LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35106/2019 proposto da:
J.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CIA ARCHIMEDE 72, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO GRIECO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSSELLA SCANDURRA;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE, RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE ANCONA, MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1003/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 10/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
Che:
J.M. è cittadino del Bangladesh ed ha raccontato di essere fuggito da quel paese per evitare la violenta ritorsione di suoi parenti a causa della adesione ad un partito politico opposto a quello in cui questi ultimi militavano.
Venuto direttamente in Italia, ha chiesto la protezione internazionale ed umanitaria, rigettata però dalla Commissione territoriale.
2. – Impugna una decisione della Corte di Appello de L’Aquila che, confermando, quella di primo grado, ha ritenuto innanzitutto inverosimile il suo racconto; non sussistenti i presupposti per una protezione internazionale, e priva di prove la richiesta di protezione umanitaria.
– Il ricorso è basato su quattro motivi. Il Ministero non ha notificato controricorso, ma ha depositato atto di costituzione.
CONSIDERATO
Che:
4.- Primo e secondo motivo possono esaminarsi insieme. Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, ed il secondo motivo, oltre che violazione della L. n. 25 del 2008, art. 5, altresì violazione dell’art. 112 c.p.c..
Si duole il ricorrente dello scarso approfondimento dedicato al suo racconto, ed in particolare, anche della circostanza non aver fatto ricorso ai poteri istruttori per meglio indagare sulla vicenda; si duole infine della conseguente illegittima esclusione dei presupposti di tutela internazionale di cui alla L. n. 251 del 2007, art. 14.
I motivi sono inammissibili.
A prescindere dalla genericità delle censure, che non contrastano la ratio decidendi, ma si limitano ad una astratta ricognizione delle norme e degli istituti coinvolti; a prescindere da ciò, dalla motivazione della decisione impugnata (p. 8) risulta che il ricorrente in appello non ha mai contestato il giudizio, reso, in primo grado, inverosimiglianza del suo racconto, e dunque è inammissibile una censura fatta qui per la prima volta e diretta, per l’appunto, a censurare quel giudizio.
detto, peraltro la contestazione non è neanche decisiva, limitata anche essa ad una generica riaffermazione della veridicità del racconto.
5. – Terzo e quarto motivo attengono alla protezione umanitaria e denunciano, il terzo, violazione dell’art. 10 Cost., ed il quarto violazione dell’art. 97, sempre della Carta fondamentale.
tesi del ricorrente è che la corte di merito ha del tutto omesso l’esame della sua condizione, rilevante ai fini della protezione umanitaria, che è una protezione tutelata dall’art. 10 Cost., nel momento in cui riconosce lo status di rifugiato a chi rischia di subire persecuzioni in patria, ed inoltre è un accertamento imposto dal principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione.
Il motivo è inammissibile.
La doglianza è del tutto generica, non contiene ragioni di censura alla decisione impugnata, se non la generica, a sua volta, menzione della circostanza di risiedere in Italia dal 2013 e della buona condotta tenuta.
La ratio della decisione impugnata è che, ai fini della protezione umanitaria, non sono rilevanti né la giovane età ne le condizioni economiche del ricorrente, e queste asserzioni non trovano alcuna critica nei suddetti motivi di ricorso.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021