Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.20404 del 16/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36045/19 proposto da:

-) B.A., elettivamente domiciliato a Torino, via Francesco Guicciardini n. 3, presso l’avvocato Lorenzo Trucco, che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo 30.4.2019 n. 926;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

FATTI DI CAUSA

1. B.A., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese sia a causa della propria omosessualità, per la quale aveva subito arresto e detenzione; sia perché minacciato dal proprio padre, di fede musulmana, dopo avere manifestato l’intenzione di convertirsi al cristianesimo.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento B.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Palermo, che la rigettò con ordinanza 19.4.2016.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza 30.4.2019 n. 926.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da B.A. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha notificato controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe “gravemente contraddittoria” e “sconcertante” per avere da un lato ritenuto di non procedere ad un nuovo interrogatorio del richiedente, e dall’altro ritenuto inattendibile il suo racconto.

1.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni indipendenti.

In primo luogo, infatti, il ricorrente – in violazione dell’onere richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, non riferisce se in grado di appello chiese di essere ascoltato: indicazioni necessarie, dal momento che non si potrebbe imputare alla Corte d’appello di non aver interrogato una persona che non chiedeva di esserlo.

In secondo luogo, quel che più rileva, questa Corte ha già stabilito che nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile. (Sez. 1 -, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982 – 01).

E nel caso di specie il ricorrente non deduce alcuna delle tre condizioni sopra indicate.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).

Sostiene che la motivazione della corte d’appello sarebbe “contraddittoria o carente” perché in ***** esistono continue violazioni dei diritti umani, le quali “rendono credibile la storia del ricorrente quanto meno ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria”.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Innanzitutto il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), sul presupposto di avere diritto alla protezione sussidiaria ivi prevista a causa della prove condizione di omosessuale.

Ma la norma appena ricordata consente di accordare la protezione sussidiaria alle persone espatriati da paesi in guerra: dunque la corte d’appello non può aver violato quella norma, per il semplice fatto che – dinanzi alla domanda di protezione fondata sul presupposto di una condizione di omosessualità – non doveva affatto applicarla.

In secondo luogo, e con riferimento alle ulteriori forme di protezione invocate dal ricorrente, la circostanza che questi fosse perseguitato a causa della propria omosessualità è stata ritenuta non credibile dalla Corte d’appello, con valutazione che, per effetto del rigetto del primo motivo di ricorso, è passata in giudicato: con la conseguenza che il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui pare adombrare una violazione, da parte del giudice di merito, del dovere di cooperazione istruttoria, diventa inammissibile per difetto di rilevanza, dal momento che il giudice di merito non è tenuto ad alcun approfondimento istruttorio ufficioso, nel caso in cui ritenga non credibile il racconto del richiedente protezione, con la sola eccezione delle domande di protezione fondata sull’ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).

In terzo luogo, e con riferimento a quest’ultima ipotesi, la corte d’appello ha escluso che nel paese di provenienza dell’odierno ricorrente esista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, e lo ha fatto sulla base di fonti attendibili ed aggiornate, e dunque con giudizio che in punto di diritto è stato rispettoso delle formalità di legge, ed in punto di fatto è insindacabile in questa sede.

3. Col terzo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che, esistendo una “devastante differenza” tra le condizioni sociali ed economiche del ***** e quelle dell’Italia, tanto basterebbe ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e che la Corte d’appello ha violato il dovere di “comparazione” tra la realtà del paese di provenienza, e quella del paese di arrivo.

3.1. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo esso non si confronta con la ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata, e cioè che la domanda di protezione umanitaria non poteva essere accolta perché il ricorrente non aveva “nemmeno allegato” in cosa consisterebbe la sua condizione di vulnerabilità. Giusta o sbagliata che fosse tale valutazione, essa costituiva una autonoma ratio decidendi, ed andava impugnata con un motivo ad hoc, il che non è avvenuto.

In ogni caso, osserva questa corte ad abundantiam che il motivo sarebbe comunque infondato, poiché la Corte d’appello ha preso in esame la situazione del *****, ha valutato la sua nuova leadership, e ritenuto che il nuovo capo di governo sia un “ben conosciuto” attivista dei diritti umani: lasciando dunque intendere che questi ultimi non vengano violati in *****. Trattasi, come è ovvio, tg1i accertamenti di fatto riservato al giudice di merito non sindacabile in questa sede.

In terzo luogo il motivo è infondato (nella parte in cui invoca la “devastante sproporzione” tra il tenore di vita italiano quello *****) in quanto la mera sproporzione di benessere economico del paese di provenienza del richiedente e quello di destinazione non costituisce di per sé giusto motivo per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Questa Corte, infatti, ha già stabilito che l’allegazione di una generale condizione di povertà del proprio Paese non è sufficiente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, salvo che non sia accertato in concreto che essa raggiunga la soglia della vera e propria carestia (Sez. 3 -, Ordinanza n. 20334 del 25/09/2020, Rv. 658988 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 4504 del 19/02/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 3718 del 12/02/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 2724 del 04/02/2021).

3. Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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