Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.20544 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14846/2016 proposto da:

D.S., D.M., in qualità di eredi, M.G. in proprio e in qualità di erede (Ndr: testo originale non comprensibile), REFRA S.P.I. S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, GILDA IMMOBILIARE TERZA S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, GILDA IMMOBILIARE QUARTA S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 14, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARIA BARONE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANSELMO BARONE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE VENTUNO APRILE 12, presso lo studio dell’avvocato ENNIO PIZZINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO PIZZINO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 203/2016 della CORTE D’APPELLI di ROMA, depositata il 13/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. Con sentenza dell’11 gennaio 2001 il Tribunale di Roma definiva i giudizi, previamente riuniti, che erano stati promossi separatamente dal geometra A.M. nei confronti di D.A., M.G., Gilda Immobiliare s.r.l., Gilda Immobiliare II s.r.l., Gilda Immobiliare III s.r.l., Gilda Immobiliare IV s.r.l., Refra S.P.I. s.r.l., STE.MA. Immobiliare s.r.l. e STE.MA. Immobiliare II s.r.l., condannando i convenuti a pagare le somme che riteneva da ognuno di loro rispettivamente dovute all’attore, come compenso per l’espletamento di pratiche relative a condoni edilizi, con redazione di planimetrie e accatastamenti.

2. La sentenza veniva impugnata da D.A., M.G., Gilda Immobiliare IV s.r.l. (anche quale incorporante le società Gilda Immobiliare e Gilda Immobiliare II), Gilda Immobiliare III s.r.l. (anche quale incorporante le società STE.MA. Immobiliare e STE.MA. Immobiliare II) e Refra S.P.I. s.r.l..

La Corte d’appello di Roma, con sentenza dell’1 luglio 2004, rigettava il gravame e confermava la decisione impugnata.

3. Contro tale sentenza proponevano ricorso per cassazione D.A., M.G., Gilda Immobiliare IV s.r.l., Gilda Immobiliare III s.r.l. e Refra S.P.I. s.r.l..

Questa Corte, con sentenza 21 giugno 2010, n. 14927, rigettava i primi due motivi, accoglieva il terzo e dichiarava assorbito il quarto motivo di impugnazione; la Corte cassava quindi la sentenza impugnata e rinviava la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

4. Con atto notificato il 29 ottobre 2010 A.M. riassumeva la causa; costituitisi in giudizio, gli originari appellanti ribadivano l’eccezione di prescrizione presuntiva.

La Corte d’appello di Roma considerava preclusa l’eccezione di prescrizione e delimitava il thema decidendum del giudizio di rinvio all’accertamento della effettiva esecuzione e adeguatezza, quantitativa e qualitativa, delle prestazioni; con sentenza 13 gennaio 2016, n. 203, la Corte, ritenuta “nel complesso la effettività dell’espletamento del mandato professionale e l’efficienza e utilità finale dell’attività professionale”, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

5. Contro la sentenza ricorrono per cassazione D.M. e D.S. (in qualità di eredi di D.A.), M.G. (in proprio e quale erede di D.A., rappresentata dall’amministratore di sostegno avv. V.O.), nonché Gilda Immobiliare IV s.r.l. (anche quale incorporante le società Gilda Immobiliare e Gilda Immobiliare II), Gilda Immobiliare III s.r.l. (anche quale incorporante le società STE.MA. Immobiliare e STE.MA. Immobiliare II) e Refra S.P.I. s.r.l..

Resiste con controricorso A.M..

I ricorrenti e il controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: la Corte d’appello sarebbe venuta meno al proprio compito di giudice del rinvio, “discostandosi dalle vincolanti statuizioni della sentenza di annullamento” in quanto la materia del contendere “devoluta alla cognizione del giudice del gravame non riguardava e non riguarda la prova dei fatti impeditivi e/o estintivi del diritto di credito vantato dall’ A., quanto invece la diversa prova dei fatti costitutivi di tali diritto”.

Il motivo non può essere accolto. Il giudice di rinvio ha infatti considerato il dictum della Suprema Corte, che ha rilevato come “la materia devoluta alla cognizione del giudice di secondo grado non investiva un qualche fatto impeditivo o estintivo, ma quelli costitutivi del diritto accampato dall’attore”, e ha individuato il thema decidendum del giudizio di rinvio nell’accertamento “della effettiva esecuzione e adeguatezza quantitativa e qualitativa delle prestazioni oggetto della pretesa del geometra A.”; né rileva al riguardo che nel riportare la statuizione della Suprema Corte il giudice di rinvio abbia inserito, tra parentesi, l’aggettivo “solo” e la perifrasi “in antitesi a una prova definita pacifica e comunque presuntiva del credito”, da ritenersi meramente esplicativi del dictum della Corte, e neppure rileva che il giudice di rinvio abbia omesso l’inciso della Corte “dati gli errori cui il professionista era incorso”, trattandosi di inciso relativo alle deduzioni dei convenuti.

b) Il secondo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 384 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: la Corte di cassazione aveva prescritto al giudice di rinvio “l’esame delle deposizioni rese in primo grado da tre ben individuati testi di parte (allora) convenuta”; il giudice di rinvio, invece, ha attribuito alle deposizioni di due testimoni ( S. e F.) “un contenuto e un significato antitetici a quelli effettivi”, ha poi pretermesso in toto la deposizione della terza testimone ( Mi.) e non ha considerato la “risolutiva” perizia C..

Il motivo non può essere accolto. La Suprema Corte, rilevato che era stata contestata l’effettività e l’adeguatezza delle prestazioni, aveva sottolineato che la Corte d’appello non aveva considerato le prove testimoniali che in proposito erano state assunte.

Il giudice di rinvio ha ottemperato a quanto prescritto dalla Corte: ha infatti esaminato le prove assunte e prodotte in giudizio e ha ritenuto sulla base del “quadro probatorio complessivo” raggiunta la prova circa l’effettiva esecuzione ed adeguatezza delle prestazioni svolte dall’originario attore. In particolare, in motivazione è stata valorizzato il documento del 26 giugno 1986 e le dichiarazioni rese dai testimoni Ca., A., Me., D.N.; sono poi state considerate la perizia giurata del geometra C. e le dichiarazioni dei testimoni S. e F., circa le quali il giudice di rinvio – in base al proprio prudente apprezzamento, insindacabile da questa Corte di legittimità – ha ritenuto che confermassero indirettamente l’attività complessa svolta da A.; quanto alla mancata considerazione in motivazione delle dichiarazioni della testimone Mi., va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla (v. al riguardo, ex multis, Cass. 520/2005).

c) Il terzo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, degli artt. 384 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: la Corte d’appello, quale giudice del rinvio, ha erroneamente ritenuto precluso l’esame dell’eccezione di prescrizione riproposta dai convenuti in riassunzione, non potendo la questione ritenersi preclusa dal rigetto del motivo riguardante la prescrizione presuntiva eccepita da D..

Il motivo non può essere accolto. La Suprema Corte ha infatti disatteso il primo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti si dolevano del rigetto delle eccezioni di prescrizione presuntiva che – i ricorrenti e quindi non il solo D. – avevano opposto alle domande fatte valere nei loro confronti da A., in quanto correttamente il giudice di secondo grado aveva ritenuto che le eccezioni non fossero state utilmente sollevate (e ha ritenuto inammissibili le ulteriori argomentazioni concernenti la data di decorrenza del termine dell’eccepita prescrizione e l’assenza di atti interruttivi). La Suprema Corte ha poi sì ritenuto assorbito il quarto motivo di ricorso (con il quale i ricorrenti lamentavano di essere stati condannati in solido a rimborsare le spese del giudizio nonostante l’autonomia che i singoli giudizi avevano conservato anche dopo la loro riunione), ma l’assorbimento del profilo, attinente alle spese, non rimetteva assolutamente in gioco il rigetto del motivo attinente alla prescrizione.

II. Il ricorso va quindi respinto.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 7.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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