LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6255/2016 proposto da:
FONDERMETAL SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 14, presso lo studio dell’avvocato ALESSIA CIPROTTI, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTA MARCHESETTI;
– ricorrente –
contro
P.D., rappresentato e difeso da se medesimo ex art. 86 c.p.c.;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 847/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 08/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
e’ stata impugnata da Fondermetal S.p.a. la sentenza n. 847/2015 della Corte di Appello di Brescia con ricorso fondato su due ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata.
Con il provvedimento oggetto del ricorso in esame la Corte territoriale, in parziale accoglimento del gravame interposto dall’odierna parte controricorrente ed in parziale riforma della sentenza di Tribunale di prima istanza di Bergamo n. 2239/2010, condannava l’odierna società ricorrente al pagamento in favore dell’appellante della somma di Euro 1.113,56 a titolo di spettanze professionali, con compensazione delle spese di lite del doppio grado del giudizio.
il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
CONSIDERATO
che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di omesso esame di un fatto decisivo con riferimento all’art. 115 c.p.c..
Il motivo, per più ordini di ragioni non è ammissibile.
La pretesa addotta violazione dell’art. 115 c.p.c., sostanzierebbe (ove effettivamente ricorrente) un vizio di violazione di legge ricorribile ex art. 360 c.p.c., n. 3 e non certo il vizio (come prospettato dalla parte ricorrente) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, relativo – quest’ultimo – all’omessa valutazione di un fatto.
Deve, poi, osservarsi che le doglianze, di varia natura, addotte col motivo attingono tutte ad una valutazione di merito propria delle fasi del giudizio antecedenti a quella (presente) di legittimità.
Difatti l’ingiustificato superamento del limite tariffario e la questione di eventuali accordi per il superamento di tal limite oppure la stessa mancata esecuzione di tutte le prestazioni pattuite costituiscono tutti profili di natura fattuale.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “omessa e carente motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio” ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo (contraddittorio già nella sua enunciata prospettazione) è inammissibile.
Al riguardo, anche richiamando giurisprudenza (Cass. 26 gennaio 2004, n. 1317) datata, ma tuttora ancor valida, non si può non evidenziare l’intrinseca contraddittorietà logica (invero ricorrente ancor oggi in molteplici ricorsi) di una censura che postula – al tempo stesso – una motivazione inesistente ed anche carente.
Al riguardo fu giustamente ed acutamente osservato con quella sentenza che “in tema di ricorso per cassazione, la denunzia di omessa motivazione, formulata congiuntamente con la denunzia di motivazione insufficiente o contraddittoria, è affetta da insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali vizi coesistere con gli altri, in quanto una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria, mentre l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto ci si duole, risulti comunque formulata”.
In ogni caso parte ricorrente non ha neppure individuato adeguatamente lo specifico e deciso fatto su cui vi sarebbe stata la lamentata omessa o carente motivazione.
E tanto a maggior ragione considerando che, ai sensi del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è “denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. civ., SS.UU., Sent. 7 aprile 2014, n. 8053) e nell’ottica della “riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione”.
3.- All’inammissibilità dei motivo consegue la declaratoria di inammissibilità, nel suo complesso, del ricorso.
4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.
5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 1.700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021