Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20289 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16900-2020 proposto da:

A.U., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABBRINI ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

NIINISTIRO DELL’INTERNO *****;

– intimato –

avverso il n. 1629/18 decreto del TRIBUNALE di TRENTO, depositato il 07/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO MAURO.

RILEVATO

Che:

1. – A.J., pakistano, ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 7 maggio 2020 con cui il Tribunale di Trento ha respinto la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione per i fini della partecipazione all’eventuale discussione orale.

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 251 del 2007, artt. 3 e 5, difetto di motivazione in punto di non attendibilità del ricorrente, concedibilità dello status di rifugiato o in subordine della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) o b).

Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione di nonne di diritto, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 35-bis, comma 9, mancato accertamento della situazione reale del paese di provenienza, con a dello status di rifugiato o in subordine della protezione sussidiaria ex art. 14 lettere a) e b).

Il terzo mezzo denuncia violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonché del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, art. 3 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e 2 della Costituzione, vizio di motivazione, errata valutazione dei presupposti e mancata concessione della protezione umanitaria.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – E’ inammissibile il primo composito motivo, prevalentemente incentrato sulla credibilità, negata dal Tribunale, del richiedente.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Nel caso in esame, lungi dall’individuare un qualche fatto decisivo e controverso che il tribunale non avrebbe considerato, il ricorso lamenta che il giudice di merito avrebbe male inteso il contenuto del verbale di audizione davanti alla Commissione territoriale, non avvedendosi che il richiedente: a) non aveva negato di interessarsi di politica ma aveva anzi dichiarato di essere membro di un partito, b) non aveva negato di aver avuto rapporti con la madre ma anzi aveva dichiarato di essere cresciuto con la sola madre, che assieme a lui era mantenuta economicamente dal nonno.

Ma evidentemente qui non siamo di fronte all’omessa considerazione di fatti decisivi e controversi, bensì all’erronea percezione delle risultanze dell’audizione dinanzi alla Commissione territoriale: ergo, dinanzi ad un ipotetico vizio revocatorio non suscettibile di essere fatto valere con il ricorso per cassazione. Ciò senza considerare che la censura è inammissibile anche sotto il profilo dell’autosufficienza, giacché il verbale di audizione dinanzi alla Commissione territoriale non è localizzato, come richiesto dall’art. 6 dell’art. 366 c.p.c.. Quanto alla protezione sussidiaria di cui alle lettere a) e b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è appena il caso di osservare che ogni esigenza di approfondimento istruttorio officioso è precluso dal giudizio di non credibilità (Cass. 29 maggio 2020, n. 10286, tra le tante).

4.2. – Ciò comporta l’inammissibilità del secondo mezzo, con la sola precisazione che non v’e’ nel ricorso alcun comprensibile riferimento all’ipotesi contemplata dal citato art. 14, lett. c), e che, in ogni caso, il Tribunale ha escluso la sussistenza di una situazione riconducibile a tale previsione normativa.

4.3. – E’ inammissibile il terzo mezzo.

Si tratta di un motivo composito con il quale è denunciata violazione di legge, senza però che il motivo abbia nulla a che vedere con il significato e la portata applicativa delle disposizioni normative richiamate in rubrica, bensì soltanto con la valutazione del materiale probatorio operata dal Tribunale, il quale ha osservato che il richiedente non presentava profili di vulnerabilità, sia perché non affetto da patologie, sia perché non erano riscontrabili elementi ostativi al suo rimpatrio, sia perché egli neppure risultava lavorare da tempo. Con la violazione di legge, inoltre, è simultaneamente denunciato vizio di motivazione: ma il vizio di motivazione non rientra tra le doglianze suscettibili di essere spiegate a mezzo dell’art. 360 c.p.c., salvo la radicale carenza della motivazione nelle quattro ipotesi considerate dalla giurisprudenza di questa Coite (v. Cass. 8053 del 2014). Quanto poi alla “errata valutazione dei presupposti e mancata concessione della protezione umanitaria”, si addebita al Tribunale di aver erroneamente ritenuto che il richiedente non presentasse patologie particolari, perché tanto egli aveva dichiarato, mentre il contrario, ed in particolare un disturbo bipolare, sarebbe emerso da documentazione prodotta: ma delle due l’una, o le dichiarazioni del richiedente costituivano l’elemento istruttorio che il Tribunale poteva valorizzare, nel qual caso la censura sarebbe inammissibile perché totalmente versata in merito; o, come sostiene il ricorrente, il Tribunale si sarebbe rappresentato una situazione non corrispondente al vero, come emergente dalla documentazione prodotta, nel qual caso si ricadrebbe nell’ipotesi del vizio revocatorio e non nell’errore di giudizio.

Per il resto, si sostiene nel ricorso che “i doc. dal 24 al 29 non solo conte’ rmano che il ricorrente avesse lavorato, ma anche che avesse un rapporto in essere anche al momento dell’audizione. Rapporto che tuttora sussiste atteso che il presente ricorso è stato instaurato senza ricorso al gratuito patrocinio”. Ma che cosa dicano questi documenti non si sa, e non riesce in alcun modo a comprendersi alla lettura del ricorso quale sarebbe il lavoro svolto dal ricorrente, sicché sul punto il ricorso è totalmente privo del requisito dell’autosufficienza, di cui già si è fatto cenno.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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