LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37373/2019 proposto da:
C.K.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COMANO 95, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FARAON, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA FARAON;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3820/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 26/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. C.K., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate.
1.1. Per ciò che interessa in questa sede, l’impugnazione era stata dichiarata tardiva dalla Corte territoriale in quanto proposta oltre il termine di trenta giorni dalla lettura dell’ordinanza in udienza ex art. 702 bis c.p.c., a nulla valendo, quanto alla decorrenza, la comunicazione della cancelleria alle parti, successiva di circa tre mesi.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 702 ter e 134 c.p.c..
1.1. Assume che la Corte aveva errato nel ritenere applicabile l’art. 134 c.p.c., affermando che quando l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., era stata pronunciata in udienza, il termine per proporre l’appello decorreva dalla data di essa per le parti che erano presenti, secondo le risultanze del verbale.
1.2. Deduce, al riguardo, che tale assunto era contraddetto dalla statuizione contenuta nel medesimo provvedimento che, in calce, “mandava alla cancelleria per la comunicazione alle parti ed al P.M.”; e che, trattandosi di ordinanza con contenuto decisorio, doveva ritenersi che soggiacesse allo stesso regime di impugnazione previsto per le sentenze.
2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 702 quater e 327 c.p.c.: assume che la Corte aveva errato nell’applicare il principio di diritto portato nella giurisprudenza di legittimità richiamata (Cass. SU 28575/2018), in quanto la previsione del termine per l’impugnazione contenuta nell’art. 702 quater c.p.c. (e cioè trenta giorni decorrenti dalla data della comunicazione o notificazione) rappresentava una deroga all’art. 326 c.p.c., che, tuttavia, non consentiva di ritenere superata anche la previsione del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c..
3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, infine, il ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.
3.1. Lamenta che la credibilità del racconto era stata valutata disattendendo i parametri normativi richiamati.
4. I primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati per l’intrinseca connessione logica e sono entrambi infondati.
4.1. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.. Non è applicabile, limitatamente all’appello, l’art. 327 c.p.c., comma 1, poiché la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell’ordinanza è logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell’art. 702 quater c.p.c., della decorrenza dello stesso termine, per finalità acceleratorie, dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza medesima” (cfr. Cass. 14478/2018 e Cass. 11331/2017).
4.2. Il principio è pienamente condiviso dal Collegio.
4.3. Nel caso in esame, in cui il rito sommario per la specifica materia è previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, commi 9 e 9 bis, secondo cui l’ordinanza è comunicata alle parti a cura della cancelleria, non può ritenersi derogata la regola generale di cui all’art. 176 c.p.c., a mente del quale le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparire: pertanto, pacifico che dell’ordinanza venne data lettura in udienza, la pubblicazione coincide con tale momento e da essa ha iniziato a decorrere il termine di trenta giorni per impugnare, a nulla valendo la successiva comunicazione della cancelleria ulteriormente effettuata.
4.4. La Corte territoriale si è attenuta correttamente alla regola sopra richiamata: pertanto, le prime due censure devono ritenersi infondate.
5. Il terzo motivo rimane logicamente assorbito.
6. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.
7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte;
rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021
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