Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20285 del 15/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9819-2020 proposto da:

F.A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA PERNECHELE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 196/2020 del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il 28/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO

che:

1. – F.A.S., cittadino del Niger, ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 28 gennaio 2020 con cui il Tribunale di Trieste ha respinto la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non svolge difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 18 e art. 16, comma 1, lett. d) bis, in relazione all’art. 407c.p.p., comma 2, lett. a), n. 6, e della Dir. 2011/95/UE, art. 14, paragrafo 4, lett. a) e b), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 3: si censura il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale triestino “considera la condanna per un reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, indice presuntivo di pericolosità” e così ragionando considera legittimo revocare la protezione umanitaria sulla base di un giudizio di una valutazione astratta della pericolosità.

Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b), e violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 5: si censura il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha palesemente omesso di valutare tutte le circostanze portate all’attenzione del Tribunale, in particolare l’affievolimento della pericolosità del ricorrente e l’aggravamento della situazione del Paese di origine, quali comunque elementi da tenere in considerazione al fine di considerare la domanda inoltrata ammissibile anche al fine di ripristinare la protezione umanitaria ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – Il primo mezzo attinge una sola delle due distinte rationes decidendi che autonomamente sostengono il provvedimento impugnato: in esso si legge infatti altresì “che la domanda di protezione interazionale reiterata e di regola è inammissibile a meno che non si adducano nuovi elementi riguardanti la situazione personale o quella del paese di origine… Nulla è stato allegato in merito al mutamento della situazione personale del richiedente e quella del paese di origine rispetto alle valutazioni effettuate dalla Commissione Territoriale nel primo provvedimento di contestuale rigetto della protezione internazionale e accoglimento di quella umanitaria”. Tale ratio, di per sé sufficiente a rendere ragione della decisione adottata, non è come subito si dirà validamente attaccata.

4.1. – Il secondo mezzo è inammissibile.

Non è in discussione che il ricorrente abbia reiterato una domanda di protezione internazionale già esaminata e parzialmente accolta con il riconoscimento della protezione umanitaria, poi revocata, a causa di una condanna per stupefacenti, senza che, avverso la revoca, fosse stata proposta impugnazione.

Ciò detto, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe deciso “non considerando l’affievolimento della pericolosità sociale, dettato dal trascorrere del tempo, né la circostanza in cui il Niger versa attualmente”.

Al che è agevole replicare:

-) non è dato comprendere come l’asserito affievolimento della pericolosità potrebbe essere titolo per il riconoscimento della protezione internazionale, o anche di quella umanitaria, la quale presuppone una situazione di vulnerabilità, non certo di scarsa pericolosità;

-) il ricorso è per il secondo aspetto totalmente privo di autosufficienza, e:),- art. 366 c.p.c., numero 6, laddove per un verso menziona una “relazione dell’associazione Perilmondo onlus, da cui emerge un ricorrente che, sebbene a fatica, dà comunque il meglio di sé”, non è spiegato in che cosa e in qual modo, e, per altro verso, fa riferimento ad una non meglio identificata “attuale condizione politica e sociale del Niger”, ossia di un paese “completamente in balia dei militari di *****”, senza che sia in grado di comprendere in qual modo il quid novi cui allude il provvedimento impugnato sarebbe emerso nella fase di merito.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472