Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20313 del 15/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK ADET Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27411-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BUZ SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 252/2013 della COMM. TRIB. REG. LAZIO, depositata il 21/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 28/01/2021 dal Consigliere Dott. SAIJA SALVATORE.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate – sulla base di due p.v.c. redatti dalla G.d.F. a seguito di verifica generale – in data 3.10.2008 notificò a Buz s.r.l. due avvisi di accertamento e di irrogazione di sanzioni, in relazione agli anni 2003 e 2004, recuperando a tassazione IRPEG, IRAP e IVA indebitamente detratta, perché relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti, altresì contestando ricavi non contabilizzati, mascherati da finanziamenti infruttiferi dei soci.

Impugnati detti avvisi dalla società con autonomi ricorsi, la C.T.P. di Roma – previa loro riunione – li accolse con sentenza n. 297/6/11. Con successiva sentenza n. 252/35/13 del 21.11.2013, la C.T.R. del Lazio accolse l’appello proposto dall’Agenzia limitatamente all’entità delle spese di lite cui era stata condannata (ridotte da Euro 40.000,00 ad Euro 4.000,00), rigettando nel resto. Osservò in particolare il giudice d’appello, a tal ultimo proposito, che gli argomenti proposti col gravame e i documenti pure prodotti non erano sufficienti a superare le statuizioni contenute nella prima decisione.

L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi. La società, benché regolarmente intimata, non ha resistito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La ricorrente si duole della assoluta apparenza della motivazione, per non aver effettuato il secondo giudice alcuna autonoma valutazione degli argomenti, nonché dei documenti prodotti da essa Agenzia nel giudizio d’appello – a confutazione e sostegno della lacunosità riscontrata dal primo giudice, al riguardo -, così trincerandosi dietro generiche ed apodittiche affermazioni, del tutto inidonee a consentire la ricostruzione dell’iter logico-giuridico seguito dallo stesso giudice d’appello nella motivazione della decisione.

1.2 – Con il secondo motivo, in subordine, si lamenta omesso esame su fatti controversi e decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. L’Agenzia lamenta la mancata valutazione di una serie di fatti che, se effettivamente considerati, avrebbero indotto la C.T.R. all’accoglimento del gravame.

2.1 – Il primo motivo è fondato.

E’ noto che, a seguito della novellazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, operata dal D.L. n. 54 del 2012, non è più denunciabile per cassazione il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ma soltanto l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Tale vizio consiste nella omessa valutazione di un fatto storico (ossia fenomenicamente apprezzabile), principale o secondario, e va distinto dalla omessa valutazione di una questione, più propriamente sussumibile nell’ambito del vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto (v. Cass. n. 22397/2019).

Residua, tuttavia, uno spazio per la denuncia del vizio di motivazione, sub specie di violazione del c.d. minimo costituzionale ex art. 111 Cost., comma 6, proponibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. Cass., Sez. Un. 8053/2014). In particolare, come pure precisato dal citato arresto, che esprime oramai un orientamento assolutamente consolidato e univoco, “e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

Ciò premesso, la sequenza logico-espositiva seguita dalla C.T.R., prima descritta, denota senza alcun dubbio una assoluta apparenza, apoditticità e illogicità della motivazione, certamente adottata in violazione del c.d. minimo costituzionale, perché il giudice d’appello declina ogni effettiva valutazione, in concreto, sia delle censure mosse dall’Agenzia alla prima decisione, sia dei documenti addotti a sostegno, trincerandosi dietro un apodittico ed indimostrato giudizio di inidoneità degli uni e degli altri a scalfire le prime statuizioni.

3.1 – Il secondo motivo resta conseguentemente assorbito.

4.1 – In definitiva, è accolto il primo motivo, assorbito il secondo. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame dell’appello erariale e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di cassazione, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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