LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21021/2017 proposto da:
S.I.C.O.M. S.r.l. in Liquidazione, in persona dell’amministratore pro tempore, nonché F.C., M.G., e M.P., elettivamente domiciliati in Roma, Viale Parioli n. 63, presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Terrigno, rappresentati e difesi dall’avvocato Biagio Riccio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza S. Croce in Gerusalemme n. 4, presso lo studio dell’avvocato Marco Gherardi, rappresentati e difesi dall’avvocato Domenico Sinesio, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 719/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2/7/2021 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza riportata in epigrafe ha respinto il gravame proposto dagli attuali ricorrenti ed ha confermato la decisione di rigetto in primo grado dell’opposizione proposta dai medesimi avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da MPS Gestione Crediti Banca s.p.a. a fronte delle somme accreditate dalla banca a favore della S.I.C.O.M. s.r.l. in liquidazione in dipendenza di operazioni di sconto su fatture rimaste alla scadenza insolute, il cui saldo negativo, imputabile a tre diversi conti anticipi, era stato fatto confluire sul conto corrente in essere tra le parti.
Nel respingere il proposto atto di gravame, motivato sul presupposto che i saldi di conto corrente erano conseguenza dell’applicazione di interessi anatocistici già oggetto di contestazione in altro giudizio, sicché la pretesa oggetto di ingiunzione costituiva duplicazione di quella ostesa in altra sede, il giudice territoriale ha escluso la ricorrenza dell’eccepita duplicazione di pretese, facendo rilevare che “il credito azionato dalla banca rappresenta esclusivamente l’importo di quanto è stato effettivamente erogato alla SICOM s.r.l. a fronte delle aperture di credito concesse” e che, di conseguenza, “l’anatocismo non può influire sulla formazione del saldo debitore dei rapporti “anticipi””.
Per la cassazione della predetta sentenza i ricorrenti si valgono di un unico motivo di ricorso, al quale resiste con controricorso la banca.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. L’unico motivo che corrobora l’odierno ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 633 c.p.c. sulla considerazione che i saldi negativi registratisi sui conti anticipi costituiscono una mera evidenza contabile. di modo che, non godendo di alcuna autonomia giuridica rispetto al conto corrente, non possono costituire oggetto di una pretesa che si eserciti nelle forme del decreto ingiuntivo opposto, dal momento che le poste così annotate non possono costituire titolo, prova scritta per un decreto monitorio.
3. Il motivo non ha pregio.
In disparte, per vero, dall’infondatezza dell’assunto, dato che l’operazione di sconto non smarrisce la propria natura di operazione a credito, tale che se il credito portato in fattura resta insoluto ciò non pregiudica il diritto di credito di cui lo scontatario resta pur sempre titolare – assunto a cui non giova certo il richiamo ai precedenti di questa Corte in materia di revocatoria fallimentare delle rimesse effettuate in conto corrente, postulando essi, ben diversamente da quanto verificatosi nella specie, che l’operazione di sconto abbia avuto esito positivo e che la rimessa proveniente dal conto anticipi riduca lo scoperto del conto corrente – il motivo è affetto da un pregiudiziale vizio di inammissibilità evidenziando esso una questione nuova non oggetto di pregresso vaglio nelle precedenti fasi di merito, ove si ricorderà i ricorrenti si erano difesi eccependo la duplicazione della pretesa in monitorio rispetto alla pretesa oggetto di contestazione in altra sede.
E poiché com’e’ noto il giudizio di cassazione può avere ad oggetto solo le questioni già esaminate in sede di merito, l’odierna questione che viene sollevata per la prima volta dai ricorrenti in questa sede si sottrae al chiesto esame e si espone al pregiudiziale rilievo enunciato.
4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello riscosso per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 2 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021