Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20293 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI GIAIME Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2660-2020 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREONI NICCOLO’, FAVELLI FELICITA;

– ricorrente –

contro

STORICA FATTORIA PAGLIACCIO SSA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ULIVI GIACOMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3526/2019 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 25/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

RILEVATO

Che:

1. G.L. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Firenze la Storica Fattoria Palaghiaccio S.S.A. al fine di sentirla condannare al risarcimento del danno da perdita del canone di locazione conseguente al recesso anticipato del contratto da parte dei suoi inquilini per le immissioni rumorose e nauseabonde provenienti dal fondo condotto dalla Fattoria; nonché alla rimozione immediata del frigorifero e condizionatore in quanto responsabili di tali immissioni.

A fondamento della propria pretesa dedusse cheta partire dal mese di giugno 2011, la Fattoria Palaghiaccio S.S.A. installò sul retro del fondo commerciale adiacente alla finestra della camera da letto dell’immobile locato dall’attrice, un frigorifero ed un condizionatore; che tali installazioni provocarono un forte inquinamento acustico ed immissioni maleodoranti; che nonostante i solleciti la Fattoria non rimosse né il condizionatore né il frigorifero e, divenuta, la situazione insostenibile l’inquilino dell’immobile comunicò all’attrice la propria volontà di risolvere anticipatamente il contratto di locazione con la conseguente perdita dei relativi canoni d’affitto.

Osservò altresì che le rilevazioni fonometriche eseguite dal proprio perito Ing. Tredici dimostravano il superamento dei limiti imposti dalla normativa di settore.

Si costituì in giudizio la Storica Fattoria Palaghiaccio S.S.A. chiedendo il rigetto della domanda e dando atto di aver, in ogni caso, provveduto a rimuovere i macchinari cui si imputavano le immissioni.

2. Il Giudice di Pace di Firenze, con sentenza n. 2064/2016 rigettò le domande attoree compensando le spese di giudizio tra le parti.

Avverso tale sentenza G.L. ha proposto appello chiedendo, da un lato, che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla chiusura e rimozione del frigorifero e del condizionatore, dall’altro, la condanna della Storica Fattoria Palaghiaccio S.S.A. al pagamento di Euro 2.800,00 per la mancata percezione dei canoni d’affitto.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 3526/2019 del 25 novembre 2019, a conferma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’appello della Guidotti condannandola al rimborso in favore dell’appellata delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. In particolare il Tribunale ha osservato che, poiché la misurazione dell’Ing. Tredici era stata effettuata solamente di giorno ed a finestre aperte e non anche di notte, non era possibile accertare la condizione di tollerabilità notturna. In ogni caso la Guidotti era incorsa in un errore determinante, per aver invertito i parametri delle rilevazioni sonore a finestre aperte, con quelle a finestre chiuse, la cui corretta individuazione faceva crollare l’assunto del superamento del limite di tollerabilità.

3. Avverso tale decisione G.L. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Resiste la Storica Fattoria Palaghiaccio S.S.A.A. con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta “errata e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in ordine agli artt. 115 e 116 c.p.c.”. Si duole della mancata considerazione di tutte le prove e circostanze allegate quali la modifica dello stato dei luoghi; la differenza tra la rilevazione fonometrica del CTU e dell’Ing. Tredici nonché la mancata contestazione circa le immissioni di rumore e di odori da parte del convenuto tutti elementi idonei a dimostrare l’esistenza di un rumore non tollerabile.

Il Tribunale inoltre sarebbe incorso in un errore di percezione nell’aver ritenuto non utilizzabili le rilevazioni dell’Ing. Tredici poiché non si sarebbe avveduto della circostanza che il valore di 43 decibel rappresentava un rumore prodotto dal condizionatore e dal frigorifero in maniera costante e continuativa, sia di giorno che di notte.

4.1. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta “errata e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 in ordine agli artt. 91 e 112 c.p.c.”. Il Tribunale avrebbe erroneamente condannato la Guidotti al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile ed infondato.

In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 11892 del 2016, ripresa da Cass., Sez. Un. 16598 del 2016). Quindi, i motivi si risolvono in una sollecitazione alla rivalutazione della quaestio fatti.

Ma in ogni caso, la ricorrente non coglie la ratio deczdendi della sentenza e, conseguentemente, non contesta il motivo posto dal giudice a fondamento della propria decisione: ossia l’erronea lettura deì dati e dei parametri indicati nell’atto di citazione ed in appello (pag. 3 sentenza impugnata) per cui non si sarebbe superato il limite della tollerabilità in orario diurno.

5.1. Il secondo motivo di ricorso consistendo in una mera richiesta di rideterminazione delle spese in caso di accoglimento del primo motivo, senza nessuna puntuale censura di legittimità, resta assorbito nel primo motivo.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.

6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.000 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 maggio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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