Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.20326 del 16/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26544/2019 proposto da:

O.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato ETTORE FAUSTO PUCILLO, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la SENTENZA n. 1577/2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata l’8/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/2/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello che O.A., nato in *****, aveva proposto avverso l’ordinanza con la quale il tribunale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale che lo stesso aveva proposto.

O.A., con ricorso notificato il 27/8/2019, ha chiesto la cassazione della sentenza per tre motivi.

Il ministero dell’interno è rimasto intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 35 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha respinto le domande di protezione internazionale che il richiedente aveva proposto senza adempiere, attraverso la specifica indicazione delle fonti d’informazione che avrebbe utilizzato per accertare le condizioni del suo Paese di provenienza, il proprio dovere di cooperazione istruttoria.

2.1. Il motivo è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo, dichiaratamente proposti in via subordinata.

2.2. Questa Corte, in effetti, ha più volte affermato (cfr. le ordinanze n. 13449 del 2019, n. 13450 del 2019, n. 13451 del 2019, n. 13452 del 2019) che il giudice di merito, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ha il dovere di indicare la fonte in concreto utilizzata nonché il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione.

2.3. La decisione impugnata non soddisfa i suindicati requisiti. La corte d’appello, invero, ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria proposta dal richiedente sul rilievo, tra l’altro, che nel Delta State, dal quale proviene il richiedente, non esistesse una situazione di violenza generalizzata, limitandosi, tuttavia, a fare, sul punto, riferimento alle notizie fornite da non meglio precisate “fonti ufficiali”.

2.4. In tema di protezione sussidiaria dello straniero, tuttavia, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. n. 11312 del 2019 la quale ha cassato con rinvio la decisione di merito ritenendo che il mero riferimento a “fonti internazionali” non fosse sufficiente ad escludere che la situazione di rischio generalizzato e di conflitto riguardasse zone diverse dal distretto di provenienza del richiedente).

2.5. Il giudice di merito, in effetti, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, ha il dovere di procedere a tutti gli accertamenti ufficiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le fonti utilizzate e il loro aggiornamento nonché il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13449 del 2019, in motiv.), e non può, dunque, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. n. 13897 del 2019; Cass. n. 9231 del 2020).

2.6. La sentenza impugnata, non rispettando tali principi, si espone, dunque, alle censure svolte dal ricorrente e dev’essere, pertanto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Milano la quale, in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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