LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38498/2019 proposto da:
A.M.M., rappresentato e difeso dall’avv.to CHIARA BUSANI, (chiara.busani.ordineavvmodena.it) ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, in Roma, Piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1916/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. A.M., proveniente dal Pakistan ricorre, affidandosi a cinque motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna con la quale era stata accolta l’impugnazione proposta dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del Tribunale che aveva riconosciuto in suo favore la protezione internazionale ed, in particolare, lo status di rifugiato.
1.1. Per ciò che qui interessa, egli aveva narrato di essere cristiano e di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto veniva perseguitato da parte dei familiari della ragazza mussulmana della quale si era innamorato e con la quale era fuggito per sposarsi. Ha aggiunto di essere stato rintracciato dai genitori della fidanzata, di essere stato violentemente picchiato e di temere nuove aggressioni in caso di rimpatrio visto che anche la sua famiglia era stata minacciata.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché il difetto di motivazione.
1.1. Lamenta che le norme sopra richiamate era state disattese dalla Corte territoriale che aveva omesso di adempiere al dovere di cooperazione istruttoria e che, in ordine alla valutazione della sua credibilità, non aveva compiutamente esaminato la documentazione prodotta a sostegno della vicenda narrata (cfr. pag. 12, secondo cpv. del ricorso) discostandosi, in tal modo, dal paradigma valutativo predicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, altresì, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), disciplinante la protezione sussidiaria.
3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in materia di protezione umanitaria.
4. Con il quarto motivo si duole dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio: assume che non erano stati esaminati i documenti prodotti, fra cui il passaporto versato in atti nel giudizio d’appello nonché la denuncia alla polizia pakistana relativa alla aggressione subita dai suoi familiari ad opera del fratello della ragazza musulmana con la quale aveva avuto una relazione, nonché le dichiarazioni del rettore del seminario vescovile di ***** prodotta fin dal primo grado di giudizio attestante la sua assidua partecipazione alle funzioni della comunità cristiana, nonché, infine, le dichiarazione della Asl di Parma che aveva accertato la sua fragilità psichica ed emotiva derivante dalle persecuzioni e discriminazioni subite.
4.1. Lamenta altresì che non erano stati specificamente esaminati i documenti prodotti a sostegno della integrazione raggiunta attraverso l’attività lavorativa svolta.
5. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente ha avanzato istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza della Corte d’appello di Bologna.
6. Deve premettersi che la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, postulata con l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, ex art. 373 c.p.c., essa doveva essere avanzata dinanzi al giudice che si è pronunciato e non dinanzi a questa Corte (cfr. in termini Cass. 5368/2006).
7. Il primo ed quarto motivo devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono logicamente interconnessi: l’omesso esame di documenti decisivi per il giudizio (consistenti nella copiosa documentazione, volta a dimostrare la vicenda narrata), infatti, ridonda sulla valutazione della attendibilità del racconto sul quale la Corte territoriale, riformando la pronuncia del Tribunale, si era espressa negativamente.
7.1. Il quarto motivo è parzialmente fondato e costituisce l’antecedente logico del primo.
7.2. In disparte, infatti, il rilievo riguardante la scarsa chiarezza della fotografia presente sul passaporto e, conseguentemente, la censura di omesso esame di “quel” documento che, invece, risulta valutato dalla Corte (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) con motivazione costituzionalmente sufficiente, rispetto alla quale la censura e’, dunque, inammissibile, si osserva che gli altri documenti indicati (cfr. pag. 27 e 28 del ricorso) non sono stati scrutinati e risultano invece decisivi sia in relazione alla valutazione complessiva del racconto narrato che la Corte territoriale ha considerato inattendibile in ragione del sospetto di una falsa adesione alla fede cristiana (dalla quale originava nel suo paese, l’accusa di blasfemia e, dunque, la persecuzione religiosa), sia con riferimento all’integrazione vantata da ricorrente nel contesto italiano, attraverso la produzione dei contratti di lavoro e delle buste paga (cfr. pag. 28 u. cpv. del ricorso).
7.3. La motivazione della Corte – che ha omesso di dar conto della documentazione prodotta e che ha tacciato di incoerenza la denunciata contrapposizione fra musulmani e cristiani che il Tribunale aveva ritenuto attendibile e giustificativa della persecuzione – risulta inosservate dei principi predicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e collegati anche con il generale dovere del giudice di esaminare e dare conto in motivazione della documentazione decisiva prodotta in giudizio (cfr. al riguardo Cass. 4009/2001; Cass. 7086/2005; Cass. 11457/2007).
7.4. A ciò si aggiunge che la Corte territoriale, sulla specifica questione, ha omesso di svolgere i doverosi accertamenti attraverso l’acquisizione di C.O.I. attendibili ed aggiornate: infatti, pur vero che sono stati acquisiti i report Easo risalenti all’agosto 2017 (cfr. pag. 3 terzo cpv. della sentenza impugnata), è altrettanto vero che essi riguardano le condizioni di sicurezza in Pakistan rispetto agli attacchi terroristici, questione ben diversa da quella denunciata che avrebbe imposto l’acquisizione di fonti informative attendibili ed aggiornate sulla tutela che lo Stato garantiva ai cittadini rispetto alla persecuzione religiosa.
8. Il secondo ed il terzo motivo sono logicamente assorbiti, pur non essendo inutile rilevare che anche in relazione alle fattispecie con essi invocate – riesaminate dalla Corte territoriale – dovrà essere adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria attraverso l’acquisizione di COI attendibili ed aggiornate sulle condizioni di rispetto e di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine.
9. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:
“In tema di protezione internazionale, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti, dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni”.
“In tema di riconoscimento dello “status” di rifugiato politico o della protezione internazionale, in presenza di documenti prodotti dal richiedente ed ai fini della valutazione di credibilità dei fatti narrati non opera il tradizionale principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, ma il giudice prescindendo da preclusioni o impedimenti processuali – ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, attraverso il compimento di un’attività istruttoria ufficiosa, se del caso utilizzando anche canali diplomatici, rogatoriali ed amministrativi, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti” (cfr. in termini Cass. 25534/2016).
“Ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda di protezione proposta, una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Per ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento, con riferimento agli aspetti problematici dei paesi di origine in relazione ai quali le domande di protezione sono state avanzate”.
10. La Corte di rinvio dovrà altresì decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo ed il terzo ed inammissibile il quinto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021