Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.20341 del 16/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31794/2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1291/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 19/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

RILEVATO

che:

1. B.M., proveniente dal Mali, ha proposto un ricorso notificato il 16 ottobre 2019, articolato in tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1291/2019 emessa dalla Corte d’appello di Ancona e pubblicata in data 19 agosto 2019.

2. Il Ministero dell’interno ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si è dichiarato disponibile alla partecipazione alla discussione orale.

3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

4. Il ricorrente, secondo la ricostruzione della sua vicenda personale contenuta nel ricorso, è stato costretto a fuggire dal suo Paese per salvarsi, dati i disordini che stavano coinvolgendo il Mali, incominciati nel 2012 ed ancora in corso. In Italia gli è stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale poiché Commissione Territoriale, Tribunale e Corte d’appello di Ancona hanno ritenuto inattendibili le sue dichiarazioni.

5. Risulta dal ricorso che il procedimento è stato riassunto innanzi alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione a seguito di una precedente cassazione, ma il ricorrente non riferisce perché la prima sentenza di appello sia stata cassata con rinvio, né ciò emerge dalla sentenza impugnata.

6. La sentenza della Corte d’Appello di Ancona ha comunque confermato il diniego di ogni forma di protezione internazionale. Invero, ha ritenuto credibile il racconto relativo alla vicenda personale del ricorrente, ma, analizzando la situazione del Mali, sulla base di informazioni tratte esclusivamente dal sito “*****” e prive di un preciso riferimento cronologico, ha affermato che non sia stato dimostrato dal ricorrente di andare incontro ad alcun pericolo concreto in caso di rientro in patria, non rinvenendosi nella regione sud del Mali una situazione di conflitto a carattere indiscriminato.

7. Per quanto riguarda la protezione umanitaria richiesta, la domanda è stata rigettata con la seguente motivazione: “Non risultano riscontrabili nel caso in esame specifiche situazioni soggettive legate ad una condizione di vulnerabilità del ricorrente che peraltro non sono state neppure allegate dal ricorrente nell’atto di appello o dalla situazione oggettiva della regione di provenienza che giustifichino una siffatta concessione, come su motivato”.

8. Il ricorrente ha formulato tre motivi di ricorso.

RITENUTO

che:

9. Con il primo motivo, il ricorrente censura la nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, per omessa motivazione in ordine alla richiesta di protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e umanitaria.

10. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso o errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle proprie allegazioni, nonché l’omessa attivazione della doverosa cooperazione istruttoria ed il mancato approfondimento della situazione del paese.

11. I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.

La motivazione, sia in riferimento alle protezioni maggiori che alla protezione umanitaria, è estremamente scarna e non risponde adeguatamente ai motivi di appello. Ma, soprattutto, è fondata la doglianza del ricorrente laddove impugna la pronuncia di rigetto della propria domanda volta al riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), lamentando che ciò sia avvenuto senza alcun approfondimento istruttorio da parte della Corte, come pure era dovuto nell’ambito del dovere di cooperazione istruttoria su di essa gravante, e senza alcun idoneo riferimento a fonti effettivamente attendibili e aggiornate.

13. Effettivamente, a pag. 5, la sentenza fa riferimento alla situazione del Mali ed in particolare alla regione sud del paese, di provenienza del ricorrente, recando come unica indicazione delle fonti dalle quali trae le sue informazioni il riferimento al sito della Farnesina “*****” che, come si è già avuto modo di affermare, non costituisce fonte di informazione idonea a costituire l’unico riferimento per la verifica della situazione del paese di provenienza, atteso che nei procedimenti in materia di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Informations”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti, non potendo ritenersi tale il sito ministeriale “*****”, il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti indicati, essendo in prevalenza indirizzati a mettere in guardia il viaggiatore contro l’esposizione a situazioni di potenziale rischio (v. in proposito Cass. n. 8819 del 2020).

14. La sentenza impugnata non precisa neppure a quale periodo risalirebbero le informazioni tratte, non consentendo di verificare se l’accertamento abbia a proprio fondamento il quadro fattuale, geopoliticamente in continua evoluzione, esistente al momento della decisione. Deve quindi ritenersi complessivamente priva di un riferimento sufficientemente specifico a fonti di informazione, attendibili ed aggiornate, sulle quali avrebbe dovuto fondarsi la corte nel formare il suo convincimento sul punto.

15. Essa non si conforma, nella applicazione della norma, al principio di diritto già enunciato da questa Corte, secondo il quale in tema di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, che è disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, se presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, comporta però ove tale onere sia stato assolto, il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (vedi in questo senso, tra le altre, Cass. n. 11096 del 2019).

16. In riferimento in particolare all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (v. Cass. n. 13897 del 2019; Cass. n. 9230 del 2020).

17. Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, si censura la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonché art. 10 Cost., sostenendo che è errato il diniego del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, stante la situazione economico-sociale del paese di origine, non valutata, nonché quella personale del ricorrente, che ha raggiunto una buona integrazione in Italia, con sforzi che verrebbero vanificati dal rimpatrio che comunque lo riporterebbe in una situazione di estrema sofferenza politica e sociale.

18. Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due. Atteso che dovrà essere rinnovata la valutazione sulla sussistenza del diritto alla più ampia protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), nel caso in cui questa, a conclusione del nuovo esame del merito, non potesse essere concessa, il giudice dovrà provvedere a verificare se sussistono i presupposti della residuale protezione minore.

19. I primi due motivi di ricorso devono quindi essere accolti, assorbito il terzo. La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo. Cassa e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472