Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20567 del 19/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1890/2020 proposto da:

H.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

nonché da: ricorso successivo senza N.R.G..

H.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI n. 81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, rappresento e difeso dall’avvocato IMMACOLATA MARRA;

– ricorrente successivo –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA;

– intimato –

avverso il decreto n. cronologico 9105/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 29/11/2019 R.G.N. 10814/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

Che:

1. con decreto 29 novembre 2019, il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso di H.F., cittadino bengalese del distretto di Maripur e musulmano di etnia bengali, avverso la decisione della Commissione Territoriale di Caserta, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. esso riteneva, come la Commissione territoriale, la scarsa credibilità del richiedente, che aveva riferito di essere rimasto senza denaro, a causa dell’appropriazione della cassa da parte del suo socio nell’attività di spedizione di denaro, egli essendo stato pure sequestrato e derubato della somma di 600.000 taka ottenuta in prestito da una banca: così costretto, per ripianare il debito, alla vendita della terra e della casa, senza però riuscire ad estinguerlo con i clienti e decidendo allora di espatriare nell’agosto 2016 dal Bangladesh (dove lasciava due fratelli, la moglie e quattro figli), arrivando in Italia nell’ottobre 2016;

3. investito sostanzialmente delle allegazioni già disattese in sede amministrativa senza neppure adeguata confutazione delle ragioni di diniego, il Tribunale riteneva inattendibile e contraddittorio il racconto, con una valutazione, per le carenti e poco plausibili deduzioni, preclusiva delle richieste misure di protezione internazionale, anche tenuto conto dell’inesistenza di una condizione di violenza indiscriminata in Bangladesh, repubblica secolare e democratica, piuttosto attraversata da critici conflitti tra i due maggiori partiti (AL di maggioranza e BNP di opposizione), con severe limitazioni dei diritti di libertà e fondamentali nei confronti di categorie di persone (giornalisti e bloggers, disabili, minoranze religiose), cui non ascrivibile il ricorrente, pertanto non esposto al pericolo di un grave danno in caso di rimpatrio;

4. ma esso neppure riteneva il predetto in condizioni di vulnerabilità, né di adeguato livello di integrazione sociale in Italia (sulla sola base di un contratto a tempo indeterminato come cucitore dal 26 novembre 2018), anche comparativamente al proprio Paese, tali da meritargli la protezione umanitaria;

5. con due distinti atti, a ministero di diversi difensori, entrambi notificati il 30 dicembre 2019 (via PEC a distanza di poche ore l’uno dall’altro), lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi per ognuno; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. il secondo ricorso, proposto per il richiedente dall’avv. Marra, deve essere dichiarato inammissibile, in applicazione del principio di consumazione dell’impugnazione, che, non escludendo (fatti salvi determinati limiti) che dopo la proposizione di un’impugnazione viziata possa esserne proposta una seconda immune dai vizi della precedente e sostituirla, non consente però a chi abbia già proposto rituale impugnazione di proporne una successiva, di diverso o identico contenuto (Cass. 27 ottobre 2005, n. 20912; Cass. 2 maggio 2007, n. 10099);

2. il ricorrente deduce (con il primo e unico ricorso ammissibile) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, art. 14, comma 1, lett. b), c), per la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria in riferimento alla domanda di protezione internazionale, in assenza: quanto all’ipotesi della lett. b), di approfondimento sulla condizione della insolvenza debitoria in Bangladesh, in cui tollerati la carcerazione per debiti e il lavoro asservito (*****); quanto all’ipotesi della lett. c), di una maggiore attualità delle fonti ufficiali consultate, risalenti al 2017 e pertanto precedenti di oltre due anni la decisione impugnata (primo motivo); omesso esame di fatti decisivi, relativi al riconoscimento della protezione umanitaria, in riferimento alla propria condizione soggettiva di vulnerabilità per la pesante condizione debitoria contratta in Bangladesh e del trattamento ivi riservato agli insolventi, per la traumatica esperienza del sequestro e della rapina subiti, nonché in relazione al percorso di inserimento sociale con il lavoro di operaio tessile, a fronte della condizione lavorativa non tutelata nel Paese di provenienza (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

2.1. a fronte di un apprezzamento giudiziale basato su informazioni ufficiali e specifiche, di esclusione di una condizione di violenza indiscriminata in Bangladesh, repubblica secolare e democratica, piuttosto attraversata da critici conflitti tra i due maggiori partiti politici (AL di maggioranza e BNP di opposizione) e di illustrazione delle limitazioni dei diritti di libertà e fondamentali (Rapporto Usdos 2017 – Bangladesh, indicato al secondo e terzo capoverso di pg. 5 del decreto), non direttamente riguardanti la posizione del richiedente, aggiornate al momento di adozione della decisione (Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230), questi oppone considerazioni di carattere generale, non riscontrate da una censura idonea a dimostrare, con puntuali elementi di fatto, che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, in totale assenza di fonti alternative o successive proposte, tali da consentire l’effettiva verifica di violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769): nell’assoluta inadeguatezza, a riguardo del trattamento dell’insolvenza in Bangladesh, del riferimento al sito privato *****) (al penultimo capoverso di pg. 11 del ricorso), privo della prescritta ufficialità della fonte informativa, in funzione della sua attendibilità;

2.2. non è poi configurabile alcuna omissione di esame di fatti, per carenza del carattere di decisività proprio per la deduzione della loro pluralità, che esclude ex se la portata risolutiva di ciascuno (Cass. 5 luglio 2016, n. 13676; Cass. 28 maggio 2018, n. 13625), così collocandosi il vizio denunciato al di fuori del più circoscritto ambito devolutivo del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in ogni caso, non riguardante l’esame di un fatto storico, quanto valutazioni probatorie, sinteticamente ricondotte alla condizione soggettiva del richiedente in riferimento a quella del Bangladesh, eccedente il più rigoroso ambito devolutivo della norma denunciata, da cui resta esclusa la valutazione delle risultanze istruttorie (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

3. pertanto entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ogni ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472