Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20586 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 28101/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrente –

contro

C.A., (C.F. CRTNTN58E28D086Y), rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Rotundo, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Cosimo De Masi, in Roma via Romeo Romei 27.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 665/03/2014 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, depositata il giorno 6 maggio 2015.

Lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2021 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

C.A. impugnò l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate e la relativa cartella di pagamento, con cui vennero ripresi a tassazione maggiori redditi, ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, per l’anno d’imposta 2006.

L’impugnazione venne integralmente accolta in primo grado; proposto appello dall’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, con sentenza resa il giorno 6 maggio 2015, lo dichiarò inammissibile.

Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso C.A..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate eccepisce la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 1, e art. 53, comma 2, avendo il giudice di merito erroneamente dichiarato inammissibile l’appello, solo perché l’amministrazione aveva omesso di depositare la ricevuta di spedizione del plico postale.

1.1. Il motivo è fondato.

Com’e’ noto, sul tema della notifica nel processo tributario dell’appello a mezzo del servizio postale, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che non costituisce motivo d’inammissibilità dell’appello, il fatto che l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.

Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione.

Invece, in mancanza della ricevuta di spedizione, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione della sentenza (Cass. S.U. 29/05/2017, n. 13452; conforme Cass. 11/05/2018 n. 11559).

1.2. Orbene, nella vicenda che ci occupa, è incontroverso, da un lato, che la notifica a mezzo del servizio postale dell’atto di appello venne ricevuta dall’appellato il giorno 7 maggio 2013, dall’altro che la costituzione in giudizio dell’amministrazione intervenne il successivo 21 maggio 2013, restando conseguentemente rispettato sia il termine lungo semestrale per l’appello (risalendo pacificamente il deposito della sentenza appellata al 19 novembre 2012), sia il termine di trenta giorni, decorrente come detto dalla ricezione del plico raccomandato, per la costituzione in lite.

2. Con il secondo motivo assume la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, art. 36, avendo la commissione tributaria regionale ritenuto illegittimo l’avviso impugnato, senza fornire una comprensibile spiegazione delle ragioni di una siffatta conclusione.

3. Con il terzo motivo deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 e del D.P.R. 24 ottobre 1972, n. 633, art. 51, poiché il giudice di merito ha ritenuto senz’altro inattendibile l’avviso di accertamento, pure fondato sulla movimentazione bancaria registrata sul conto corrente del contribuente.

3.1. I due motivi, meritevoli di trattazione congiunta, sono entrambi inammissibili per difetto di interesse.

E invero, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul merito della controversia, proceda poi comunque all’esame delle questioni di merito, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione – da considerarsi in sostanza svolta solo ad abundantiam – su tale ultimo aspetto (Cass. S.U. 01/02/2021, n. 2155; Cass. 16/06/2020, n. 11675; Cass. 19/12/2017, n. 30393).

Nella pronuncia impugnata non v’e’ da dubitare che il giudice d’appello, dopo essersi ampiamente soffermato sulle ragioni delle ritenuta inammissibilità dell’appello proposto dall’Amministrazione, ha affrontato (“di sfuggita” testualmente) il merito della pretesa tributaria, senza una effettiva cognizione dei motivi di appello proposti dall’appellante, restando conseguentemente le relative doglianze formulate in questa sede dall’Agenzia delle entrate tutte parimenti inammissibili.

4. In definitiva, accolto il primo motivo e dichiarati inammissibili i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, per un nuovo esame e per statuire anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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