LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36475/2019 proposto da:
Z.E., e G.X., in proprio e quali genitori legali rappresentanti della figlia minore Z.R., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA MANCINI 4, presso lo studio dell’avvocato GIAN FRANCO D’ONOFRIO, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO ROSTAN;
– ricorrenti –
contro
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D’AOSTA, e PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI TORINO;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 11/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. Z.E. e G.X., provenienti dall’Albania, in proprio ed in qualità di genitori e legali rappresentanti della figlia minore Z.R., ricorrono affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto della Corte d’Appello di Torino, sez. speciale per i Minorenni, che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di proroga del permesso di soggiorno avanzata, ex art. 31 comma 3 TUI, per la tutela dell’unità familiare, permesso che era stato originariamente concesso – dopo il loro ingresso in Italia con visto Schengen – per avere il tempo di riorganizzare il rientro in patria.
1.1. Per ciò che qui interessa, i ricorrenti hanno dedotto che si erano perfettamente integrati in Italia dove svolgevano stabilmente attività lavorativa e dove la figlia minore, nata a Pinerolo successivamente al loro ingresso, si era radicata, ragione per cui un rientro in patria avrebbe certamente comportato una sua destabilizzazione psicofisica.
2. La parte intimata non si è difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la violazione del diritto all’unità familiare sancito dal titolo IV del D.Lgs. n. 286 del 1998 (da ora T.U.I.), nonché dell’art. 8 CEDU.
1.1. Assumono che la Corte territoriale aveva postergato l’interesse superiore del rispetto della vita familiare a privata, a generali principi di ordine pubblico, assegnando all’art. 31 T.U.I. una interpretazione restrittiva ed illegittima.
2. Con il secondo motivo deducono, ancora, la violazione dell’art. 19 T.U.I. in relazione all’art. 9 e ss., della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, con violazione del divieto di espulsione dei minori e del diritto all’unità familiare.
2.1. Assumono inoltre che era stato ignorato il doveroso rispetto del supremo interesse del bambino, con violazione dell’art. 24 della Carta dei Diritti Fondamentali UE.
3. Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti deducono il difetto di motivazione, in violazione degli artt. 739 – 737 c.p.c., nonché la falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31. Deducono che la Corte territoriale aveva travisato le ragioni della domanda ovvero i rischi ed i pregiudizi che sarebbero derivati alla figlia minorenne (dell’età di cinque anni e già integrata) ed ad essi ricorrenti dall’allontanamento dal territorio nazionale, evento certamente traumatico e pregiudizievole rispetto al complessivo radicamento sino a quel momento maturato.
4. I tre motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica: il terzo è l’antecedente logico degli altri due.
4.1. Con esso i ricorrenti lamentano che la Corte aveva reso una motivazione sostanzialmente inesistente, omettendo di considerare il trauma che la minore avrebbe subito a seguito dello sradicamento dal luogo dove era nata e cresciuta, sia pur per il breve ma significativo periodo di vita sinora vissuta, corrispondente alla prima infanzia, senza alcuna considerazione degli elementi allegati: lamentano che, con ciò, era stato violato il diritto all’unità familiare che la concessione del permesso di soggiorno previsto dall’art. 31, comma 3 TUI concorreva a garantire in funzione del superiore interesse del minore; e che la giurisprudenza di legittimità aveva individuato i presupposti della fattispecie in qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, poteva derivare o sarebbe certamente derivato alla minore dall’allontanamento dai familiari o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui era cresciuta.
5. Il Collegio osserva quanto segue.
5.1. Pacifico che non ricorre, in capo ai genitori della bambina, alcuna ipotesi di pericolosità con la quale ci si debba confrontare in funzione del giudizio di comparazione fra il preminente interesse della minore ad una crescita serena all’interno dell’unità familiare e la tutela dell’ordine pubblico (cfr. in primis Cass.SU 21799/2010), si osserva che la più recente giurisprudenza di legittimità, pienamente condivisa da questo collegio, ha avuto modo di affermare che:
a. la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, potrebbe derivare o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto (cfr. Cass. 15191/2015; Cass. 17739/2015; Cass. 25419/2015);
b. l’esame che il giudice è chiamato a compiere a fronte dell’istanza di autorizzazione alla permanenza del familiare del minore stesso D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, è diretto all’accertamento della sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale o futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso dal contesto di vita usuale; tale autorizzazione, concessa a tempo determinato, è revocabile ove vengano meno le sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo. (cfr Cass.17861/2017).
c. In tema di rilascio dell’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, la vulnerabilità di minori nati in Italia ed integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, deve essere presunta, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell’età, per i minori in età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare. Ne consegue che la loro condizione di vulnerabilità deve essere ritenuta prevalente, sino a prova contraria, rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, dovendosi dare primario rilievo al danno che potrebbe derivare per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia alcun concreto rapporto” (cfr. Cass. 18188/2020 per una ipotesi sovrapponibile a quella in esame; ed, in termini, cfr. Cass. 773/2020; Cass. 20645/2019).
5.2. Tanto premesso, si osserva che la terza censura con la quale si lamenta il difetto di motivazione in relazione ai presupposti della fattispecie invocata, deve essere ricondotta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, trattandosi della denuncia di un error in procedendo (cfr. Cass.SUU 17931/2013; Cass. 4036/2014; Cass. 26310/2017): il motivo, dopo avere criticato l’affermazione finale della sentenza, fondato sulla presunzione di un utilizzo improprio della fattispecie invocata (“il permesso richiesto non poteva essere finalizzato a supplire al mancato ottenimento di altre tipologie di permesso da parte dei genitori” (cfr. pag. 3, secondo cpv.), censura il vizio di sussunzione da cui è affetto il percorso argomentativo della Corte, laddove afferma – senza ausilio di una indagine affidata ad uno specialista di psicologia infantile e, dunque, sulla base della personale convinzione dei giudici – che la minore che non abbia iniziato il ciclo delle scuole elementari, non possa avere stabilito legami e relazioni interpersonali significative in Italia.
5.3. Da ciò, i giudici d’appello hanno tratto le apodittiche conclusioni secondo cui l’improvviso venir meno della frequenza alla scuola d’infanzia ed il rientro in Albania non sarebbe idoneo ad arrecare alla bambina ed all’intero nucleo familiare alcun grave pregiudizio psicofisico.
5.4. Tale giudizio risulta espresso senza alcun riferimento alle specifiche allegazione prospettate (alle quali non viene data coerente risposta) ed alla documentazione prodotta: in buona sostanza, l’affermazione che nega assertivamente il rischio di un grave danno non viene affatto collegata alle emergenze processuali ed, in particolare, alle circostanze, invero ignorate dalla Corte torinese, che la minore è nata in Italia, che ha anche altri parenti (gli zii paterni) radicati sul territorio nazionale, che ha un genitore che svolge attività lavorativa più che decorosamente remunerata, e che abita con la famiglia in una casa in locazione sulla base di regolare contratto registrato (cfr. doc. 7, 8, 9, e 10 prodotti), tutti elementi diretti ad assicurare condizioni di radicamento secondo i comuni criteri di normalità.
5.5. Inoltre, la sentenza è affetta, quanto al profilo fattuale, da motivazione assertoria proprio là dove sostiene che la minore che frequenta la scuola dell’infanzia non potrebbe stabilire legami e relazioni significative: l’affermazione, anche se la corte torinese avesse voluto assumere la funzione di peritus peritorum, avrebbe dovuto essere collegatck, in termini di coerenza, con qualche elemento concreto volto a dare dimostrazione di essa che risulta del tutto assente.
5.6. Rispetto a ciò, inoltre, non è inutile evidenziare che, aì fini della valutazione del presupposto indicato nell’art. 31 TUI, esiste uno stretto collegamento fra il danno derivante dall’improvviso allontanamento dal luogo in cui il minore è radicato e la perdita delle condizioni economiche in cui egli, anche in relazione alla stabile integrazione del nucleo familiare di appartenenza, si è venuto a trovare.
5.7. Al riguardo, questa Corte ha condivisibilmente affermato che “ai fini della valutazione circa la sussistenza dei gravi motivi per il rilascio dell’autorizzazione alla permanenza in Italia dei familiari degli stranieri minori di età, il tribunale per i minorenni nell’effettuare il giudizio prognostico circa le conseguenze alle quali il minore sarebbe esposto a seguito dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui egli è nato o vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione, deve considerare anche le ricadute negative che deriverebbero dal mutamento della situazione economica della famiglia conseguente alla perdita del lavoro da parte dei genitori, in quanto il deterioramento di tali condizioni è idoneo ad incidere non solo sul piano economico, ma anche sul piano relazionale ed affettivo del bambino.” (cfr. Cass. 27237/2020) 5.8. Gli elementi sopra sintetizzati non sono stati affatto considerati dalla Corte territoriale ai fini di una corretta, quanto complessiva, valutazione del rischio paventato che, dunque, è stato escluso con una motivazione apparente.
6. Gli altri motivi rimangono logicamente assorbiti.
7. Il decreto, pertanto, deve essere cassato con rinvio alla Corte d’appello di Torino, sezione Speciale per i Minorenni, in diversa composizione, per il riesame della controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati ed anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, sezione Speciale Minorenni, in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021