LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1818-2020 proposto da:
C.H., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO – SEZIONE DI CAMPOBASSO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 2484/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 12/11/2019 R.G.N. 2640/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
CHE:
1. con decreto 12 novembre 2019, il Tribunale di Campobasso rigettava il ricorso di C.H., cittadino *****, avverso il decreto della Commissione Territoriale di Campobasso, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;
2. esso riteneva, come già la Commissione, la scarsa credibilità del richiedente, che aveva riferito di essere fuggito dal Gambia, essendo evaso dal carcere dove era stato rinchiuso, a seguito di arresto dalla Polizia perché sorpreso al mare a baciarsi con un ex compagno di cella, con il quale intratteneva segretamente un rapporto omosessuale (avendo egli, dopo una prima detenzione dalla quale era stato poi liberato, a seguito di arresto su denuncia di uno zio per avere causato, per effetto di un incendio procurato fortuitamente, la morte della propria madre e di un nipotino, scoperto la propria natura omossessuale dopo avere subito rapporti sessuali dai compagni di cella);
3. la non credibilità del racconto, incoerente e generico, era valutata in senso preclusivo al riconoscimento al richiedente dello status di rifugiato, per mancanza di prova (non tanto della sua effettiva omosessualità, quanto) della formulazione di una tale accusa nei suoi confronti, dovendosi poi escludere, ai fini della protezione sussidiaria, una sua personale esposizione in caso di rimpatrio, per l’assenza in ***** di una condizione di violenza indiscriminata rilevante a fini di un grave danno, in realtà neppure dedotta; né egli avendo allegato una specifica vulnerabilità o godendo di particolari legami familiari in Italia, ai fini di una sua integrazione sociale ivi, tale da meritargli la protezione umanitaria;
4. con atto notificato il 12 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
CHE:
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8, 9, 14, art. 27, comma 1bis e succ. mod., D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 1, lett. e), g), artt. 3, 5, 7, 14, art. 16, comma 1, lett. b), art. 19 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento alla mancata valutazione della propria vicenda personale di omosessualità e della situazione esistente in ***** sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria (primo motivo); violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’analoga mancata valutazione della propria vicenda personale di omosessualità e della situazione esistente in ***** ai fini della protezione umanitaria (secondo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;
3. la valutazione di credibilità del richiedente deve essere sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); sicché, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, il giudice deve osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674);
3.1. in tema di protezione internazionale, qualora l’ordinamento giuridico del paese di provenienza del richiedente punisca l’omosessualità come reato, ciò costituisce di per sé una grave ingerenza nella vita privata che impone l’accertamento conseguente della possibilità ed effettività di una protezione adeguata statuale fornita alla persona omosessuale, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5, lett. c); oltre che la verifica, da svolgersi in relazione alla concreta situazione del richiedente ed alla sua particolare condizione personale, dell’esposizione, a causa del suo orientamento sessuale, a norma del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, lett. d), ad una minaccia grave ed individuale alla propria vita o alla persona o, in via gradata, ad una condizione di particolare vulnerabilità dovuta alla grave violazione dei diritti umani derivante dalla predetta condizione personale (Cass., 10 giugno 2020, n. 11172);
3.2. d’altro canto, l’allegazione da parte dello straniero di una condizione personale di omosessualità impone che il giudice si ponga in una prospettiva dinamica e non statica, ossia che verifichi la sua concreta esposizione a rischio, sia in relazione alla rilevazione di un vero e proprio atto persecutorio, ove nel paese di origine l’omosessualità sia punita come reato e sia prevista una pena detentiva sproporzionata o discriminatoria, sia in relazione alla configurabilità della protezione sussidiaria, che può verificarsi anche in mancanza di una legislazione esplicitamente omofoba ove il soggetto sia esposto a gravissime minacce da agenti privati e lo Stato non sia in grado di proteggerlo, dovendosi evidenziare che tra i trattamenti inumani e degradanti lesivi dei diritti fondamentali della persona omosessuale non vi è solo il carcere ma vi sono anche gli abusi medici, gli stupri ed i matrimoni forzati, tenuto conto che non è lecito pretendere che la persona tenga un comportamento riservato e nasconda la propria omosessualità (Cass. 26 maggio 2020, n. 9815; Cass. 30 ottobre 2020, n. 24007). Questa Corte ha altresì affermato che le dichiarazioni del richiedente asilo sul proprio orientamento sessuale debbano essere raccolte da un intervistatore competente e valutate dal giudice secondo i criteri procedimentali di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comparate con COI aggiornate e pertinenti e possano essere sufficienti da sole a dimostrare l’appartenenza al gruppo sociale a rischio persecutorio, ovvero la circostanza che nel paese d’origine il soggetto sia stato percepito come tale. Sicché, il giudicante, evitando indebite invasioni nella vita privata e non lasciandosi condizionare da stereotipi, deve accertare la concreta situazione del richiedente e la sua particolare condizione personale, valutando se questi possa subire, a causa del suo orientamento sessuale reale o percepito, atti persecutori e minacce gravi ed individuali alla propria vita o alla persona, così trovandosi nell’impossibilità di vivere nel proprio paese d’origine senza rischi effettivi per la propria incolumità psico-fisica (Cass. 26 maggio 2020, n. 9815): dovendo altresì essere accertata la sussistenza, in tale Paese, di un’adeguata protezione da parte dello Stato, a fronte di gravissime minacce provenienti da soggetti privati (Cass. 23 aprile 2019, n. 11176);
3.3. inoltre, le dichiarazioni del richiedente asilo sul proprio orientamento sessuale devono essere valutate dal giudice secondo i criteri procedimentali di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 (Cass. 9 luglio 2020, n. 14671), comparate con COI aggiornate e pertinenti e possono da sole bastare a dimostrare l’appartenenza ad un gruppo sociale a rischio persecutorio (Cass. 28 settembre 2020, n. 20385); 3.4. nel caso di specie, il Tribunale ha escluso la credibilità del richiedente, pur nella consapevolezza della criminalizzazione dell’omosessualità in *****, dotatosi di una legislazione penale ancora più severa dal 2014 (così al terz’ultimo capoverso di pg. 3 del decreto), sull’assunto di rilevanza della circostanza “non… tanto che la sua omosessualità sia fondata, quanto che tale accusa sia stata formulata” (così all’ultimo capoverso di pg. 3 del decreto), escludendo poi la prova del suo orientamento sessuale, né della formulazione di accuse a suo carico, laddove anzi “il documento esibito attesta di aver manifestato per i diritti degli omosessuali e non perché… colto nell’atto di baciare un altro uomo” (così al primo capoverso di pg. 4 del decreto): così venendo meno ad una valutazione conforme ai principi di diritto suenunciati;
4. il ricorrente deduce poi violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 28bis, comma 2, lett. a, in riferimento al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2 per la revoca dell’ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato, per la manifesta infondatezza del ricorso erroneamente ravvisata (terzo motivo);
5. esso è inammissibile;
5.1. il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è soggetto al regime impugnatorio dell’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 con esclusione della sua ricorribilità per cassazione: e tale resta anche qualora sia adottato con la pronuncia che definisca il giudizio di merito, anziché con separato decreto, come previsto dall’art. 136 D.P.R. cit. (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3028; Cass. 3 giugno 2020, n. 10487);
6. pertanto i primi due motivi di ricorso devono essere accolti, inammissibile il terzo, con cassazione del decreto, in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, inammissibile il terzo; cassa il decreto, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Campobasso in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021