LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37463/2019 proposto da:
M.R., rappresentato e difeso dall’avv.to MARCO CAVICCHIOLI, giusta procura speciale in atti ed elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione in Roma, Piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 724/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 24/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. M.R. proveniente dal Pakistan, ricorre, affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, C.P.C., nonché, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della provenienza del richiedente la protezione internazionale.
2. Con il secondo motivo lamenta, altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8 e dell’art. 115 c.p.c., in relazione alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria.
3. Con il terzo motivo si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione dell’art. 11 disp. gen., in merito all’applicabilità del DL 113/2018 alla domanda da lui presentata.
4. Con il quarto motivo, deduce infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’erronea interpretazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6 TUI, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonché ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della sua zona di provenienza.
5. Premesso che il ricorso presenta l’evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, mancando la sommaria esposizione del fatto storico dal quale ha preso origine la controversia in esame (cfr., Cass. 10072/2018; Cass. 7025/2020) – non ritenendosi, al riguardo, sufficiente la mera indicazione del ricorrente di essere militante del partito indipendentista ***** (cfr. pag. 5 secondo cpv. del ricorso) – si osserva che emergono, in relazione a tutti i motivi prospettati, anche ulteriori, numerosi ed evidenti profili di inammissibilità che vengono di seguito esaminati in quanto vertono su fattispecie (la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) e la protezione umanitaria di cui all’art. 5, comma 6 TUI) in relazione alle quali la valutazione della credibilità del racconto assume rilevanza marginale.
6. Quanto al primo ed al quarto motivo – che possono essere trattati congiuntamente in quanto con essi il ricorrente lamenta, denunciando il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che la Corte non avrebbe preso in considerazione la sua regione di provenienza e cioè l’Azad Kashmir – si osserva che la sentenza impugnata condivide espressamente la motivazione resa dal Tribunale che, nell’ambito del dovere di cooperazione istruttoria, si è riferito proprio all’Azad Kashmir, affermando che le COI riportate illustravano la condizione complessiva del Pakistan e che “quanto ora affermato vale, in via generale, anche per l’Azad Kashmir”: al riguardo vengono anche indicati gli elementi attraverso i quali la Corte territoriale era giunta a tale convinzione (cfr. pag. 3 ultimo cpv. sentenza impugnata e 4 primo cpv.).
6.1. le censure, pertanto, non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata e risultano non idonee a condurre ad una diversa decisione della controversia.
7. Ma anche il secondo motivo è inammissibile per mancanza di decisività.
7.1. Premesso, infatti, che la Corte territoriale ha indicato C.O.I. attendibili ed aggiornate dalle quali ha tratto le conclusioni contestate (cfr. pag. 3 della sentenza), si osserva che è stato chiarito che “in tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin information”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poiché in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione; sussiste, invece, una violazione del diritto di difesa del richiedente quando costui abbia esplicitamente indicato le COI, ma il giudice ne utilizzi altre, di fonte diversa o più aggiornate, che depongano in senso opposto a quelle offerte dal ricorrente, senza prima sottoporle al contraddittorio” (cfr. Cass. 29056/2019).
7.2. Nel caso in esame, si rileva che il ricorrente non ha affatto indicato COI diverse ed idonee a condurre ad una differente soluzione della controversia, non sottoposte a contraddittorio dalla Corte territoriale, con ciò dovendosi ritenere inammissibile anche tale censura.
8. Infine, anche il terzo motivo non ha colto la valenza della statuizione che, solo incidentalmente, ha affermato che l’istituto della protezione umanitaria era stato “abolito” dal DL 113/2018, senza tuttavia neanche affrontare i problemi del diritto intertemporale, successivamente chiariti da Cass. SU 29459/2019: l’affermazione, pertanto, non può essere considerata una ratio decidendi autonoma sulla quale si è fondato il rigetto dell’appello, trattandosi piuttosto di un ultroneo (quanto inopportuno) obiter dictum rispetto al quale la censura spiegata non può assumere valore decisivo, in quanto rimangono intonse le altre argomentazioni sulle quali si fonda il rigetto della domanda.
8. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
9. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.
10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte;
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021
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