con salario al di, sotto dell’importo dell’assegno sociale);

3. il ricorso di A.S. domanda la cassazione del suddetto provvedimento per quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva; ha rigettato le domande di protezione internazionale o umanitaria proposte da E.R., cittadino *****, il quale aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese per il timore di essere ucciso della malattia (denominata “oherema”) per la quale era deceduta sua sorella;

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 11 preleggi e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e, premesso che le disposizioni introdotte dal D.L. n. 113 del 2018 non si applicano ratione temporis nel caso di specie, ha censurato la, decisione della Commissione territoriale che non si è espressa sulla domanda di protezione umanitaria, con la conseguenza che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare nullo tutto il procedimento;

2. Con il secondo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, per non avere il Tribunale valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dalla legge; nell’ambito del ricorso, si deduce altresì la violazione dell’obbligo di disporre l’audizione del richiedente e la mancata valorizzazione, da parte del Tribunale, del rapporto di Amnesty International per gli anni 2015 e 1016;

3. Con il terzo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 8 e 14, avendo, il Tribunale, nel rigettare la domanda di protezione sussidiaria, trascurato ché è notorio come nel ***** vi siano aspri e violenti conflitti di carattere etnico-religioso, nonché pericolosi gruppi di mafiosi diffusi su tutto il territorio nazionale, come descritto da numerosi siti e da notizie di stampa;

4. Con il quarto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5, comma 6, mancando, nel decreto, tutta l’analisi dei requisiti per la concessione della protezione umanitaria, essendo stato violato il dovere istruttorio officioso e la valorizzazione delle prove, e non potendo addebitarsi al richiedente la precarietà dei lavoro stagionale svolto;

5. il primo motivo è inammissibile alla luce orientamento costante della giurisprudenza di legittimità e di merito secondo il quale il giudizio introdotto con ricorso dell’interessato non ha ad oggetto tanto il provvedimento amministrativo, quanto il diritto soggettivo dell’istante alla protezione internazionale; la eventuale nullità del provvedimento amministrativo, non esonera il giudice adito dall’obbligo di esaminare il merito della domanda, poiché oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale comunque il giudice deve statuire, non rilevando in sé la nullità del provvedimento ma solo le eventuali conseguenze di essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (Cass. n. 7385 del 2017, Cass. n. 20492 del 2020). Infatti la decisione del Tribunale può disporre alternativamente il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, ma non il semplice annullamento del provvedimento della Commissione (cfr. Cass. n. 26480 del 2011). Ne discende che l’eventuale nullità del provvedimento per vizio formale dello stesso o del procedimento amministrativo, non esonera il Tribunale dall’obbligo di pronunciarsi in merito, né consente una pronuncia di annullamento;

6. gli altri tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione;

7. preliminarmente, in relazione alla censura dell’audizione giudiziale del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa; condividendone, le ragioni), in riferimento al procedimento D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 bis, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Cass. n. 22049 del 13/10/2020, secondo verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”);

8. ciò posto, i motivi, che attengono alla medesima questione, pur se dedotti sotto il profilo della violazione di legge, denunciano in realtà il difetto assoluto di Motivazione del decreto impugnato, idoneo a tradursi in violazione dell’art. 132 c.p.c., per aver il Tribunale fondato la pronuncia su argomenti privi di qualsivoglia aggancio alla vicenda concretamente narrata dal ricorrente; essi, riqualificati ai sensi del paradigma normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, devono essere accolti;

9. il giudice del merito ha infatti compiuto un’ampia disamina delle condizioni oggettive in cui versa la regione di provenienza del ricorrente, ma, in relazione ai presupposti soggettivi delle domande di protezione internazionale si, è limitato ad osservare che la valutazione di carente credibilità del racconto espressa dalla, commissione è condivisibile poiché il richiedente non è stato in grado di circostanziare la vicenda (nomi, tempo, luogo) su fatti essenziali determinanti l’espatrio e, con riguardo al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, perché la mera promessa di un impiego e l’assunzione a tempi ridotti con salario al di sotto dell’assegno sociale non sono sufficienti per rendere attuale, e quindi tutelabile, un diritto di rango costituzionale come quello al lavoro e ad una retribuzione sufficiente a garantire una vita libera e dignitosa;

10. il decreto difetta della concisa esposizione dei fatti allegati da A.S. fondamento del diritto preteso (non avendo il giudice minimamente accennato, alla storia personale del ricorrente) e, pertanto, dette motivazioni si risolvono in formule astratte e stereotipate, valevoli per un numero indefinito dicasi, che non consentono di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione;

11. si tratta, in conclusione, di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – e, anzi, sovrabbondante, laddove il tribunale si dilunga nella descrizione della normativa che disciplina le varie forme di protezione internazionale o umanitaria -risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (cfr., per tutte, Cass. n. 9105 del 2017; riguardo alla materia della protezione internazionale, cfr. da ultimo Cass. n. 13248 del 2020) e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6;

12. in sintesi, vanno accolti i motivi dal secondo al quarto, inammissibile il primo motivo, il decreto impugnato va cassato con rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Ancona in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, inammissibile il primo motivo; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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