Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20629 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25496/2020 proposto da:

A.T., difeso e rappresentato dagli avv. Tiziana Aresi, e Massimo Carlo Seregni, giusta procura in atti, domiciliato presso la Cancelleria della I sezione Civile;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 692/2020, depositata il 14.07.2020, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da A.T., cittadino della *****, avverso l’ordinanza del 9.10.2019 con cui il Tribunale monocratico di Ancona ha dichiarato inammissibile, qualificandola come “mera reiterata”, la sua domanda finalizzata ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

Il giudice d’appello ha osservato che, applicandosi al caso di specie la normativa introdotta a far data dal 18.0.8.2016 dalla L. n. 46 del 2017, di conversione del D.L. n. 13 del 2017, c.d. Decreto Minniti, con la nuova disciplina normativa non è più contemplato il grado d’appello, ma solo il ricorso per cassazione, da proporsi entro 30 giorni della comunicazione del decreto del giudice di primo grado.

Infine, il giudice di secondo grado ha rilevato l’inammissibilità dell’appello tenuto anche conto che il ricorrente aveva reso dichiarazioni innanzi alla Commissione successivamente all’entra in vigore della L. n. 46 del 2017.

Ha proposto ricorso per cassazione A.T. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35.

Lamenta il ricorrente di aver inizialmente presentato la sua richiesta di protezione nel 2016, essendosi nel 2018 limitato a reiterare quella medesima domanda, con la conseguenza che devono applicarsi i mezzi di impugnazione previsti al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale originaria. Peraltro, nel caso di specie, l’atto che è stata impugnato innanzi alla Corte d’Appello era un’ordinanza monocratica, come previsto per i ricorso introdotti con la normativa “Minniti”.

2. Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente osservato che qualora un richiedente, dopo il rigetto di una precedente domanda di protezione internazionale, presenti una nuova domanda, tale istanza, a norma del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 29, comma 1 bis, è sottoposta ad esame preliminare da parte del Presidente della Commissione, diretto ad accertare se emergono o sono stati addotti, da parte del richiedente, nuovi elementi, rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale.

Ove tale esame preliminare abbia esito negativo, la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all’esame, ove abbia valutato che il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che era stata presa una precedente decisione (negativa) da parte della Commissione stessa, senza siano stati addotti nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine.

Dunque, la nuova domanda di protezione internazionale viene comunque sottoposta ad nuova valutazione e, ove tale domanda sia considerata dalla Commissione una “mera reiterata”, tale decisione può essere, a sua volta, impugnata innanzi al giudice per essere sottoposta ad un vaglio giurisdizionale.

Non vi è dubbio che sia la seconda domanda di protezione internazionale proposta dal richiedente – pur se considerata “una mera reiterata” (ma solo dopo la valutazione di cui sopra), sia l’impugnazione della decisione di inammissibilità della domanda pronunciata dalla Commissione territoriale, abbiano natura autonoma rispetto alla domanda originaria ed alla impugnazione della decisione originaria della Commissione, con la conseguenza che, ai fini del regime di impugnazione, deve applicarsi la legge processuale vigente al momento dell’impugnazione della nuova decisione della Commissione, secondo il principio “tempus regit actum”.

Nel caso di specie, emerge dalla stessa ricostruzione del ricorrente che la seconda domanda di protezione è stata depositata innanzi alla Commissione nel 2018, e quindi successivamente all’entrata in vigore della L. n. 46 del 2017. Pertanto, e’, a maggior ragione, successiva all’entrata in vigore del c.d. Decreto Minniti la nuova impugnazione della decisione di inammissibilità della domanda “reiterata” pronunciata dalla Commissione Territoriale.

Risulta, peraltro, dalla non contestata ricostruzione della Corte d’Appello che il richiedente aveva reso ulteriori dichiarazioni innanzi alla Commissione dopo l’entrata in vigore della nuova legge sopra citata.

Ne consegue che il provvedimento del giudice di primo grado avrebbe dovuto essere impugnato direttamente con il ricorso per cassazione a norma del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13.

Ne’, peraltro, può rilevare che, erroneamente, il giudice di primo grado avesse deciso in composizione monocratica anziché collegiale.

In proposito, va osservato (vedi Cass. n. 5232 del 26/02/2020) che l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, per effetto del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c., al successivo art. 161 c.p.c., comma 1, un’autonoma causa di nullità della decisione, che si converte in motivo di impugnazione. Ne consegue che ove l’impugnazione non sia stata tempestivamente proposta, la causa di nullità deve intendersi sanata.

Non si liquidano le spese di lite, non avendo il Ministero svolto difese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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