LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 627/2015 proposto da:
GRUPPO COLBIZ S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Alberto Riva, Claudio D’Angelantonio e Rita Della Lena ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Roma, Via Dardanelli n. 46;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: *****), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2283/67/14 della Commissione tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, depositata il 5/5/2014;
lette le conclusioni scritte depositate dal Sostituto Procuratore Generale Alberto Celeste che ha concluso per l’accoglimento.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.
RITENUTO
Che:
1. Con avviso n. ***** l’Agenzia delle Entrate liquidava a carico della società ricorrente una maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale in riferimento all’atto di acquisto di partecipazioni sociali di nominali Euro 50.000,00 sottoscritto il 31.3.2009, perfezionato nei confronti della società Agricola Scarletto s.r.l. per un corrispettivo di Euro 804.622,31. L’avviso era conseguenza della riqualificazione operata dall’Ufficio, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 dell’atto sopra indicato quale cessione di azienda, ponendosi esso quale atto conclusivo di un insieme di atti aventi quale unica e comune causa quella di tale cessione, celata dalle parti con intento elusivo mediante, appunto, l’utilizzo del suindicato collegamento negoziale. In particolare, assumeva rilievo: la costituzione, con atto del 23.2.2009, della Società Agricola Scarletto di A.F. e C. snc con capitale sociale di Euro 50.000,00 e con la partecipazione di A.F. (capitale sottoscritto per Euro 49.500,00) nonché di F.G. (capitale sottoscritto di Euro 500,00); la trasformazione avvenuta il 10.3.2009 della indicata società in s.r.l.; l’alienazione, il 18.3.2009, del socio minoritario della propria quota a favore del socio maggioritario; la cessione da parte di quest’ultimo dalla società a favore della società ricorrente con l’atto oggetto dell’avviso di liquidazione.
2. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con sentenza n. 2283/67/14, depositata il 5/5/2014, confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, affermava la legittimità dell’avviso di liquidazione impugnato ravvisando nella ravvicinata sequenza degli atti sopra indicati, nella loro mancanza di autonome valide ragioni economiche, l’intento elusivo indicato dall’Ufficio.
3. La società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
4. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
5. In prossimità della camera di consiglio la contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20.
La ricorrente censura la sentenza della CTR nella parte in cui, nel fare applicazione dell’art. 20 cit., non ha tenuto che l’atto sottoposto a registrazione deve essere tassato in ragione della sua intrinseca natura, non essendo possibile una sua interpretazione, ai fini della suindicata tassazione, mediante il richiamo ad elementi esterni allo stesso, non rispondendo la norma in esame ad alcuna finalità antielusiva.
2. Con il secondo motivo la società contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 essendo la CTR giunta, sulla base di tale disposizione, a riqualificare in cessione di azienda una cessione di quote societarie, senza tener conto che questi atti non potevano essere tra loro sovrapponibili in quanto conducono a situazioni giuridiche non comparabili.
Rileva, ancora, la ricorrente che pur attribuendo all’art. 20 cit. una natura antielusiva, esso non può essere interpretato, come avvenuto nel caso di specie, fino a consentire all’Amministrazione finanziaria una interpretazione dell’assetto contrattuale voluto dalle parti che superi la loro volontà e, in tal modo, giunga a dare una autonoma e diversa qualificazione giuridica del negozio.
3. Con ordinanza del 15 dicembre del 2020 il Collegio – nel rilevare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 2020, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 cit., come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084 in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali – disponeva il rinvio a nuovo ruolo del giudizio in ragione del nuovo vaglio di costituzionalità a cui era stato sottoposto l’art. 20 cit., circa l’efficacia retroattiva delle modifiche sopra indicate.
3.1 La Corte Costituzionale, con sentenza n. 39 del 2021, ha in via preliminare osservato che la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nello stabilire che “la L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1”, non detta direttamente, come spesso avviene, un contenuto che viene definito dalla stessa quale interpretazione autentica di una precedente disciplina. Esso è invece rivolto a definire, esplicitandola con la forza della legge, la natura di un pregresso intervento legislativo, quello del 2017, che non si era auto-qualificato, affermandone il carattere di interpretazione autentica e di conseguenza determinandone l’efficacia retroattiva. Fatta tale premessa, la Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sopra indicata sul rilievo, in particolare, che la L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, lett. a), (norma a cui occorre fare riferimento per individuare la portata retroattiva dell’interpretazione sopra indicata dell’art. 20 cit.) “appare finalizzato a ricondurre il citato art. 20 all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum, rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico)”, concludendo che “proprio la clausola finale del censurato art. 20 “salvo quanto disposto dagli articoli successivi” concorre ad avvalorare la suddetta valenza sistematica dell’intervento legislativo del 2017 nell’assetto della disciplina del tributo”.
4. Da quanto sopra consegue che, i motivi di ricorso, da trattarsi in modo unitario stante la loro stretta connessione, sono fondati.
4.1 La sentenza della CTR si fonda su di una interpretazione dell’art. 20 cit. che risulta in contrasto con quella fornita dalla Consulta e che ha portato questa Corte ad affermare da ultimo il principio secondo cui “In tema di imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 – nella formulazione successiva alla L. n. 205 del 2017 che, secondo la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, ne ha fornito l’interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158 del 2020 e n. 39 del 2021 – è legittima l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intriseco”, cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall’atto” (Cass. n. 10688 del 22/04/2021 Rv. 661130 – 01). Ed invero, per effetto dell’art. 20 cit. resta ferma la legittimità dell’attività di riqualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata “ab intrinseco”, senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, essendo viceversa la finalità antielusiva profilo affatto estraneo alla disposizione in esame. Diversamente, a diversi limiti, soggiace la potestà dell’Amministrazione finanziaria quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10-bis trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell’atto da registrare. L’azione accertatrice, in tali casi, si deve attuare mediante apposito e motivato atto impositivo, preceduto – a pena di nullità – da una richiesta di chiarimenti, che il contribuente può fornire entro un certo termine, il tutto da svolgersi all’interno di uno specifico procedimento di garanzia; procedimento che non è stato seguito nella fattispecie in esame.
L’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle entrate nel caso di specie risulta in palese contrasto con tali principi, in quanto volto ad individuare la causa dell’atto oggetto di imposizione dando rilievo ad un collegamento con altri atti i quali, peraltro, sempre secondo l’assunto dell’Amministrazione, sarebbero prova di un intento elusivo posto in essere dalla contribuente; intento che, per come affermato dalle sentenze della Consulta sopra richiamate, è del tutto estraneo alla portata applicativa dell’art. 20 cit. e per il quale l’Ufficio deve attivare il procedimento di cui all’art. 10-bis cit..
4. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
5. Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in ragione dell’evoluzione normativa e dei recenti indicati arresti della giurisprudenza costituzionale e di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente;
Spese compensate.
Così deciso in Roma, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021