Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.20281 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37743/2019 proposto da:

D.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA, 32, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GREGORACE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3964/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. D.Y., proveniente dal Gambia, ricorre affidandosi ad un unico motivo per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale – con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale declinata nelle varie forme gradate – in ragione della mancata comparizione delle parti alla prima ed alla seconda udienza, fissata ex artt. 348 e 309 c.p.c..

2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

CONSIDERATO

che:

1. Con unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 307,309 e 348 c.p.c., in relazione alla dichiarazione di estinzione del giudizio d’appello.

1.1. Assume, al riguardo, che la Corte territoriale, nonostante l’oggetto della controversia riguardasse un ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, in materia di protezione internazionale, aveva ritenuto di dichiarare l’improcedibilità dell’appello ai sensi dell’art. 309 c.p.c., stante la mancata comparizione delle parti sia alla prima udienza che a quella fissata ex art. 348 c.p.c., comma 2; e che doveva escludersi che, nella specifica materia, il giudice potesse definire il processo con una decisione in rito, ritenendo tacitamente rinunciata la domanda, essendo invece “previsto e prevedibile che il giudizio (debba essere) comunque deciso con sentenza nel merito in base agli elementi istruttori disponibili, sempre che l’opposizione sia stata proposta tempestivamente e che il giudice adito sia competente per territorio” (cfr. pag. 4 del ricorso).

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Si osserva, al riguardo, quanto segue.

Per le controversie che hanno ad oggetto la domanda di protezione internazionale sono state introdotte reiterate modifiche processuali in ordine al rito da applicare.

1.4. Infatti:

a. D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 (di attuazione della direttiva 2005/85/CE c.d. “procedure”) tali procedimenti erano regolati in primo grado attraverso il rito camerale, con possibilità di reclamo dinanzi alla Corte d’Appello;

b. successivamente, dal 6.10.2011, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011 (“Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di semplificazione e riduzione dei procedimenti civili di cognizione”) è stato introdotto (art. 19) il rito sommario di cognizione ex artt. 702 bis c.p.c. e segg., con doppio grado di merito;

c. infine, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 46 del 2007 (di conversione del D.L. n. 13 del 2017), è stato nuovamente prescritto il rito camerale, ex artt. 737 c.p.c. e segg., con eliminazione, tuttavia, del grado d’appello precedentemente previsto.

1.5. Al riguardo, si rileva che, in relazione alle conseguenze della mancata comparizione delle parti, questa Corte ha, da ultimo, affermato che “in tema di riconoscimento della protezione internazionale dello straniero, nel procedimento di merito in unico grado, così come, prima delle modifiche di cui al D.L. n. 13 del 2017, nel giudizio di reclamo avanti alla corte d’appello, in caso di difetto di comparizione della parte interessata alla prima udienza, il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito, non essendo applicabile l’art. 181 c.p.c., comma 1 e restando esclusa la possibilità di una pronunzia di improcedibilità per “disinteresse” alla definizione o di rinvio della trattazione (salvo che, in tal caso, si sia verificata un’irregolarità nelle notificazioni) o di non luogo a provvedere” (cfr. Cass. 6061/2019).

1.6. Il principio – richiamato dal ricorrente ma declinato con esclusivo riferimento alle controversie che, disciplinate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e dall’art. 35 bis (introdotto dalla L. n. 46 del 2017) stesso testo, sono assoggettate all’applicazione del rito camerale – risulta conforme anche a precedenti arresti che, nell’affermarlo, lo hanno espressamente fondato sulla “natura dei procedimenti, caratterizzati dalla particolare speditezza e celerità e dominati dal costante impulso officioso, come attestato dall’assunzione in capo all’ufficio degli oneri notificatori, dalla piena disponibilità di ogni mezzo di prova da parte del giudice, dalla brevità dei termini fissati per la decisione” (cfr. Cass. 23915/2011, ed in precedenza, Cass. 18043/2010; Cass. 16884/2002).

1.7. Tale argomentazione è riferita, dunque, alla natura officiosa del rito processuale prescelto dal legislatore, e non alla materia trattata.

1.8. Proprio per tale ragione, il principio non può essere automaticamente esteso al caso in esame in cui, a seguito dell’intervento legislativo portato dal D.Lgs. n. 150 del 2011 (v. supra lett. b), alla controversia è stato applicato il rito sommario di cognizione regolato, in appello, dall’art. 702 quater c.p.c..

1.9. Si tratta, infatti, di verificare, in termini ermeneutici, se quanto è stato riferito alle regole ed alla natura del rito camerale possa essere esteso anche al processo sommario di cognizione che presenta certamente caratteristiche di celerità ed alcune peculiarità istruttorie (cfr., ad esempio art. 702 ter c.p.c., comma 5) ma che, tuttavia, è riferito all’impostazione ed alla dialettica processuale riservata al rito ordinario al quale maggiormente si ispira, pur nell’esigenza di imprimere un spinta acceleratoria alle cadenze procedimentali.

1.10. Il Collegio ritiene che non sia ravvisabile alcuna ragione che consenta di affermare che, a seguito di una doppia mancata comparizione del ricorrente non possano trarsi le conseguenze processuali disciplinate dal combinato disposto degli artt. 309 e 181 c.p.c., nei casi in cui, ratione temporis, il rito applicato nel grado d’appello sia quello disciplinato dall’art. 702 quater c.p.c..

1.11. Non consentono di giungere ad una diversa soluzione neanche le peculiarità introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, poi modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. dalla a) alla g), che ha rimarcato l’esigenza di ottenere una decisione per ogni grado di merito e per il giudizio di legittimità entro il termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso.

1.12. Tale previsione, infatti, lungi dall’incidere sul rapporto fra il principio dispositivo, l’eventuale mancata comparizione e l’obbligo decisorio del giudice, rimarca soltanto la necessità di una cadenza temporale serrata (affidata a termini che sono, comunque, ordinatori), dettando anche prescrizioni di carattere organizzativo in ordine alla trattazione in via d’urgenza, con un chiaro riferimento alle priorità che devono essere indicate dai capi degli uffici nei programmi di gestione.

1.13. In buona sostanza, anche nella materia della protezione internazionale ove si applichi il rito sommario di cognizione ed il ricorrente, anche nel grado d’appello, non mostri interesse ad una decisione di merito – attraverso un comportamento consapevole, e cioè la doppia mancata comparizione preceduta da regolare comunicazione dell’udienza di rinvio – deve ritenersi applicabile il meccanismo estintivo disciplinato dagli artt. 309 e 181 c.p.c., ordinariamente vigenti nel rito prescelto dal legislatore, dovendosi escludere che la dichiarazione di estinzione del giudizio possa configurare, in tale situazione, un pregiudizio sia per i diritti fondamentali del richiedente asilo la cui condotta processuale è affidata alla responsabilità del difensore, sia per l’interesse della controparte pubblica che, ove intenda opporsi alla dichiarazione di estinzione, ben può comparire dinanzi al giudice e richiedere la decisione. (cfr. in termini Cass. 1709/2021).

2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

3. La mancata difesa della parte intimata esime la Corte dalla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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