Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20724 del 20/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25620-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NEMORENSE 18, presso lo studio dell’avvocato MARIA PAOLA GENTILI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2781/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/04/2015 R.G.N. 3395/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento dell’opposizione proposta da S.S., ingegnere e dipendente del Comune di Roma, all’avviso bonario con cui l’Inps aveva chiesto il pagamento di Euro 8.010,95 per contributi a percentuale dovuti alla gestione autonoma in relazione all’attività libero professionale svolta dal professionista. La Corte, rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello rilevando che non si trattava di avviso di addebito ma solo di un avviso bonario non soggetto a termini di decadenza, ha accolto l’eccezione di prescrizione in quanto trattandosi di contributi relativi al 2005 l’avviso bonario era pervenuto solo il 20/6/2011, oltre il termine di prescrizione quinquennale.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con due motivi, Resiste lo S. che deposita controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo l’Istituto denuncia violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. in L. n. 111 del 2011; del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2; censura l’affermato verificarsi della prescrizione quinquennale rilevando che la prescrizione poteva decorrere solo dopo che il dichiarante avesse presentato la dichiarazione dei redditi nel termine del 31/10/2006 ed il pagamento entro il 30/11/2006 con la conseguenza che non si era formata alcuna prescrizione al momento della notifica dell’avviso di addebito del 20/6/2011.

Il motivo è fondato. Il termine per il pagamento dei contributi a percentuale scade nel termine per il pagamento dell’Irpef e dunque da tale momento decorre la prescrizione (cfr Cass. n 13463/2017, n. 13049/2020). Nella specie trattandosi di contributi relativi al reddito del 2005 avrebbero dovuto essere corrisposti entro il 20/6/2006, con la conseguenza che la notifica dell’avviso di pagamento del 20 giugno 2011 ha efficacemente interrotto il termine prescrizionale.

Questa Corte ha affermato, infatti, che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è rappresentato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito (Cass. 29 maggio 2017, n. 13463) e che, pur sorgendo il credito sulla base della produzione del reddito, la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie, secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui “in cui i singoli contributi dovevano essere versati” valendo la regola, fissata dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 18, comma 4, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.

4. Con il secondo motivo l’Istituto denuncia violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e ss., del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv in L. n. 111 del 2011, rilevando che, superata la questione della prescrizione, si poneva il problema della sussistenza o meno dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso I’INPS degli ingegneri e degli architetti, iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che svolgono anche attività libero professionale, con conseguente accertamento della fondatezza della richiesta di pagamento formulata dall’Istituto, oggetto di opposizione da parte dello S..

La richiesta dell’Istituto è fondata.

E’ noto che gli ingegneri ed architetti, già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, non possono iscriversi ad INARCASSA (L. n. 1046 del 1971, ex art. 2, la cui disposizione è stata reiterata dalla L. n. 6 del 1981, art. 21, comma 5, e, da ultimo, dall’art. 7, comma 5, dello Statuto INARCASSA, approvato giusta le disposizioni del D.Lgs. n. 509 del 1994), alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio.

La questione, oggetto del motivo, è già stata decisa da questa Corte di cassazione con le sentenze. nn. 30344 del 2017, n. 30345 del 2017, n. 1172 del 2018, n. 2282 del 2018, n. 1643 del 2018, ed altre ancora, e si è ormai consolidato il principio di diritto secondo cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie e che non possano conseguentemente iscriversi all’INARCASSA, rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali, cui è ispirato la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. n. 30344 del 2017, Cass. n. 32166 del 2018).

5. Per le considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Roma che si atterrà ai principi di cui sopra e provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

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