Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20568 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1896/2020 proposto da:

O.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI 2021 SALERNO, in persona del Ministro pro tempore, 933 rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 9375/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 09/12/2019 R.G.N. 8043/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

RILEVATO

Che:

1. con decreto 9 (comunicato il 10) dicembre 2019, il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso di O.B., cittadino nigeriano, avverso la decisione della Commissione Territoriale di Salerno, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. esso riteneva, come la Commissione territoriale, che la ragione per la quale il richiedente (originario di Benin City in Edo State e abitualmente ivi residente) era partito dalla Nigeria il 27 luglio 2016, arrivando in Italia il 6 settembre 2016, di cura dei problemi di salute da cui asseritamente afflitto con dolori al petto (essendo stato peraltro operato di appendicite in Nigeria, con esito positivo), ostasse all’integrazione della protezione internazionale richiesta: in assenza di alcuna specifica certificazione diagnostica e terapeutica, per risalenza e genericità della documentazione prodotta, neppure adeguatamente integrata nonostante i differimenti concessi anche in sede amministrativa, essendo inidonea persino all’esperimento di C.t.u. medica, richiesta in via esplorativa, ma inammissibile siccome non sostitutiva dell’onere di allegazione e prova della parte;

3. il Tribunale negava la misura suddetta, anche tenuto conto della situazione di Edo State, non versante in una condizione di violenza indiscriminata per conflitto armato rilevante ai fini del grave danno per la protezione sussidiaria (come da fonti ufficiali consultate, aggiornate al 2019);

4. analoga preclusione esso ravvisava sussistere per la protezione umanitaria, in assenza di elementi di vulnerabilità diversi dalla salute e nulla avendo il richiedente allegato sulle proprie condizioni di vita nel Paese d’origine, in funzione comparativa con la situazione in Italia; anche tenuto conto del moderato rischio di contagio a causa della diffusione in Nigeria, come in altri Stati africani, della cd. febbre di Lassa, secondo le aggiornate fonti dell’OMS, consultate e debitamente illustrate;

5. infine, esso negava la possibilità di esame dei documenti, prodotti soltanto in corso di causa, relativi allo stato di gravidanza dell’asserita compagna del richiedente, in quanto fatti nuovi, mai primi riferiti né allegati in ricorso introduttivo del giudizio;

5. con atto notificato il 9 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, art. 4, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, art. 35 bis, comma 13, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2,3,29,31,32,117 Cost., artt. 2, 3, 8 CEDU, per inosservanza dell’obbligo di cooperazione istruttoria, in riferimento specifico alla concessione di protezione umanitaria, in difetto di alcun esame, né tanto meno di approfondimento specifico, della certificata condizione di gravidanza (documentata dalla produzione con nota di deposito del 19 novembre 2019) della propria compagna (nelle more seguita dalla nascita, nello stesso giorno di comunicazione del decreto impugnato e debitamente registrata, della bambina riconosciuta da entrambi i genitori), sul rilevo di novità e carenza di tempestiva allegazione, tuttavia non deducibile (né prevedibile) al momento di introduzione del giudizio, ma sopravvenuta nel suo corso e doverosamente esaminabile dal giudice, tenuto a decidere in base a tutti gli elementi esistenti a tale momento (unico motivo);

2. esso è fondato:

2.1. in via di premessa, occorre ribadire il principio per il quale, in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, deve essere letto in conformità al disposto dell’art. 46, par. 3 della direttiva 2013/32/UE nell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia UE: sicché, ove il ricorso contro il provvedimento di diniego di protezione contenga motivi o elementi di fatto nuovi, il giudice, se richiesto, non può sottrarsi all’audizione del richiedente, trattandosi di strumento essenziale per verificare, anche in relazione a tali nuove allegazioni, la coerenza e la plausibilità del racconto, quali presupposti per attivare il dovere di cooperazione istruttoria; in via ordinaria, in corrispondenza di una tempestiva allegazione con il ricorso introduttivo, che onera il richiedente di indicare in esso gli elementi costitutivi della domanda (petitum e causa petendi) e dunque i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della pretesa, oltre all’indicazione specifica di eventuali mezzi di prova e documenti dei quali intenda valersi: nel rispetto della previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in considerazione del riflesso dell’osservanza degli oneri di allegazione sulla verifica di fondatezza della domanda sul piano probatorio (Cass. 23 ottobre 2019, n. 27073, in motivazione sub p.ti 5.4., 5.5., 5.6.; Cass. 19 febbraio 2021, n. 4556);

2.2. peraltro, giova richiamare anche la previsione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, secondo la quale il Tribunale deve decidere, entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso, “sulla base degli elementi esistenti al momento della decisione”;

2.3. nel caso di specie, è sopravvenuto il fatto nuovo, non prevedibile all’epoca di proposizione del ricorso al Tribunale (19 marzo 2018) e rilevante al fine di concessione della protezione umanitaria, della gravidanza della compagna del richiedente (seguita dalla nascita della figlia, registrata all’Ufficio dello Stato Civile del Comune di Aversa e riconosciuta dal medesimo e dalla madre), documentato con nota di deposito del 19 novembre 2019 per l’udienza del 20 novembre 2019, di rinvio (per integrazione documentale dello stato di salute) dalla precedente udienza dell’8 maggio 2019 (di libero interrogatorio, dopo il deposito di note difensive sulla questione di incompetenza territoriale del 3 gennaio 2019); sicché, tale fatto è stato anteriore alla decisione ed infatti conosciuto dal Tribunale, ma non esaminato in quanto fatto nuovo tardivamente allegato (ultimo capoverso di pg. 10 del decreto);

2.4. d’altro canto, il nostro ordinamento prevede la possibilità di allegazione di fatti nuovi sopravvenuti dal momento della loro conoscenza, purché veicolati con il primo atto difensivo utile successivo: a) sia in ipotesi di diritto sostanziale, in particolare riferimento a conseguenze patrimoniali derivanti dal licenziamento illegittimo, in relazione all’ammissione del datore di lavoro, che non ne abbia avuto precedente conoscenza, a dedurre e provare tardivamente circostanze idonee a dimostrare l’aliunde perceptum del lavoratore, con la formulazione di relative deduzioni, una volta acquisita tale cognizione, in osservanza del principio desumibile dagli artt. 414,416 e 420 c.p.c. (Cass. 20 giugno 2006, n. 14131; Cass. 29 novembre 2013, n. 26828); b) sia in ipotesi di diritto processuale, in particolare in tema di opposizione agli atti esecutivi, qualora il soggetto onerato essa proponga invocando la nullità di atti del procedimento, sull’assunto che uno di essi, presupposto degli altri, non gli sia stato debitamente notificato, con opposizione ritenuta tempestiva, ove formulata oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c., comma 2, ma nei venti giorni dalla sopravvenuta conoscenza di fatto di detto atto del procedimento, qualora alleghi e dimostri il momento di conoscenza dell’atto presupposto nullo e di quelli conseguenti, ivi compreso l’ultimo (Cass. 17 marzo 2010, n. 6487; Cass. 27 luglio 2017, n. 18723);

3. reputa questa Corte che il documentato fatto sopravvenuto, alla luce delle superiori argomentazioni, debba essere esaminato e debitamente accertato dal giudice, in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, anche tenuto conto, ovviamente in via interpretativa non essendo al caso di specie applicabile ratione temporis (attesa la sua entrata in vigore dal 22 ottobre 2020), del riferimento, nella valutazione dei motivi di esclusione del respingimento o dell’espulsione o dell’estradizione di una persona verso uno Stato, alla tutela del “diritto al rispetto della sua vita privata e familiare” contenuto nel D.L. n. 130 del 2020, art. 1 comma 1 (conv. in L. n. 173 del 2020: cd. Decreto Lamorgese), sostitutivo D.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, n. 1;

4. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione del decreto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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