Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20268 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1961/2020 proposto da:

K.C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPE EUGENIO 15, presso lo studio dell’avvocato MARCO MICHELE PICCIANI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il 20/11/2019 R.G.N. 10230/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

Che:

1. con decreto 20 novembre 2019, il Tribunale di Salerno rigettava il ricorso di K.C.B., cittadino nepalese, avverso la decisione della Commissione territoriale di Salerno, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. egli riferiva di avere subito la distruzione della casa di abitazione a seguito del terremoto del ***** e del proprio piccolo albergo – ristorante (avviato all’inizio del 2014 e per il cui acquisto aveva venduto un appezzamento di terreno e contratto un debito con due persone pari a 500.000 rupaia) a causa dell’alluvione del successivo *****; di essere stato, a motivo della pretesa restituzione del suddetto prestito (pur dopo un accordo di dilazione), più volte aggredito e violentemente percosso (e con lui i suoi congiunti, compreso il figlio di dieci mesi, portato in ospedale) da alcuni ribelli del gruppo maoista ***** (uno di loro essendo figlio di uno dei due creditori) e di essersi in un’occasione difeso con un’ascia colpendo uno degli aggressori al braccio (senza che egli potesse essere curato in ospedale, inaccessibile ai ribelli); di non essere riuscito a liberarsi dalla loro continua minaccia nel proprio Paese, sicché alla fine per mettersi in salvo, anche consigliato dalle forze di polizia, aveva dovuto abbandonarlo nell'*****. E di essere così arrivato in Italia, dopo un primo passaggio in Turchia e una permanenza in Libia di sette mesi (durante i quali non aveva avuto contatti con i familiari in Nepal, ma avendo saputo che suo padre era stato costretto a cedere altre terre ai ribelli, che ancora lo cercavano ed essendo sparito anche suo fratello);

3. come già la Commissione territoriale, il Tribunale riteneva non credibile il racconto, in riferimento alla rappresentazione del *****b come gruppo violento e criminale di ribelli, in realtà costola estremista del partito maoista (allontanatosi dalle istanze popolari) e movimento di protesta, sia pacifica che violenta (anche con attacchi dinamitardi di natura politica), interprete del malcontento diffuso e per questo posto fuori legge dal partito di governo, con esponenti e simpatizzanti arrestati e perseguitati: così da rendere implausibile una persecuzione del richiedente da suoi appartenenti addirittura nella capitale, in grado di “scorazzare impunemente e minacciare di morte chicchessia”.

4. esso pertanto escludeva i requisiti dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, anche per l’inesistenza in Nepal di una condizione di violenza indiscriminata riconducibile a conflitto armato interno (la relazione annuale dei diritti umani USDOS 2018 non segnalando ivi problemi di sicurezza particolari), nonché di protezione umanitaria, in assenza di un pericolo di rimpatrio dipendente da una minaccia di persecuzione dal *****, né di possibile valorizzazione di un eventuale inserimento sociale, non risultando la compromissione dei diritti fondamentali del richiedente nel Paese di provenienza;

5. con atto notificato il 20 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con sostanzialmente due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, art. 1 Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14,17,3,7 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per la centralità del”l’esame della situazione socio-politica e culturale dei luoghi di provenienza”, essendo stato costretto a fuggire dal proprio paese per un evento catastrofico naturale che aveva distrutto la sua casa e l’intero villaggio, obbligandolo a chiedere un prestito per il danno subito a persone appartenenti ad un gruppo di matrice maoista denominato *****, in uno Stato come il Nepal tra i più poveri del mondo, interessato da “nuove emergenze umanitarie legate ai cambiamenti climatici e ai reati ambientali”, che avrebbe richiesto dal Tribunale una valutazione diversa da quella compiuta, frutto di un'”analisi del contesto socio-culturale poco attenta” (primo motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per la pronuncia generica sulla richiesta di protezione umanitaria dal Tribunale che “avrebbe dovuto tenere nella dovuta considerazione la narrazione in merito alla… appartenenza politica” del richiedente, bastando “leggere l’ultimo rapporto di Amnesty International sul Nepal 2017/2018 per rendersi conto che le libertà fondamentali e i diritti civili… in quel paese sono sistematicamente calpestati” (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

2.1 la formulazione delle censure non è rispettosa della tassatività e della specificità prescritte, che esigono una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., essendo il giudizio di cassazione a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603);

2.2. peraltro, esse sono pure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comportane l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un “non motivo”: l’esercizio del diritto di impugnazione può, infatti, considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; in assenza di tali requisiti, risultano pertanto inidonei al raggiungimento dello scopo (Cass. 3 agosto 2007, n. 17125; Cass. 21 luglio 2020, n. 15517);

2.3. inoltre, i motivi difettano di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che ne esige l’illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 26 settembre 2016, n. 18860; Cass. 9 ottobre 2019, n. 25354): essi non si confrontano, infatti, in modo né puntuale, né critico con le argomentazioni alla base del percorso decisionale;

3. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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