LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta Maria Consolata – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26334-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.C.A.O., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE GIUSEPPE MAZZINI, 142, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO ALBERTO PENNISI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO ANTONIO MARIA CACOPARDO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 321/2013 della COMM. TRIB. REG. SICILIA, SEZ. DIST. di CATANIA, depositata il 06/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/03/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la sentenza della CTR della Sicilia che ha respinto l’appello contro la sentenza della CTP di Catania che, accogliendo il ricorso del contribuente D.C.A.O., aveva annullato una cartella emessa nei confronti del medesimo.
L’ufficio aveva emesso la cartella il 20.8.2007 in relazione all’anno 2002, sul presupposto che il contribuente non avesse provveduto al regolare pagamento delle rate a seguito dell’agevolazione di cui poteva beneficiare per risiedere in uno dei comuni colpiti dagli eventi naturali del 2002 in Sicilia orientale, ed avesse esposto un credito d’imposta inesistente.
In particolare, l’ufficio affermava che il contribuente non aveva versato al 30.6.2007 il 50% delle imposte dovute per il 2002, come consentito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1011, da cui derivava la debenza anche delle sanzioni.
Secondo la CTR, l’emissione della cartella era illegittima perché avvenuta durante il periodo di sospensione delle attività accertative disposta per legge nel 2002 e prorogata dalla L. n. 296 del 2006.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’Agenzia sulla base di quattro motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo l’ufficio deduce nullità del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
La CTR non avrebbe tenuto conto del fatto che il contribuente non aveva effettuato regolarmente i versamenti.
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1011, del D.P.R. n. 60 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il contribuente non avrebbe effettuato regolarmente i versamenti entro il 30.6.2007 come richiesto dalla legge, per quanto la sospensione fosse cessata il 16.12.2005.
Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2,3,4,5 e 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il mancato versamento nei termini comportava anche la debenza della sanzione.
Con il quarto motivo deduce omessa ed insufficiente motivazione in relazione a punti decisivi della controversia e in particolare circa l’illegittimità dei rilievi fiscali ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La sentenza non ha considerato che il beneficio della L. n. 296 del 2006, decadeva in caso di mancato rispetto del piano di rateazione.
Il ricorso è fondato.
In particolare, la sentenza, nella sua estrema sinteticità, non si è pronunciata sul fatto che, pur intendendo la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1011, disciplinare le situazioni di omissione o ritardo nel pagamento dei tributi secondo il piano di rateizzazione previsto dal D.M. 17 maggio 2005, consentendo a coloro che non avevano versato le somme dovute alla scadenza delle singole rate di definire la propria posizione entro il 30.6.2007 con la corresponsione dell’ammontare dovuto per ciascun tributo diminuito del 50% (sez. V, n. 7583 del 2015; sez. V, n. 12481 del 2021), e pur essendo vero che il termine è stato prorogato – ma solo nel dicembre 2007 – al 30.6.2008, non ha affrontato il problema delle conseguenze del mancato versamento regolare delle rate.
La L. n. 296 del 2006, suddetto art. 1, comma 1011, afferma:
“Ai soggetti destinatari dell’O.P.C.M. 10 giugno 2005, n. 3442, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2005, interessati dalla proroga dello stato di emergenza nella provincia di Catania, stabilita per l’anno 2006 con D.P.C.M. 22 dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2005, è consentita la definizione della propria posizione entro il 30 giugno 2007, relativamente ad adempimenti e versamenti, corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 50 per cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione. Per il ritardato versamento dei tributi e contributi di cui al presente comma, si applica l’istituto del ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, e successive modificazioni, ancorché siano state notificate le cartelle esattoriali”.
Questa Corte (sez. V, n. 12481 del 2021, già sopra richiamata) ne ha già fornito un’interpretazione anche sistematica, ricordando che l’O.P.C.M. 10 giugno 2005, n. 3442, richiamato dal suddetto art. 1, comma 1011, richiama a sua volta il D.L. n. 245 del 2002, conv. in L. n. 286 del 2002, che, per coloro che abitavano nelle zone colpite dalla calamità naturale, ha disposto la sospensione, in origine fino al 31 marzo 2003, non solo dei termini di prescrizione, decadenza, sostanziali e processuali, ma anche dei termini per l’adempimento degli obblighi di natura tributaria.
Tuttavia, la giurisprudenza di questa Corte ha ugualmente affermato che, pur non prevedendo la norma in esame la decadenza dal beneficio in conseguenza di un versamento parziale o tardivo della prima o delle prime rate, tale conseguenza deve ritenersi discendere dai principi generali vigenti all’epoca dei fatti in materia di corretto adempimento degli oneri fiscali e di accesso alle normative di agevolazione (la medesima sez. V, n. 12481 del 2021, ma anche sez. V, n. 26309 del 2020).
La medesima giurisprudenza ha, poi, rilevato che la disciplina risultante dalle norme sopra indicate riguarda, appunto, la sospensione dei termini per i contribuenti, ma non l’attività di accertamento o riscossione dell’Amministrazione finanziaria.
Ora, l’ufficio ha dedotto specificamente l’omessa pronuncia da parte della sentenza impugnata sul non regolare versamento delle prime rate, che è questione di fatto da valutare in sede di merito e da cui è dipesa l’attività di riscossione posta in essere con l’emissione della cartella in questione, e la sentenza e’, in effetti, silente sul punto, risolvendo l’intera questione con l’affermazione che il termine per la definizione delle posizioni dei contribuenti era stato prorogato, senza peraltro neppure indicare fino a quale data e senza esaminare la regolarità dei pagamenti effettuati dal contribuente.
La verifica di tale elemento è certamente decisivo, alla luce dell’interpretazione fornita sopra, per cui la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio degli atti della CTR della Sicilia per nuovo esame di fatto, nonché per la decisione sulle spese.
In sede di rinvio, tra l’altro, la CTR dovrà tenere conto del fatto che la Commissione UE, con la sopravvenuta decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377 del 2017 e Cass. n. 29905 del 2017), ha stabilito che una serie di misure adottate con normativa nazionale, tra cui “quelle di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni, che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, art. 108, par. 3, sono incompatibili con il mercato interno”. (…) E’ fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal Reg. (CE) n. 1407 del 2013, o dal Reg. (CE) n. 717 del 2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (citato dec. art. 2), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione del Reg. (CE) n. 994 del 1998, art. 1” (sull’applicazione del Trattato, artt. 92 e 93 – ora artt. 87 e 88 – a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (citato dec., art. 3)”.
L’applicabilità di tale pronuncia al contribuente dipenderà, quindi, dall’esame della sua condizione di fatto, di soggetto esercente un’attività di impresa o meno e dalle altre condizioni di fatto sopra indicate che, anche in caso di ricorrenza del requisito dello svolgimento di attività di impresa, potrebbero rendere legittima la misura.
P.Q.M.
accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Sicilia anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021