LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 35816/19 proposto da:
-) I.A.K., elettivamente domiciliato a Verona, via Don Enrico Tazzoli n. 2, presso l’avvocato Francesca Campostrini, che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 1 ottobre 2019 n. 4076;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. I.A.K., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).
2. Nella parte del ricorso dedicata allo svolgimento del processo non sono indicati i fatti che vennero dedotti a fondamento dell’istanza. Solo a p. 23 del ricorso si legge che il ricorrente aveva “allegato di rischiare di essere ucciso come sacrificio umano”.
3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
Avverso tale provvedimento I.A.K. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che la rigettò con ordinanza 5.7.2018.
Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza 1.10.2019 n. 4076.
Quest’ultima ritenne che:
-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;
-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;
-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa né sulla base dei fatti riferiti dal richiedente, in quanto inattendibili; né in base alla situazione oggettiva della *****, in quanto non tale da comportare un rischio di compromissione dei diritti inviolabili del richiedente.
4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da I.A.K. con ricorso fondato su sei motivi.
Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. è superfluo dar conto dei motivi di impugnazione, in quanto il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3.
Il ricorso infatti, come accennato, sia nella parte dedicata alla illustrazione dello svolgimento del processo, sia nella parte dedicata alla illustrazione dei motivi, non indica mai in modo chiaro ed esaustivo:
-) quali fatti vennero dedotti a fondamento della domanda di protezione;
-) quali fatti vennero dedotti a fondamento della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Come accennato, solo a pagina 23 del ricorso vi è un fugacissimo accenno al “rischio di essere ucciso come sacrificio umano”.
Si tratta dunque di una impugnazione palesemente irrispettosa del precetto dettato, pena di inammissibilità, secondo cui il ricorso per cassazione deve indicare “l’esposizione sommaria dei fatti della causa”.
2. Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021