LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente di sez. –
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di sez. –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20706-2019 proposto da:
GLOBAL STARNET LTD, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 88, presso lo studio dell’avvocato STEFANO VINTI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARMELO BARRECA, ed ANDREA SCUDERI;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
nonché contro HBG S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4/2019 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 09/01/2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/04/2021 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto Dott. LUIGI SALVATO, il quale chiede che la Corte dichiari il ricorso inammissibile.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Corte dei Conti (terza sezione giurisdizionale d’Appello), per quel che interessa, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione avverso la sentenza della medesima sezione n. 68 del 2015, proposto da s.r.l. Global Starnet.
2. Con la pronuncia revocanda la s.r.l. Global Starnet era stata condannata al pagamento di Euro 72.000.000 per il danno da disservizio procurato in qualità di concessionaria del “gioco lecito” nell’attività di gestione per il periodo *****. Il danno è stato conseguente alla ritardata attivazione e dall’omessa realizzazione del previsto collegamento in rete con la concedente (Azienda Autonoma Monopoli di Stato), nonché all’inefficace funzionamento del sistema di gestione e controllo del gioco in denaro. Con il controllo via rete l’Amministrazione si prefiggeva di raggiungere gli scopi del controllo del gioco lecito e della lotta al gioco illecito e alla ludopatia oltre che di far emergere l’evasione fiscale. Il ritardato o mancato raggiungimento di questo obiettivo ha costituito il presupposto del pregiudizio consistente nello sperpero delle molteplici risorse finanziarie inutilmente impiegate per tale finalità, nelle minori entrate riferibili sia alle riscossioni derivanti dal gioco sia dal minor gettito fiscale, nel mancato esercizio del controllo sul gioco lecito. La mancanza del collegamento telematico con gli apparecchi destinati al gioco ha impedito il monitoraggio in tempo reale del volume di gioco, delle vincite e dei tributi, oltre che del controllo pubblico di legalità, così da frustrare l’efficacia e l’efficienza dell’azione di prevenzione e contrasto all’uso illegale di apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento. La società concessionaria ha prodotto il danno accertato avendo colpevolmente omesso o ritardato di attivare le procedure d’installazione e collegamento degli apparecchi richiedendo, peraltro, molti più Nulla Osta All’esercizio (d’ora in avanti N.O.A.) di quelli indicati inizialmente. Ciò ha prodotto un appesantimento delle procedure per l’installazione del programma e per il collegamento, senza contare le difficoltà per l’approvvigionamento di decine di migliaia di programmi e per l’individuazione degli esercizi. Il risultato è stato di non avere apparecchi collegati dal *****.
3. Avverso questa pronuncia è stato proposto ricorso per revocazione dichiarato inammissibile con la sentenza impugnata ex art. 362 c.p.c.
4. Le ragioni esposte nella sentenza della Corte dei Conti oggetto del presente ricorso a sostegno della dichiarazione d’inammissibilità, per quanto ancora interessa sono le seguenti: il quadro normativo applicabile è desumibile dal R.D. n. 1214 del 1934, art. 68 e dall’art. 395 c.p.c., n. 4, norma applicabile anche ai giudizi davanti al giudice contabile per effetto del richiamo dinamico contenuto nel R.D. n. 1038 del 1933, art. 26. Pertanto, le decisioni della Corte dei Conti sono revocabili se si ravvisa un errore di fatto che sia percettivamente desumibile dagli atti o documenti di causa o perché la verità accertata di un fatto sia incontestatamente da escludere o, al contrario, perché l’inesistenza di esso risulti positivamente, ove, però, il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata. Nella sentenza impugnata gli errori denunciati dalla parte ricorrente sono stati ritenuti esclusivamente di natura valutativa. Le mancate risposte alle interrogazioni del gateway; i problemi tecnici del p.d.a., le statuizioni sul calcolo per il danno da disservizio e il mancato rilievo della compensatio lucri cum damno non sono errori percettivi ma attengono alla valutazione dei fatti acquisiti al processo o, ancor peggio, alla loro qualificazione giuridica. Inoltre si tratta di questioni ampiamente dibattute in primo ed in secondo grado. Le ulteriori questioni trattate dalla pronuncia impugnata ed, in particolare, la violazione del divieto di bis in idem e la riconducibilità a vizio revocatorio della violazione dei principi CEDU o la necessità del rinvio pregiudiziale in materia non coperta dal diritto unionale, non sono oggetto del presente giudizio in quanto non riprodotte nei motivi di ricorso, e per quelle rilevabili d’ufficio, l’inammissibilità della revocazione ne giustifica l’assorbimento.
5. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Global Starnet affidandosi a due motivi. Ha depositato controricorso la Procura Generale presso la Corte dei Conti. Il procuratore generale ha concluso con requisitoria scritta per l’inammissibilità del ricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.
6. Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 362 c.p.c. e l’eccesso di potere giurisdizionale per avere il giudice contabile utilizzato come paradigma normativo, mediante il generale richiamo contenuto nel R.D. n. 1214 del 1934, art. 26 l’art. 395 c.p.c., n. 4 ed in particolare la norma relativa alla esclusione dai vizi revocatori quelli attinenti a fatti controversi e dibattuti sui quali la pronuncia revocanda si è pronunciata. Si configurerebbe una decisione abnorme oltra la potestas iudicandi della Corte dei Conti.
Nel secondo motivo viene dedotto che nella specie l’eccesso di giurisdizione del giudice contabile è consistito nella creazione di una norma non esistente, mediante l’esercizio di attribuzioni destinate esclusivamente al legislatore.
6.1 La censure, da trattare insieme, perché la seconda è una puntualizzazione della prima, sono inammissibili sotto diversi profili. In primo luogo quella denunciata non è l’unica ratio decidendi posta a sostegno della decisione, non risultando attaccata quella relativa alla qualificazione del vizio denunciato come valutativo-interpretativo e non percettivo.
6.1 Consegue da tale corretta qualificazione l’evidente natura interpretativa e del tutto interna all’esercizio del potere giurisdizionale esercitato, della definizione del perimetro normativo applicabile. Infine deve sottolinearsi il netto contrasto con i principi granitici elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte in relazione ai limiti di censurabilità ex art. 362 c.p.c. di una pronuncia di revocazione del giudice amministrativo o contabile. Ha affermato costantemente la giurisprudenza di legittimità che “nel ricorso per cassazione avverso una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata su impugnazione per revocazione può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, in quanto ogni diversa censura sulla decisione di merito non avrebbe ad oggetto una violazione dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice amministrativo, rispetto alla quale soltanto è consentito ricorrere in sede di legittimità”. (Cass. S.U. 1520 del 2016 cui sono seguite in termini, Cass., S.U. 4879 del 2017; 28214 del 2019) La memoria non fornisce ulteriori profili di esame tenuto conto che il principale motivo di inammissibilità dipende dalla mancata censura di tutte le rationes decidendi su cui si sostiene la pronuncia impugnata.
Tale profilo d’inammissibilità assorbe l’esame sull’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Non vi è statuizione sulle spese processuale per la peculiare qualificazione della parte resistente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021