LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37660/2019 proposto da:
S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore e la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE di CROTONE;
– resistente –
avverso la sentenza n. 341/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 28/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. S.L., proveniente dal Gambia, ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Potenza che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva respinto la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere orfano dei genitori, di vivere con gli zii e di essere stato insidiato dalla zia: la sua relazione era stata scoperta dal marito che lo aveva picchiato e minacciato di morte. Egli, dunque, era fuggito per sottrarsi alla sua persecuzione.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “la violazione ed erronea applicazione di una norma di legge” nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato dedotto fra le parti nonché “la violazione conseguente all’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione”.
1.1. Afferma, al riguardo, che la Corte territoriale aveva fondato il suo convincimento soltanto sulla sua credibilità soggettiva, escludendola ma omettendo di valutare il suo racconto alla luce di informazioni tratte da fonti attendibili ed aggiornate sul paese di origine e limitandosi a richiamare una serie di report informativi, privi di specifica qualificazione, circa la condizione politica ed economica del paese.
1.2. Il motivo è del tutto generico e manca di autosufficienza in quanto non è stata affatto indicata la corrispondente censura proposta in appello, né, avuto riguardo alla conformazione della rubrica, è stato indicato il fatto decisivo che, in thesi, non sarebbe stato esaminato dalla Corte.
1.3. Quanto, poi, alla critica relativa alla valutazione di credibilità del ricorrente rispetto ai fatti narrati si osserva che la motivazione è al di sopra della sufficienza costituzionale: la censura pertanto maschera una richiesta di rivalutazione di merito, non consentita in questa sede.
1.4. La doglianza, inoltre, è generica anche in relazione alla protezione sussidiaria per la quale il ricorrente si limita ad enunciare il mancato riconoscimento della fattispecie impugnata, riferendosi erroneamente ad un paese diverso da quello di provenienza (e cioè il Gambia e non la Guinea: cfr. pag. 22 quart’ultima riga), non contrapponendo alcuna specifica censura al percorso argomentativo della Corte.
2. Con il secondo motivo ha dedotto, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione.
2.1. Lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale era incorsa nella violazione dell’art. 5, comma 6 TUI, in quanto non erano stati affatto esaminati i presupposti della fattispecie invocata che ricomprendeva la violazione di tutti i diritti fondamentali diversi da quelli tutelati attraverso le protezioni internazionali maggiori.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.3. Si osserva, infatti, che la doglianza, di carattere meramente enunciativo, oltre a non confrontarsi con le statuizioni della Corte territoriale, ha del tutto omesso di riportare il corrispondente motivo d’appello che sarebbe stato prospettato in sede di gravame, rendendo con ciò in limine la censura inammissibile per difetto di autosufficienza.
2.4. A ciò si aggiunge che la motivazione resa dalla Corte sulla specifica fattispecie, sia pur sintetica, risulta al di sopra della sufficienza costituzionale e si fonda sulla carenza di allegazioni e prove in ordine all’integrazione lavorativa, in quanto è stato rilevato che nulla era stato dedotto in funzione del giudizio di comparazione: da ciò è stata desunta anche un’assenza di vulnerabilità con statuizione che il ricorrente non ha efficacemente contrastato, continuando, oltretutto, a riferirsi, all’interno della censura ad un paese diverso (Guinea) da quello di nascita del ricorrente (Gambia) ed al quale l’intera sentenza impugnata si è riferita nell’adempimento del dovere di cooperazione istruttoria.
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte;
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021