Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20411 del 16/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5737-2018 proposto da:

CONSORZIO BONIFICA BURANA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo studio dell’avvocato GIUFFRE’FRANCESCA, rappresentato e difeso dall’avvocato CARULLO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE SAN FELICE SUL PANARO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2172/2017 della COMM. TRIB .REG.EMILIA ROMAGNA, depositata il 07/07/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/03/2021 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

RILEVATO

Che:

1. – con sentenza n. 2172/17, depositata il 7 luglio 2017, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello proposto dal Consorzio della Bonifica Burana, così integralmente confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di due avvisi di accertamento ICI relativi agli anni 2008 e 2009;

– il giudice del gravame, – nel condividere le conclusioni cui era pervenuto il giudice del primo grado di giudizio, – ha rilevato che nei confronti del Consorzio sussisteva il presupposto impositivo, e la correlata soggettività passiva, avuto riguardo alla concessione ex lege dei beni demaniali affidati a titolo gratuito al Consorzio, – che, pertanto, ne era possessore e non anche mero detentore, – ed ha escluso l’applicabilità, nella fattispecie, della causale di esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), avuto riguardo al ristretto, ed inderogabile, ambito applicativo di detta disposizione;

2. – per la cassazione della sentenza ricorre il Consorzio della Bonifica Burana che articola due motivi di ricorso, illustrati con memoria;

– il Comune di San Felice sul Panaro non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 3 e 7, nonché della L. Regione Emilia Romagna, 2 agosto 1984, n. 42, artt. 1, 14 e ss., assumendo il ricorrente, per un verso, che, – alla stregua della stessa disposizione regionale che definisce il Consorzio quale mero consegnatario delle opere e degli impianti di bonifica e di irrigazione (art. 14, comma 1, cit.), deve escludersi, nella fattispecie, il possesso dei beni qualificato in relazione ad una concessione e, per il restante, che, – avuto riguardo alla funzione pubblica esercitata dal Consorzio e riferibile in via diretta ed immediata alla stessa Regione (art. 1, cit.), – avrebbe dovuto ritenersi sussistente la fattispecie esentativa di cui all’art. 7, c. 1, lett. a), cit.;

– col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 3 e 7, deducendo, in sintesi, che, – in relazione, ora, alla natura e destinazione delle unità immobiliari sottoposte a tassazione, – venivano in considerazione beni destinati allo svolgimento di una pubblica funzione e, in quanto tali, classificabili in categoria E9, con conseguente inveramento della fattispecie di esenzione di cui al citato D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, lett. b);

2. – in via preliminare, va disattesa l’istanza di trattazione in pubblica udienza, venendo in considerazione, come si dirà, fattispecie che forma oggetto di un (qui condiviso e) consolidato orientamento interpretativo della Corte, così che il ricorso non riveste valenza nomofilattica (Cass. Sez. U., 5 giugno 2018, n. 14437; Cass., 1 agosto 2017, n. 19115; Cass., 6 marzo 2017, n. 5533) ma (solo) pone l’esigenza di ribadire precedenti arresti della Corte;

3. – il primo motivo è destituito di fondamento;

3.1 – secondo, difatti, il consolidato orientamento interpretativo della Corte, il rapporto tra i consorzi di bonifica ed i beni del demanio loro affidati deve essere declinato secondo lo schema della concessione a titolo gratuito, concessione che consegue dalla stessa legge istitutiva dei consorzi (il R.D. n. 215 del 1933), in correlazione con la funzione specifica, ivi loro assegnata, di “esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica” (citato R.D., art. 54); derivando il titolo direttamente dalla legge, non è necessaria l’emanazione di un conseguente atto amministrativo propriamente concessorio, ed il possesso dei beni è qualificato da detto titolo concessorio, dovendosi escludere la mera detenzione (Cass., 24 luglio 2014, n. 16867 e Cass., 10 settembre 2014, n. 19053 cui adde Cass., 13 febbraio 2019, n. 4186; Cass., 13 febbraio 2019, n. 4186; Cass., 11 ottobre 2017, n. 23833; Cass., 29 ottobre 2014, n. 22904);

3.2 – si e’, altresì, precisato che non è applicabile ai consorzi di bonifica l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a), tenuto conto che la norma riguarda gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici ivi elencati, tra cui non sono compresi i consorzi di bonifica, e considerato che detta disposizione è di stretta interpretazione, avendo natura derogatoria di previsioni impositive generali, ed è quindi insuscettibile di estensione al di là delle ipotesi tipiche disciplinate (Cass., 11 ottobre 2017, n. 23833);

4. – il secondo motivo è inammissibile;

4.1 – in disparte la sua infondatezza nel merito, – essendosi precisato che, in tema di ICI, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. b), nella parte in cui prevede che “sono esenti dal imposta i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9” deve essere inteso, – secondo i criteri dell’interpretazione letterale, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento e con lo stesso decreto, art. 5, comma 3, – nel senso che l’esenzione si riferisce ai fabbricati così classificati oppure a quelli non ancora iscritti al catasto per i quali nel medesimo periodo sussistono i presupposti per l’iscrizione nelle categorie indicate, con esclusione, pertanto, degli immobili che, così come nella fattispecie, risultino già iscritti in categorie diverse da quelle sopra indicate, ad iniziativa del contribuente, atteso che quest’ultimo non può, per beneficiare della suddetta esenzione, invocare a suo favore l’errore se non nei limiti e con gli effetti temporali propri della variazione della classificazione (Cass., 30 settembre 2019, n. 24279), – viene, difatti, in considerazione un motivo di ricorso su di una questione che non ha formato oggetto di esame da parte del giudice del gravame;

– il ricorrente, – che non deduce un qualche vizio di omesso esame da parte della Commissione tributaria regionale, – sottopone, così, alla Corte una questione nuova della cui proposizione, davanti al giudice del gravame, nemmeno dà conto, essendosi rilevato, con costante orientamento interpretativo, che il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino, così come nella fattispecie, indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass., 12 giugno 2018, n. 15196; Cass., 6 giugno 2018, n. 14477; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass., 31 gennaio 2006, n. 2140; Cass., 7 agosto 2001, n. 10902; Cass., 12 giugno 1999, n. 5809; Cass., 29 marzo 1996, n. 2905);

5. – in difetto di attività difensiva della parte rimasta intimata, non v’e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità mentre nei confronti del ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472